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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 28 ottobre 2016

Può un ricco diventare testimone del Regno di Dio?

Non è la conversione che determina la simpatià di Gesù ma è l'amore di Gesù verso i peccatori che suscita la conversione

Domenica 31ma del Tempo Ordinario – Anno C


Dal vangelo secondo Lc 19,1-10


Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore !

Enzo: Molto semplice questo brano a prima lettura: un pubblicano, il capo dei pubblicani, è impaziente di vedere, incontrare Gesù di cui aveva tanto sentire parlare. Semplice curiosità? C 'è qualcosa di più. Zaccheo “capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura!”

Luca ritorna su un argomento che gli sta particolarmente a cuore: Gesù è venuto per cercare e salvare i peccatori. Luca tiene anche conto della situazione della Chiesa del suo tempo: la maggioranza dei giudei persisteva nel rifiuto ostinato del messianismo attuato da Gesù in favore dei poveri e degli emarginati. E questo è il messaggio del brano di Vangelo di domenica prossima, valido anche per noi.
Oggi,  molti si allontanano dalla pratica religiosa, dall’osservanza della Parola, diventano peggiori degli stessi giudei del tempo di Luca, almeno loro le leggi le rispettavano: oggi con le parole accettiamo la Parola ma con i fatti la rinneghiamo, forse dando preferenza ad un messia del benessere a tutti i costi, all’edonismo, al tutto facile, al tutto possibile.

Zaccheo, superando l’ostacolo della sua statura, sale su una pianta per vedere, conoscere quel Gesù di cui tutti parlavano, supera la folla correndo per non perdere, forse ancora una volta, Gesù. Vedere Gesù, ma è Gesù a vedere lui, a parlare per primo: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Stupore, meraviglia, gioia inattesi: Zaccheo scende in fretta e accoglie Gesù che vuole essere suo ospite. Gesù si fa bisognoso per avere la possibilità di perdonare, Lui che conosce il cuore e la mente di Zaccheo, veramente anche il nostro cuore e la nostra mente se corriamo verso di Lui. Gesù sa accogliere tutti con bontà e delicatezza.

Zaccheo è la figura del peccatore convertito, attratto soltanto dallo sguardo e dalle poche parole di Gesù, peccatore pentito che subito capisce il suo peccatoe vuole correre ai ripari generosamente.
Zaccheo è anche la figura della potenza di Dio che sa trasformare un uomo facendogli cambiare vita.

Gesù accoglie Zaccheo prima della conversione.Non è la conversione che determina la simpatià di Gesù ma è l'amore di Gesù verso i peccatori che suscita la conversione. Zaccheo ha incontato, intravisto questo amore. Un esempio per chi ha cura delle anime: andare per le strade, suscitare incontri, annunciare, testimoniare l'Amore, non aspettare nel confessionale.
L’incontro con Dio è sempre, e allo stesso tempo, un dono e il compimento di una ricerca. L’incontro con Gesù cambia la vita.
Gesù premia la curiosità di Zaccheo, quella curiosità porta la salvezza: Oggi per questa casa è venuta la salvezza…

Il pubblicano Zaccheo è la figura del discepolo cristiano che non lascia tutto, come altri, ma rimane nella propria casa, continuando il proprio lavoro, testimone però di un nuovo modo di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia (“restituisco quattro volte tanto”) e la condivisione (“dò la metà dei miei beni ai poveri”). C’è il discepolo che lascia tutto per farsi annunciatore itinerante del Regno e c’è il discepolo che vive la medesima radicalità restando nel mondo a cui appartiene.
Infine Luca non si dimentica di ricordarci che anche questo gesto di misericordia ha suscitato scandalo: “Tutti mormoravano”. Come se il Regno fosse solo per i giusti! E invece è il contrario
L’incontro con Dio è sempre un dono e il compimento di una ricerca. L’incontro con Gesù cambia la vita.


Le parole rivolte a Zaccheo da Gesù sono rivolte anche ai presenti…. Sono rivolte a noi che ascoltiamo oggi la sua voce: Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”

Gesù entra in casa nostra, si autoinvita e siede a tavola con noi, fa comunione: il suo ingresso porta gioia, trasforma i cuori… rivoluziona la vita di chi l’accoglie… dà il potere di annunciarlo agli altri, a coloro che si contrappongono e giudicano la Parola.

Ha scritto don Primo Mazzolari commentando questo brano di vangelo:
«Io posso anche non vedere il Signore: lui mi vede sempre, non può non vedermi. Io posso scantonare, lui no. L'amore si ferma sempre e viene inchiodato dalla pietà. Io guardo e mi scandalizzo, guardo e giudico, guardo e condanno, guardo e tiro diritto: lui mi guarda, si ferma e si muove a pietà».

Mariella: Zaccheo questo piccolo grande uomo ha un obiettivo: vuole vedere Gesù, quasi non spera di potergli parlare, ma vorrebbe vederlo anche se la folla gli impedisce lo sguardo a causa della sua statura bassa, per questo sale sull'albero, non ha paura della sua piccolezza, semplicemente supera se stesso, non fa calcoli per capire se può farcela, trova una soluzione perchè vuole, farcela! 
 
Vuole vedere Gesù, ma in verità si accorge di essere cercato da Gesù. A Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca la pecora smarrita e la cerca ostinatamente, così come cerca ogni figlio che allontana il suo sguardo dal suo. Dio infatti non vuole condannare il peccatore, vuole salvarlo e lo cerca fino a trovarlo, non lo cndanna lo chiama per nome.

Gesù dunque entra nella vita di Zaccheo e lì vuole restare, lo invita a scendere dall'albero, ad abbandonare il potere e l'agiatezza che fino a quel momento lo hanno reso ricco ma non felice: solo scendendo dalla sua posizione di prestigio potrà accogliere Gesù che gli rivela il senso della sua vita e ritrovare la sua dignità perduta.  Zaccheo scende perché scopre di essere amato senza limiti o condizioni. La sua conversione è immediata, devastante, cambia vita sul momento.

L'incontro con Gesù libera quell'uomo dalle sue colpe e lo riempie di pace e di gioia, la sua conversione è immediata, comprende che i beni posseduti non lo hanno appagato. A lui manca qualcosa, manca la salvezza che solo la fede può dare.


Zaccheo è diventato un uomo nuovo, un discepolo capace di aprirsi alla condivisione ed al dono di sé: "Ecco Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto"
"... Quattro volte tanto..." egli abbonda, va al di là di quanto prescrive la Legge, la generosità va ben oltre la giustizia. Ecco il discepolo finalmente cristiano.

Impariamo anche noi a metterci in movimento verso Gesù, guidati dal vivo desiderio di essere "oggi" salvati.





Vi invito a leggere anche il commento di Padre Augusto Drago che troverete nella pagina a Lui dedicata e che ci aiuterà a comprendere ed approfondire ancor meglio questa pagina evangelica.

domenica 23 ottobre 2016

Il ringraziamento del Fariseo a Dio è una lode a se stesso.


«O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri”


Domenica 30ma del Tempo Ordinario – Anno C



Dal vangelo secondo Lc 18,9-14

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore!

Enzo: Se la riflessione sulla preghiera di domenica scorsa non ha convinto del tutto alcuni della folla, ecco che Gesù dalla teoria passa alla pratica: grande educatore è Gesù! “Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”.
Sicuramente Gesù aveva notato qualche commento, qualche gesto, molto ma molto personale, su quanto aveva detto sulla preghiera, da personaggi che si vantavano della propria osservanza scrupolosa della legge senza sapere, pensare che la carità supera ogni legge: gente scrupolosa ma ipocrita, pronta a parlare male degli altri e lodare se stessi. Gesù parla di un fariseo presuntuoso e un pubblicano.
Spesso, in modo errato, si attribuisce al termine «fariseo» un’accezione negativa, dispregiativa. I farisei invece appartenevano ad una classe positiva, che si dedicava soprattutto allo studio e all’amore per la Parola del Signore. Paolo stesso, parlando della propria educazione, vanterà l’origine farisaica: «...Fariseo quanto alla Legge... irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge» (Fil 3,5-6).

Il fariseo della parabola è un osservante scrupoloso della legge che si erge al di sopra di tutti gli altri uomini, lui il giusto, gli altri peccatori, non si accorge di essere un ipocrita. Il suo comportamento e il suo modo di fare danno a vedere che Dio gli debba qualcosa: “«O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri”.Quest'uomo di legge concentra la sua preghiera su di sé, si confronta con gli altri e li giudica, non chiede nulla a Dio e non gli dà nulla. Il suo ringraziamento a Dio è una lode a se stesso.

L'atteggiamento del pubblicano, esattore delle tasse, è esattamente l'opposto di quello del fariseo. Dice la verità dichiarandosi peccatore: battendosi il petto, esprime pentimento per essere stato esoso nell'esigere i tributi che raccolglieva per i romani facendo i loro interessi e i suoi. Era come tutti i suoi colleghi oggetto dell’antipatia, e del pubblico disprezzo, ben meritato del resto perché essendo anche lui un ebreo aveva accettato di collaborare con l'invasore romano. I pubblicani, come sapiamo, erano gli appaltatatori che per lucro si incaricavano di taglieggiare il popolo riscuotendo per i romani gravosi tributi, così odiati dagli ebrei, anche perché segno di schiavitù per i pagani.

Questo pubblicano riconosce il suo peccato, chiede a Dio pietà e misericordia, conta su Dio non su se stesso, la sua umiltà è lodata da Gesù.”Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.


Una breve riflessione sul tipo di preghiera dei due protagonisti:
La preghiera del fariseo trova il suo fondamento nella giustizia dell'uomo osservante della legge: questo non è il Vangelo di Gesù. Il fariseo vanitoso nella sua preghiera pretende da Dio l'approvazione del suo comportamento perché non è come gli altri uomini: il suo ringraziamento a Dio ha il compito di mostrare a sua correttezza legale e la sua superiorità, si autogiustifica. Ma chiunque si esalta sarà umiliato.
Il fondamento della preghiera del pubblicano non si basa sulla giustiza dell'uomo, riconosce la sua povertà di uomo debole e il suo peccato credendo nella giustizia salvifica di Dio.
La conclusione è chiara e semplice: l’unico modo corretto di mettersi di fronte a Dio, nella preghiera e nella vita, è quello di sentirsi costantemente bisognosi del suo perdono e del suo amore. Le opere buone le dobbiamo fare, ma non è il caso di vantarle. Come pure non è il caso di fare confronti con gli altri. Il confronto con i peccati degli altri, per quanto veri essi siano, non ci avvicina a Dio, non ci rende misiericordiosi, anzi ci allontana da Lui.
Ascoltiamo queste altre parole di Gesù:
 Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.” (Lc 5,32)
 Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini e cosa detestabile davanti a Dio.” (Lc 16,15)
Voi allora vi metterete a dire: abbiamo mangiato e bevuto con te, tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli ridirà: io non so donde voi siate. Allontanatevi da me, operatori di iniquità.” Lc 13,26)

Mariella: Il testo evangelico di oggi completa l'insegnamento sulla preghiera di domenica scorsa, il Signore infatti vuole farci riflettere sulla necessità di pregare non solo incessantemente, ma soprattutto con umiltà. Dio infatti ascolta la preghiera dell'oppresso, del bisognoso, del povero, non quella del presuntuoso, a Lui non interessa la nostra santità, o i nostri meriti, al Signore interessa la nostra piccolezza, l'umiltà con cui ci mettiamo di fronte a Lui e ci lasciamo salvare. Ricordiamoci dunque che non ci salviamo per i nostri meriti, ma per la sua Misericordia.

Dio ama chiunque, buoni e cattivi, senza limiti e senza confini, non fa preferenze di persona, anche la preghiera del peccatore verrà ascoltata se quest'ultimo si pone con pentimento ed umiltà di fronte al Signore. Ciò che a noi deve interessare è prender coscienza che abbiamo bisogno di conversione e di perdono, abbiamo bisogno del suo dolce volto di Padre. C'è vera preghiera solo quando ci sentiamo bisognosi di tutto, quando riconosciamo che tutto è grazia.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato!

Mentre il fariseo si auto assolve e quindi si auto esclude dall'amore di un Padre che attende a braccia aperte i suoi figli, il pubblicano questo amore lo cerca, lo chiama, lo desidera e lo ottiene.
Nessuno mai può pretendere che la sua preghiera sia ascoltata da Dio quando questa è intrisa di superbia, presunzione e prevaricazione sugli altri.

Chi pensa di esser perfetto, chi disprezza gli altri, li giudica, li condanna, li allontana non potrà mai essere giusto. Lasciamoci dunque toccare il cuore da questa pagina evangelica, permettendo a Dio di correggere ogni nostro atteggiamento sbagliato!

Vi invito a leggere anche il commento di Padre Augusto Drago che troverete nella pagina a Lui dedicata e che ci aiuterà a comprendere ed approfondire ancor meglio questa pagina evangelica.





venerdì 14 ottobre 2016

Pregare oggi: quanto e come preghiamo, se crediamo nella preghiera...


La vera preghiera

(Soren Kierkegaard)
La vera preghiera non è quando Dio sta ad ascoltare ciò che noi gli domandiamo; ma quando l'orante continua a pregare fino a che sia egli colui che ascolta: che ascolta ciò che Dio vuole”.

Domenica 29ma del Tempo Ordinario – Anno C



Dal vangelo secondo Mt 18,1-8

Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».


PAROLA DEL SIGNORE!

Enzo: L'evangelista Luca ha già parlato ampiamente della preghiera al capitolo 11, insegnando soprattutto che cosa chiedere (il Padre nostro) e come chiedere (la parabola dell’amico importuno).Ora conclude il discorso con la parabola del giudice e della vedova. Fin dall'inizio del brano appare chiaro che l'evangelista utilizza questa parabola per educare il discepolo a una preghiera perseverante,che non consiste nel moltiplcare le parole, né con la ripetizione meccanica, ma pensando che Dio ascolta sempre, ma ascolta a modo suo. Non sempre dà quello che chiediamo, ma ascolta e provvede a noi per il nostro bene secondo le nostre vere necessità.
Sta a noi perseverare nella preghiera fidandoci sempre di Dio sia quando ci ascolta, sia quando sembra ignorarci. Pregare sempre “senza stancarsi”, cioè senza delusione e con molta speranza. La nostra fede è basata sull'amore di Dio per noi. Dio non delude mai!

Personaggi sono una vedova e un giudice. La figura principale non è la vedova che con la sua preghiera ostinata induce il giudice a farle giustizia, ma il giudice. Questi viene paragonato a Dio che riceve le nostre richieste.

Il punto culminante della parabola non sta nell'ostinazione della preghiera, ma nella certezza dell'esaudimento. Non viene detto come dobbiamo comportarci nella preghiera di petizione nei confronti di Dio, ma come Dio si comporta di fronte alle nostre preghiere. Abbiamo mai pensato a questo?

L’insegnamento della parabola non va cercato nell’insistenza dell’uomo, ma nella prontezza di Dio nel fare giustizia ai suoi eletti, nel donare quello che essi chiedono. Domandiamoci per quache attimo cosa chiedo io a Dio nella mia preghiera? Giustizia?...o cosa?

In questo brano quattro volte ricorre la frase “fare giustizia”, fare giustizia a chi ha sete di giustizia! La vedova è il simbolo della persona debole, indifesa, povera e maltrattata.
Se già un uomo cattivo come il giudice, per semplice egoismo, si lascia indurre dalla domanda di una povera donna indifesa ad aiutarla, quanto più Dio esaudirà le grida di implorazione dei suoi eletti? L'esitazione di Dio è apparente; egli non lascerà mancare il suo aiuto; egli farà giustizia nel senso che ascolterà le preghiere dei suoi. Dio non può restare sordo di fronte alla domanda insistente dei suoi figli e può dare solo cose buone, me dà a modo suo di Padre amorevole.

Qui entriamo in merito della preghiera e della sua efficacia: la vedova insistente ottiene giustizia da un giudice disonesto per togliersela dai piedi. Quando noi preghiamo “senza stancarci” potremmo mettere in discussione la giustizia di Dio, persino il suo amore. Dio non delude mai, siamo chiamati ad esercitare la nostra mente e il nostro cuore e attendere la sua volontà.

Ma , il vero problema non è l'intervento di Dio, ma la nostra fede che Dio vede venire meno: fede, fiducia e ringraziamento devono viaggiare insieme: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo?”.Quante volte abbiamo letto nei vangeli la frase di Gesù “la tua fede ti ha salvato”? Ne abbiamo fatto buon uso?

Le ultime parole del brano, “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» vi confesso, hanno sempre destato in me preoccupazione, scoraggiamento, delusione pensando al male che sempre aumenta nel mondo e alla scristianizzazione esistente. Ma penso al significato di quelle parole: Gesù vuole dirci di non essere inquieti né scoraggiati perché Dio sembra tardare a fare giustizia, a dare quello che chiediamo, ci consiglia di preoccuparci per la nostra fede.

Quelle parole sono una affermazione a se stante, non collegata con il racconto della parabola: esso presenta l'apostasia che deve verificarsi negli ultimi tempi.

Il Signore ci farà giustizia nel senso che ci renderà giusti, ci renderà capaci di lasciarci amare, ci renderà capaci di pregare, ci renderà capaci di ascoltare la sua Parola: preghiamo sempre con insistenza, con fede e fiducia: Dio è la nostra speranza che non verrà delusa.




Mariella: Dopo il commento di Enzo sul brano evangelico di Luca, vorrei per una volta restare in silenzio e dare voce a Padre Augusto, che con estrema chiarezza e sensibilità, ci aiuta ad approfondire meglio il significato della preghiera. Sono certa che le sue parole serviranno a molti per comprendere meglio cosa significa pregare. Lasciamoci dunque toccare il cuore da queste riflessioni estremamente preziose per noi.

Enzo: Come avete notato da tempo i commenti di Mariella sono sempre avviati verso l'esercizio pratico della vita cristiana. E' sempre Mariella che va alla ricerca dei commenti di Padre Augusto e li propone quasi sempre nella pagina del padre, molto profondo e mistico. Mentre i miei commenti vanno nella direzione di entrare dentro il vangelo a cercare il significato delle parole e le intenzioni e le azioni di Gesù per la nostra salvezza. Scusateci questa volta per la lunghezza delle riflessioni ma siamo sicuri che le apprezzerete. Buona lettura!

Padre Augusto: Per mostrarci che bisogna pregare sempre senza stancarsi Gesù ci invita a scuola di preghiera da una povera vedova Le vedove in Israele erano una categoria per eccellenza da tutelare. Non è quello che fà il giudice, che sembra assolutamente insensibile, che non temeva Dio, né aveva riguardo per alcuno, dice il brano evangelico; alla fine la ascolterà solo per togliersela di torno

Ma lei non si lascia umiliare, insiste, chiede giustizia, non si scoraggia, nè si piega lei, piccola di fronte a lui potente, insiste, sa di essere dalla parte del giusto. E ottiene finalmente giustizia. Forse questa vedova ha qualcosa da dire a noi, che spesso ci sentiamo deboli ed incapaci al punto da essere perfino tentati di pensare, che mai otterremo ascolto ed aiuto nella preghiera.

Infatti la breve parabola odierna, verte sulla necessità di una preghiera incessante, "pregare sempre, senza stancarsi mai", mettendoci perfino un pò in crisi di fronte alla nostra incostanza nella preghiera. Par di sentire in proposito l'obiezione di molti: “A che serve? Tante volte ho pregato e
ripregato, ma non ho ottenuto quanto chiedevo...” obbiezione accampata per giustificare il
loro non pregare più e poter gettare la colpa su Dio, anzichè farsi l'esame di coscienza.

Ma a chi lamenta di non essere stato esaudito, danno risposta altre indicazioni preziose (per chi vuole ascoltarle) in questo stesso brano evangelico.
Primo, occorre pregare con fede autentica, e non è detto che la nostra sempre lo sia!
Alcune volte somiglia a quella che canta Ornella Vanoni: "proviamo anche con Dio, non si sa mai".
Questa non è fede, ma superstizione.

Perché altra è la fede, che quando esiste veramente, ci fa accogliere con amore e con gioia la volontà di Dio, mettendo da parte il nostro volere. Diversa cosa invece è la rassegnazione, che ci chiude il cuore e lo svuota di luce.

Dio non è un'opzione tra le altre, non è il tappabuchi che può risolvere quanto non si è riusciti a ottenere in altro modo, a Lui ci si rivolge con la piena incondizionata fiducia che egli è PADRE premuroso ma anche sapiente; Lui sa che cosa va bene per noi e non sarebbe un buon padre se ci desse quello che, nell'immediato o in futuro, ci sarebbe non di vantaggio ma di danno.
Possiamo chiedergli quello che pare giusto a noi, ma con la fede di chi si rimette al suo giudizio.
 
Non si prega per ricevere ma per essere trasformati. 

Non si prega per ottenere dei doni, ma per accogliere il Donatore stesso; 
per ricevere in dono il suo sguardo,
 si prega per poter amare con il suo cuore. 
 Sappiamo tutti che la preghiera è il modo di dialogare con Dio.



Incredibile solo a pensarci, che Dio sia disponibile sempre ad ascoltarci! ...noi che conosciamo per esperienza quanto sia difficile trovare 'un potente' che ci dedichi tempo ed attenzioni…

La preghiera è contemplare e ascoltare Dio, aprire il nostro cuore a Lui, depositare nel suo Cuore ciò che ci sta davvero a cuore..le nostre ansie, le delusioni, le preoccupazioni, è, insomma, un 'vivere insieme' la nostra esperienza di vita.
La preghiera è vivere alla presenza del Signore ogni attimo della giornata, sempre!
Così che anche il lavoro diventa occasione di preghiera.

Pregare non significa recitare solo e sempre preghiere, quanto piuttosto sentire che la nostra vita è immersa in Dio, che siamo circondati da un mare d'amore e neppure ce ne rendiamo conto. Pregare è come voler bene. Se ami qualcuno, lo ami sempre!
Tutto questo ed altro ancora è racchiuso in una sola frase pronunciata da Gesù: "Pregate sempre, senza stancarvi!"

Il Vangelo poi termina con un richiamo che ci fà meditare come oggi si vive la fede, o per
meglio dire, come oggi la si ignora "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede
sulla terra?"
Se guardiamo all'ondata di materialismo oggi trionfante, ci viene da pensare che forse ne
troverebbe ben poca, di fede.
Infatti quando tutta la nostra 'fede' è riposta nelle cose di questo mondo, è molto difficile
lasciare 'spazio' a Dio.

Per questo dobbiamo interrogarci: Preghiamo? Quanto preghiamo? Quale contenuto ha la
nostra preghiera? Quale potrebbe essere il senso di una vita senza preghiera, senza la Presenza del Padre?

Aggiungo la mia risposta: penso sia l'infelicità o l'amarezza che oggi troppi manifestano anche solo dallo sguardo................e voi che cosa ne pensate?..............................per concludere dirò un'ultima cosa che secondo me potrà aiutarci tanto nel nostro cammino:

la preghiera fiduciosa e continua, non si preoccupa tanto dei risultati, cioè di ciò che sono i

frutti della preghiera, quanto piuttosto di godere della comunione che si crea tra chi prega e Dio, cioè il fondersi in Dio, questo è il vero frutto della preghiera, al di là dei risultati ottenuti!



venerdì 7 ottobre 2016

Per seguire Gesù non basta la fede, non è sufficiente la fiducia in Lui...



Domenica 28ma del tempo ordinario – Anno C


Dal vangelo secondo Lc 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanzae dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».


Parola del Signore !

Enzo: Abbiamo mai pensato alla differenza tra fede e fiducia, tra obbedienza e riconoscenza? Possiamo aver fiducia e non la fede? Fede e fiducia hanno la stessa forza nel nostro operare umano e cristiano? Obbedienza ad un comando che ci fa star bene esige riconoscenza? In questo brano cercheremo di scoprire le risposte a queste domande.

L'evangelista continua a ricordarci che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme quasi preoccupandosi che potremmo dimenticare, riflettendo sugli altri brani che la liturgia ci propone ogni domenica, cosa lo attende a Gerusalemme: il trionfo o la sua fine terrena? Ogni opera di Gesù, ogni sua parola sono rivolte alla nostra salvezza che arriva dalla croce sul calvario e dalla sua risurrezione.

Questo brano inserito subito dopo la parabola relativa all'umiltà del servizio, del sentirsi servi inutili di domenica scorsa, con l'episodio della guarigione dei lebbrosi ne prolunga l'insegnamento invitandoci a riconoscere con stupore i doni gratuiti di Dio.

Durante il viaggio dieci lebbrosi vengono incontro a Gesù tendendosi a distanza: a distanza perchè era vietato loro, per legge, ogni rapporto con altre persone perché “impuri”, maledetti. A voce alta si fanno sentire da Gesù: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» Come i dieci lebbrosi vediamo che anche Gesù è rispettoso della legge e li invia dai sacerdoti per farsi rilasciare il certificato della guarigione.

Contrariamente alla mentalità diffusa del suo tempo, Gesù non considera i lebbrosi come dei maledetti, degli impuri da evitare o come dei peccatori castigati, ma li accoglie, li guarisce, per lui non ci sono persone da escludere, persone che debbono fermarsi a distanza.

Notiamo che i lebbrosi sono inviati dai sacerdoti prima ancora di essere guariti, obbediscono e mentre essi andavano furono guariti.
Cosa hanno sentito i dieci lebbrosi in quel momento è facilmente intuibile: gioia,meraviglia, ma hanno creduto in Gesù, alla sua parola di salvezza?
La guarigione è avvenuta perché hanno avuto fiducia e fede in Gesù?

Luca commenta che dei dieci lebbrosi solo uno di loro ritorna da Gesù per ringraziarlo. Gli altri nove al colmo della gioia, ma dimentichi del donatore, si disperdono scomparendo ciascuno nel suo vortice di felicità

Quell'uno è un samaritano, avrà capito qualcosa del mistero di Gesù; è chiamato “straniero” da Gesù, di altra razza e religione, e proprio lui si ricorda di “dar lode a Dio”:
«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?»

Gesù rivolgendosi al samaritano in ginocchio lo grazia: “Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!”
Il samaritano guarito aveva avuto fiducia e creduto al mistero di Gesù, ha intuito che il dono è giunto attraverso il suo incontro. Anche gli altri nove hanno avuto fiducia, ma non hanno mostrato vera fede, anche gli altri nove sono stati guariti, ma solo il samaritano è dichiarato “salvato”. Un conto è la guarigione e un conto è la salvezza. La salvezza evangelica avviene solo quando il cuore si apre alla conoscenza di Cristo, una conoscenza che rinnova e pone in cammino: “Alzati e va’”.
Dal dono della guarigione al dono della fede!!!

Ma la lezione principale del miracolo è un’altra: un samaritano torna indietro per ringraziare Gesù. E’ proprio lui si ricorda di “dar gloria a Dio”, un privilegio questo, che molti giudei pensavano spettasse solo al loro popolo. Non è l’unica volta che Luca sottolinea questo motivo: una prima volta Gesù si è meravigliato della fede di un pagano (7,9); un’altra volta, nella parabola, ha presentato un samaritano come modello di carità generosa (10,34) e non invece un sacerdote e un levita. Nei due casi gli stranieri, che per la mentalità corrente erano miscredenti, sono presentati come un modello di fede e di amore. A volte i lontani sono più disponibili dei vicini: meditiamo noi oggi su questa possibilità.

I dieci lebbrosi avevano obbedito a Gesù, preoccupati di piegarsi alle prescrizioni della legge per fare autenticare la loro guarigione: nove di essi hanno preferito obbedire piuttosto che ringraziare tornando da Gesù, quando hanno notato la guarigione. Tutti hanno obbedito, ma solo uno non si accontenta di avere ottenuto la guargione, torna indietro lodando Dio Padre e prostrandosi in ginocchi davanti a Gesù esprime la sua gratitudine. Gesù dopo averlo rialzato e salvato lo mette in cammino per accoglierlo fra i suoi discepoli:«Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».


Abbiamo pensato alla differenza tra fede e fiducia, tra obbedienza e riconoscenza? Possiamo aver fiducia e non fede? Fede e fiducia hanno la stessa forza nel nostro operare umano e cristiano? Obbedienza e grazia ricevuta esige riconoscenza?

Soltanto uno su dieci ha avuto fede, è stato riconscente, è 


 stato salvato e indirizzato a nuova vita pur avendo 


 disubbidito ad una prescrizione. Uno su dieci, percentuale su cui riflettere...



Mariella: Dopo il bellissimo commento di Enzo mi resta poco da aggiungere, vorrei solo approfondire alcuni particolari di questo brano evangelico. Prima di tutto i lebbrosi sono dieci, il numero dieci in Israele significa totalità, ossia come dire tutti sono lebbrosi, tutti malati, tutti bisognosi di guarigione. Infatti possiamo tranquillamente affermare che la sofferenza ed il dolore accomunano tutti gli uomini, senza distinzione di razza o paese, di classe sociale o economica. Tutti ci ritroviamo ad urlare la nostra disperazione, il nostro senso di solitudine, di abbandono. 

Gesù di fronte a quei dieci lebbrosi sulle prime reagisce mandandoli da un sacerdote, li mette alla prova, il che significa che la guarigione non può mai essere immediata, richiede sempre un cammino spirituale di purificazione e soprattutto di crescita nella fede, nella fiducia in Dio, nella conversione del cuore. I dieci vanno, ma mentre camminano si accorgono di essere guariti. Quindi la guarigione avviene prima dell'incontro con il sacerdote, è la parola di Gesù ad averli guariti, la guarigione avviene già al primo passo, non è necessario giungere alla meta, basta fidarsi di Lui ed affidarsi. 

Nove di questi lebbrosi guariti però continuano il loro cammino verso il Tempio, non tornano indietro, dimenticano chi ha fatto loro il miracolo, se ne vanno godendosi la vita.

Un solo lebbroso, un samaritano, uno straniero, torna da Gesù a ringraziarlo, grida la sua gioia la sua gratitudine, è riconoscente, finalmente guarito, ma soprattutto si accorge di essere stato improvvisamente liberato dalla solitudine e dall'emarginazione e questo a lui basta, rinasce alla vita ed è felice, la sua fede lo ha salvato. 

Gesù rattristato constata che dieci sono guariti, ma in realtà solo uno s'è salvato!

Infatti i nove guariti sono lo specchio di un certo cristianesimo molto superficiale che ricorre a Dio solo nel bisogno, per poi dimenticarsi di Lui e tornare alla propria vita di comodo. Non sanno riconoscere le meraviglie che il Signore opera, anzi, son sempre pronti a criticarlo ogniqualvolta le cose vanno diversamente dai loro progetti. Essi son stati guariti sulla pelle, ma la lebbra è rimasta nel loro cuore.


Anche molti di noi fanno esperienze simili, cioè cercano Dio solo nel momento del bisogno. La nostra preghiera spesso è solo un lungo elenco di richieste, vogliamo ottenere ciò che fa comodo a noi, tutto il resto non conta. Nel nostro cuore regna l'inquietudine, l'ingratitudine e l'insaziabilità. In verità potremo dire di esser veramente guariti solo quando aumenteremo la nostra fede e smetteremo di porre condizioni a Dio accettando la sua volontà incondizionatamente.


Per i più volenterosi vi rimandiamo al bellissimo commento di     Padre Augusto nella pagina a Lui dedicata