BENVENUTO



B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 29 aprile 2016

La missione del Cristo sta per giungere a compimento: il testamento di Gesù.


Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

Sesta domenica di Pasqua – Anno C



Dal vangelo secondo Gv 14,23-29

Gli disse Giuda, non l'Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: «Vado e tornerò da voi». Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Parola del Signore!

Enzo: La liturgia continua a proporci gli ultimi insegnamenti prima del suo ritorno al Padre, insegnamenti che l'evangelista Giovanni avrebbe raccolti da vari momenti del minstero di Gesù e posti sulle sue labbra nel momento più solenne della sua missione terrena ((quando passa dalla sua esistenza terrena a quella celeste), una specie di testamento spirituale che illumina in retrospettiva tutto il senso della vita e dell'opera di Gesù. In questo brano è presentato lo Spirito Consolatore, inviato dal Padre, in preparazione della ormai vicina festa della Pentecoste.

Alla domanda dell'apostolo Giuda di Giacomo, che si attendeva da Gesù un gesto messianico clamoroso per restaurare il regno davidico e non capiva come potesse manifestarsi quale Messia solo ai discepoli e non al mondo, Gesù risponde: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Gesù si manifesterà, ma non in senso politico, soltanto a coloro che custodiranno la sua Parola. Egli fisserà la sua dimora in essi insieme con il Padre. E aggiunge: Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.” Chi non ama Gesù non può custodire le sue parole (comandamenti), escludendosi così dalla salvezza perché rifiuta di ascoltare la Parola di vita che è la stessa del Padre. Chi lo ama invece osserva le sue parole, vive di esse, gioisce che Gesù vada dal Padre.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi”.  La missione di Gesù stava per concludersi, le sue parole sono anche il suo testamento di addio. Alle esortazioni Gesù annuncia una novità, come per assicurare i suoi discepoli che non erano in grado di capire profondamente le sue parole:
Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

Si conclude così la serie: lo Spirito Santo, Figlio e Padre vengono ad abitare negli apostoli e nei cristiani di ogni tempo. Lo Spirito Santo, il “Paraclito”, inviato dal Padre per intercessione “nel mio nome”, di Gesù, non avrà il compito di manifestare nuove verità, ma di fare assimilare e di “ricordare” ai discepoli, di rendere presente e attualizzare l'opera di Gesù, Salvatore del mondo. Se comprendessimo la grandezza di questo mistero rimarremmo sempre in contatto con questo Consolatore per portare ai nostri simili l'opera di Gesù Salvatore. 
 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace”.Gesù si congeda dai suoi ofrendo la pace, quella pace predetta dai profeti per il tempo escatologico: Is 9,6 Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare”. E' una pace diversa da quella che dà il mondo, è una pace connessa intimamente con la presenza di Dio, una pace che dona sicurezza e gioia intensa.E' una pace che non deve rattristare per la dipartita di Gesù, ma rallegrare nella certezza della presenza trinitaria in ogni discepolo nell'attesa del ritorno di Gesù alla fine dei tempi come Risorto nella sua gloria:Vado e tornerò da voi”

Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate”. Gesù ha predetto con queste parole la sua partenza e il suo ritorno per predisporre i suoi allo scandalo della croce, alle sofferenze del Messia, non riconosciuto dal popolo ebreo, prima osannato e poi crocifisso, non compreso dal gruppo dei dodici.
L'avvento dello Spirito Santo salverà gli apostoli e tutti noi dallo scandalo della croce e dal presunto fallimento della missione di Gesù.

Mariella: La scorsa domenica il Vangelo ci parlava di un comandamento nuovo, il comandamento dell'amore, nuovo perchè ha come unità di misura lo stesso Cristo, il suo modo di agire e di pensare.
Il breve passo del Vangelo odierno si sofferma ancora sull'amore, l'amore per Cristo che non è più espresso da un comandamento: "Amate!", ma da quel: "Se..." che indica una scelta libera ed incondizionata che non può esser imposta da altri se non dalla volontà stessa dell'essere umano. 

 
Dalle parole di Gesù: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.» Egli ci fa comprendere che la nostra adesione, la sequela, l'amore che proviamo per Lui, non può essere solo un vago sentimento, ma passa attraverso l'ascolto attento della parola di verità che Cristo stesso ci ha annunciato. Il nostro amore dunque si esprime nell'obbedienza gioiosa alla sua volontà.

Chi ama veramente il Signore lo ascolta, lo segue, si lascia guidare da Lui, perché sa che obbedirgli non è cosa gravosa, ma è segno di amore vero, di appartenenza, di unità perfetta, di unità trinitaria; infatti l'amore per Gesù è luogo dell'incontro col Padre, il luogo in cui il Padre e il Figlio pongono la loro dimora attraverso lo Spirito Santo nel cuore dell'uomo. Sarà infatti lo Spirito Santo che permetterà a tutte le generazioni di comprendere la verità della Parola.

 
Gesù prima di lasciare gli Apostoli per salire al Padre offre loro un dono ineffabile, il dono della pace.
"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi"

La pace di cui Cristo parla non viene dall'esterno, non è frutto di iniziative umane anche lodevoli, non è solo assenza di conflitti, ma è qualcosa che va oltre, che penetra nelle profondità dello spirito umano, che perdura anche nelle situazioni problematiche e dolorose; che resta inalterata nelle difficoltà, perché la sua sorgente è in Cristo principe della pace.
E' in un cuore colmo della presenza del Signore che vive in sé stesso la pace, una pace che poi si allargherà all'esterno perché si tradurrà in opere di pace.


La missione del Cristo sta per giungere a compimento; Gesù nella sua umanità non sarà più visibile agli uomini; i suoi discepoli, abituati a condividere la loro esistenza con lui, dovranno sperimentare la separazione, ma non resteranno soli, né privi di aiuto, né della luce che rischiari la loro mente perché sarà lo stesso Spirito di Dio effuso nella Pentecoste ad illuminarli ed a conservarli nella pace.
 
Gesù sa che i suoi apostoli non sono ancora capaci di intendere le sue parole in tutta la loro portata; per ora essi ascoltano, ci saranno quei giorni di passione e morte e loro si rinchiuderanno pieni di paura nel cenacolo....
Solo in seguito alla Pentecoste, la loro vita cambierà e capiranno le parole del Signore.


Scrive un noto commentatore: 

 
"Lo Spirito è il protagonista che mantiene aperta la storia di Gesù rendendola perennemente attuale e salvifica. Senza lo Spirito la storia di Gesù - compresa la sua risurrezione - sarebbe rimasta una storia chiusa nel passato, non un evento perennemente contemporaneo. 

Lo Spirito è la continuità tra il tempo di Gesù e il tempo della Chiesa"


















venerdì 22 aprile 2016

Solo Dio, nel mistero trinitario è reciprocità piena, Comunione totale ed essenziale.


Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.


Quinta domenica di Pasqua – Anno C


Dal vangelo secondo Gv 13,31-33a.34-35


Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi;... Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».



PAROLA DEL SIGNORE!

Enzo: Queste parole, riportate nel brano di questa domenica quinta di Pasqua, sono state pronunciate da Gesù nell'ultima Cena prima della sua passione e morte. Giuda era appena uscito dal cenacolo per andare dai sommi sacerdoti per concordare la consegna di Gesù, segnando così l'inizio del dramma della passione.
La liturgia inserisce questo piccolo brano, in questa domenica perché fa parte del testamento di Gesù prima della sua passione e morte che non può essere mai separata dalla sua Risurrezione, da ricordare ogni qualvolta celebriamo la Pasqua del Signore.

Per l'evangelista Giovanni la glorificazione di Gesù è strettamente legata alla passione: all'innalzamento in croce del Figlio dell'uomo corrispondeva il suo innalzamento in cielo alla destra del Padre che manifestava il suo immenso amore per il mondo attraverso la morte del Figlio amato.

Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui”. Gesù preannnuncia con tono gioioso l'attuazione del progetto salvifivo di Dio con il suo innalzamento in croce e alla gloria: è il momento culminante dell'opera di Gesù e motivo di fede per chi crede in Lui. Nell'auotodonazione del Figlio è glorificato il Padre, e il Figlio ricevendo il benestare del Padre è glorificato da Lui.

Gesù si sta distaccando dai suoi, e si rivolge a loro con un appellativo ricolmo di tenerezza: “Figlioli, ancora per poco sono con voi;...” Gesù si rivolge ai discepoli chiamandoli affettuosamente «figlioletti». Questo termine ricorre solo qui nel vangelo di Giovanni. Un padre-maestro si rivolge ai suoi discepoli-figli e con affetto e passione dà loro gli ultimi insegnamenti. 
 
La separazione di Gesù dai discepoli è solo temporanea, perché Gesù sarà sempre in mezzo a loro, se vivono il comandamento nuovo: il comandamento di Gesù è nuovo in quanto viene esteso a tutti gli uomini senza alcuna distinzione: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Un comandamento che va messo in pratica sempre in forma nuova a seconda delle circostanze in cui una persona si trova. La novità per i discepoli è il dovere di imitare Gesù nel suo dono senza misura, senza condannare, amare ascoltando, operare per la gloria del Padre dal quale saranno anche loro glorificati. Noi siamo tra questi?

L’amore di Cristo non è soltanto il modello ma anche la motivazione e la causa dell’amore cristiano: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” perché “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Gesù propone sé stesso come esempio di adempimento in misura totale del comandamento grande che racchiude tutti gli altri.

Gesù inaugura così il nuovo patto tra Dio e l'umanità, fondandolo sul comandamento dell'amore. Anche nella Torà è prescritto l'amore del prossimo: la novità del comandamento di Gesà consiste nella motivazione dell'amore: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Non è solo un confronto con l'amore di Gesù, ma ne indica pure il fondamento dal quale scaturisce e sul quale poggia: il Cristo morto e risorto e glorificato dal Padre.

Immaginiamo per un momento la scena che l'apostolo Giovanni ci ha presentato: Gesù che parla lentamente guardando i suoi discepoli che ascoltano attoniti, sbalorditi per le sue parole che non capiscono.Quelle parole, nonostante il successivo tradimento di Pietro e la fuga di tutti all'arresto del Maestro, rimarranno scolpiti nel loro cuore in attesa di essere svelate il giorno della Pentecoste. Si capirà allora e per il futuro l'importanza dell'amore fraterno come segno disitintivo della vera Chiesa di Gesù in cammino e in attesa del suo ritorno. 
 
Nel racconto dell'evangelista Giovanni avvisiamo con quanto amore l'apostolo amato ricorda quell'avvenimento e nel trasmetterlo oggi, anche noi ravvisiamo il suo affetto per il Maestro e la tenerezza di Gesù: “Figlioli, ancora per poco sono con voi”.

Peccato che molto spesso la Chiesa di Gesù non è stata e non è ancora all'altezza di attenersi al testamento ricevuto. Peccato!



Mariella:Vorrei soffermarmi un attimo sulla prima parte di questo brano evangelico ponendo l'attenzione su quante volte Gesù usa i termini gloria, glorificazione e glorificato. Nel nostro concetto umano il termine gloria indica potere, successo, affermazione, possiamo dunque definirlo un termine positivo.
Alcune volte può assumere il volto della corruzione, altre volte lo si usa per indicare un idolo, un traguardo ambito da chi vuole apparire.
Ma Gesù pronuncia questa parola in un momento difficile e doloroso, durante l'ultima cena, poco prima di essere arrestato.

Cosa significa dunque per Lui gloria e cosa vuol dire con l'espressione: “ora sono stato glorificato”? Proprio nel momento del tradimento di Giuda, Gesù potrà dimostrare a tutti gli uomini quanto li ama, quanto ci ama, quanto è grande il suo amore malgrado i nostri tradimenti ed abbandoni. Nel tradimento di Giuda vediamo la misura dell'amore di Gesù, un amore senza misura!

La gloria dunque è poter dimostrare il proprio amore.


Poco importa se non avremo raggiunto i vertici della scala sociale, importa quanto saremo stati capaci di amare il nostro prossimo, non solo quello a noi simpatico, ma soprattutto quello scomodo, quello che ci ha tradito, fatto del male, deluso, così come ha fatto Gesù con Giuda.

Il comandamento dell'amore diventa un comandamento nuovo quando Gesù, morendo sulla croce e dandoci lo Spirito Santo, ci rende, di fatto, capaci di amarci gli uni gli altri, infondendo in noi l'amore che egli stesso ha donato ad ognuno di noi.

Sicuramente non ne avremmo la capacità senza l'aiuto dello Spirito Santo, che viene in soccorso alla nostra debolezza, rendendoci capaci di amare con il cuore di Dio.

Se sapremo veramente mettere in pratica il comandamento nuovo che Gesù ci ha dato, con le parole ma soprattutto con i fatti, anche noi potremo glorificare il Padre, come Lui stesso lo ha glorificato!

Padre Augusto: Fratelli e sorelle, seguiremo passo passo questo brano del Vangelo che rappresenta un passaggio importante. Vogliamo pregare che Maria, la Madre di Gesù, Colei che conservava tutte le Parole del suo Figlio nel cuore, dia anche a noi questa capacità interiore, frutto della nostra collaborazione con lo Spirito Santo.



Siamo dentro il Cenacolo, lo stesso luogo dove tra poco Gesù istituirà il sacramento dell'Eucarestia, il Sacramento dell'Amore assoluto, Giuda è uscito da poco, inghiottito dalle tenebre della notte.
E' andato a "consegnare" Gesù presso il Sinedrio. Il traditore ormai è totalmente posseduto da Satana.

"Gesù disse: ora il Figlio dell'Uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in lui". "Ora", adesso! Proprio adesso che Gesù sta per subire l'umiliazione più grande, quella di essere tradito da un suo apostolo, proprio ora, adesso, nel massimo sconforto della sua vita, Gesù "è stato glorificato"! Non sembra strana questa affermazione, addirittura assurda?
Come può essere glorificato uno che sta subendo la più tragica delle sconfitte?

Eppure, è così, fratelli e sorelle!Questo è il modo sconvolgente dell'agire di Dio.
Dio glorifica il suo Figlio nel momento più tragico della sua vita, proprio perché questo momento manifesta l'ubbidienza di Gesù al Padre. Egli è il "piccolo" di cui il Padre si compiace.
Gesù è glorificato!

Da chi? Dal Padre di cui compie l'ubbidienza sino alla fine. Ma non è tutto. Gesù prosegue e dice: "E Dio è stato glorificato in Lui! Che cosa più di tutti dà gloria a Dio se non esserne servi fino a dare la propria vita?
Che cosa glorifica il Padre se non l'offerta dell'Agnello Pastore, che viene compiuta nell'Amore più grande?
C'è nel testo come una specie di reciprocità tra Gesù e il Padre: Gesù è glorificato dal Padre perchè ne compie la Volontà. Il Padre è glorificato dal Figlio perchè compie ed accetta questa Volontà e vi rimane ubbidiente sino alla fine. Questa reciprocità diventa esemplare per noi!
Gesù è la nostra forza e nostra salvezza.

Quando rimaniamo fermi e stabili nella Volontà del Padre, qualunque essa sia e in qualunque modo essa si presenti, glorifichiamo il Padre.
Ma al tempo stesso il Padre glorifica noi per la forza, ricevuta dallo Spirito, di essere rimasti nella sua Volontà.


Come Gesù, così anche noi! Una dolce anche se difficile reciprocità amorosa in Gesù con il Padre!
Questa è la vita nello Spirito, questa è vivere da uomini e donne "spirituali".
"Se Dio è stato glorificato in Lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua!
Il Padre e il Figlio si glorificano a vicenda. L'uno dà gloria all'Altro!
Scambio di Amore che porta il profumo inebriante del sacrificio e del dono della vita!
"E lo glorificherà subito!"

Già ha cominciato a glorificarlo nell'umiliazione di essere un Uomo sconfitto e tradito.
Ancor più lo glorificherà quando istituirà il sacramento dell'Eucaristia dove Gesù si annienta e resta tale per amore! Infine lo Glorificherà sulla Croce che diverrà il trono Regale da cui scaturirà il mondo nuovo attraverso la Resurrezione. Ecco la glorificazione: solo a partire dalla resurrezione l'Uomo Gesù appare per quel che è: IL SIGNORE!
"Per crucem ad Lucem" dice la liturgia. Per mezzo della croce si giunge alla luce della Gloria.
Il Padre sarà contento del Figlio, del suo Amore e il Figlio sarà Felice per aver reso Felice il Cuore del Padre!

Cosa dovremmo imparare da questo rapporto tra Gesù e il Padre?
A voi riflettere su questo punto tanto importante per il nostro cammino.
Non preghiamo forse dicendo: "Sia fatta la tua Volontà, come in cielo così in terra?"
Adesso Gesù cambia improvvisamente tono di voce. "Figlioli, ancora per poco sono con voi!"
L'espressione affettuosa è unica in tutto il Vangelo di Giovanni.
La troveremo utilizzata per ben sette volte nella prima lettera del medesimo apostolo.
Indubbiamente ci troviamo in un momento di forte tenerezza. La consapevolezza che ormai il tempo dello stare insieme, della comunione diretta tra Gesù e i suoi sta per terminare, caratterizza l'atmosfera psicologica di tutto il brano.

Vi è nelle parole di Gesù un'innegabile sfumatura di umana tristezza. La prospettiva della separazione è molto netta.
Perciò Gesù, come forma testamentaria, vuole lasciare ai suoi una "reliquia di Sé".
"Vi dò un comandamento nuovo..." Un comandamento? E quale? "che vi amiate gli uni gli altri".
Ma si può comandare l'Amore? Lo si può precettare? Penso proprio di no! L'amore necessitante o necessitato non esiste. Non è amore. Esso infatti si basa sulla gratuità! Allora perché Gesù dice vi dò un comandamento nuovo?

Semplice: prima vigeva il dovere di osservare tutti i comandamenti della Legge!
Ora Gesù per far comprendere la Novità del Regno, ricorre allo stesso vocabolario legalistico.
Comandamento della Legge ora è sostituito dall'Amore. Esso è "nuovo". Non si tratta dunque di un precetto legalistico, ma di qualcosa che prende il posto della Legge.
Per questo è detto nuovo. Ma per noi quel "nuovo" acquista un significato più profondo.

E' l'Amore che fa nuove tutte le cose! E' l'Amore che ci fa 

vedere le cose di sempre con occhi rinnovati che 

trasfigurano la vita e le cose della nostra quotidianità.

Ma la cosa più importante è che Gesù dica "gli uni gli altri".
Ci parla di un Amore che per essere veramente tale esige di essere vissuto nella reciprocità.
Reciprocità significa Comunione, colloquilità, significa dialogo, apertura del cuore agli altri.
Reciprocità e Comunione. Dove troviamo questo tipo di Amore spesso sconosciuto agli uomini? Quasi invisibile anche a certi cristiani?

Solo Dio, nel mistero trinitario è reciprocità piena, Comunione totale ed essenziale. Il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre con lo stesso Amore ricevuto dal Padre e lo Spirito Santo è il Roveto ardente dove il fuoco dell'Amore trinitario brucia eternamente.
In altre parole Gesù ci sta dicendo: amatevi come Dio si ama.
Infatti tutta la forza della frase risiede in quel "come": Come Io ho amato voi. Gesù ci ha amati con lo stesso amore trinitario.

Per questo nell'Amore c'è una una componente fortemente contemplativa.
"Da questo conosceranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni gli altri".
Ecco l'assenza di Gesù è colmata dall'amore trinitario che i suoi discepoli manifesteranno.
L'Amore Eucaristico è Amore trinitario. L'amore alla Parola è amore trinitario.
L'Amore tra fratelli è Amore trinitario, dov'è carità e amore lì c'è Dio.


Saremo "Gesù" nel mondo, perpetueremo la sua presenza viva ed operante solo se sapremo entrare con Gesù ed in Gesù attraverso lo Spirito Santo, nell'Amore con cui Dio si ama ed ama noi. Avremo questa capacità contemplativa per amare così?










venerdì 15 aprile 2016

“Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”.

Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore ”.

Quarta domenica di Pasqua – Anno C



Dal vangelo secondo Gv 10,22-30

Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore!

Enzo: La festa della dedicazione che cadeva nel giorno 14 dicembre di ogni anno e seguiva quella delle capanne era stata istituita da Giuda Maccabeo nel 164 a.c. in ricordo della purificazzione e dedicazione del tempio, profanato da Antioco Epifane IV nel 167 a.c.
Giuda dopo la liberazione di Gerusalemme purificò e riconsacrò il tempio per ripristinare il culto del Signore sostituendo quella pagana in onore di Giove Olimpico.
Questa festività era collegata anche all'attesa messianica del re davidico. In questa festa troviamo Gesù, che partecipa come ogni buon ebreo e cammnina nel tempio in quella parte del portico di Salomone.

Vediamo Gesù attorniato da alcuni giudei per interrogarlo. L'incontro, e ci atteniamo semplicemente a questo brano in cui all'evangelista interessa dimostrare ancora una volta la divinità di Gesù e a tutti noi, in questo periodo di Pasqua, di ricordarlo assieme alla sua risurrezione, non sarà stato dei più tranquilli.

Abbiamo letto la domanda dei Giudei che sembra a prima vista motivata, ma contemporaneamente ostile, ingannevole verso colui che altre volte aveva dichiarato di essere l'atteso Messia. Mettiamoci per un attimo nella testolina dei giudei... mascherano la loro intenzione ipocrita dichiarando un loro dubbio, e di essere interessati a conoscere la verità.
Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”. Ricordiamo che in questa festa il pensiero ebraico era rivolto anche all'attesa messianica, per tanto tutti ne parlavano.
La risposta di Gesù, che non vuole creare ambiguità e vuole invitare i suoi avversari, che conosce molto bene, alla fede, richiama le sue precedenti dichiarazioni, le sue opere straordinarie compiute nel nome del Padre, dalle quali si può dedurre la sua messianicità. “ Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me”.
Inoltre in questo testo Giovanni mette in risalto l'identità di coloro che lo seguono, le sue pecore che sono in mani sicure, ma “Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore ”. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna”.

Le mie pecore”, perché Gesù adopera questo linguaggio? L'evangelista Giovanni nello scrivere queste parole ha soprattutto presente sia il capitolo 24 di Ezechiele, che presenta Jahwè come pastore ed accenna al futuro discendente di Davide (Ez 34,23), che il Salmo 23 che canta Jahwè come “il pastore”. Il profeta Ezechiele dà lo spunto a Giovanni di costruirvi sopra una teologia cristologica e una ecclesiologica: Gesù è il buon pastore che chiama le sue pecore una per una, e la Chiesa che nascerà con la pentecoste avrà la certezza di avere il Signore stesso come guida che darà sicurezza al passo della comunità, incamminata sulle strade del mondo fino alla fine del mondo (significato anche escatologico).

Mentre per gli altri evangelisti il “pastore” è Dio, per Giovanni è Gesù Cristo, e questa versione è coerente con i versetti 29-30 “Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Io e il Padre siamo una cosa sola” :Le opere che compie nel nome del Padre testimoniano la sua identità messianica, rendono visiva la volontà del Padre. Chi crede in lui, le sue pecore, “ascoltano la sua voce e lui le conosce ed esse lo seguono. Si crea così una comunione intima tra Gesù e noi, sue pecore: Gesù ci porta per le vie del mondo, nei pascoli rigogliosi, ci offe la sua Cena eucaristica e la certezza di una vita eterna.

Il versetto 31dello stesso capitolo 10, dice: “I Giudei portarono di nuovo pietre per lapidarlo”. Sono usciti allo scoperto, ma chiusi in una notte scura. Poveretti!

Finisco questo breve commento (tratto dal foglio settimanale della mia parrocchia) con la certezza che Gesù è sempre con noi, è presente all'interno delle nostre solidarietà umane e professionali, nella nostra vita di credenti insoddisfatti di una fede inerte, nell'impegno di coloro che cercano la verità, amano e perdonano, di coloro che lottano per un mondo migliore e più giusto. Ed è presente nel pane che spezziamo insieme facendo memoria di lui, per tornare alla realtà quotidiana, sostenuti dalla sua forza”.


Mariella: Vorrei aggiungere alcune riflessioni di approfondimento sulla figura del Pastore che è Cristo in rapporto alle sue pecore che siamo tutti noi.

In quel tempo Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce" E' la voce di uno che parla al profondo del cuore di ogni persona che cerca l'amore. E' un pastore che dà la sua vita per ognuna delle sue pecore e nessuna del gregge va perduta o si disperde, perché questo pastore, vigile, attento, premuroso e misericordioso, non lascia allo sbando il gregge, ma si pone alla guida di esso con coraggio, passione e dedizione. Le pecore di Gesù si trovano in mani sicure, perché sono custodite con cura dal Padre e dal Figlio, queste due Persone vivono in comunione e in intimità perfetta.  Nessuna delle pecore, se segue il suo pastore, si perderà, perchè chi segue Cristo, chi ascolta la sua voce con determinazione, ha la certezza di giungere ad una meta di vera ed eterna felicità. Il male non potrà vincere nei confronti del bene, anche quando sembra prevalere, non avrà mai l'ultima parola, perché la grazia del Signore, che opera per mezzo dello Spirito, produce i suoi frutti spirituali su questa terra, ma soprattutto per l'eternità.
"Io le conosco": Gesù è più intimo di quanto ciascuno possa essere intimo a se stesso, entra in relazione personale con chi si lascia amare da Lui, ne conosce i pensieri, i desideri, la fragilità.
"Ed esse mi seguono": Verrebbe da chiedersi dove? La risposta è chiara; le pecore lo seguono per entrare nell'intimità con il Padre, passando attraverso la quotidianità della vita, con le sue tribolazioni, le sue croci. Via che Cristo stesso ha tracciato e vissuto, non sottraendosi alla fragilità umana, al dono di sé nella sottomissione al Padre, per la salvezza dell'umanità.
"Io do loro la vita eterna": non è un desiderio di possesso, di potere che conduce alla vita, ma è la via debole che apre ad accogliere il dono della vita senza fine. La vita eterna di cui parla il Vangelo è già l'oggi della vita percepita come presenta di Dio. Gesù è talmente entrato nella carne umana da farne il luogo dell'esperienza dell'Amore fedele e inesauribile di Dio.
"Nessuno le strapperà dalla mia mano": la comunità che trova la sua ragione di esistenza in un rapporto diretto di appartenenza a Cristo, sperimenterà tensioni e difficoltà lungo il cammino della storia, soprattutto in relazione alle altre comunità più fortemente organizzate ma lontane dalla verità.   Per questo il Vangelo di Giovanni ci mostra il vero cammino, della comunità "amante" perché impariamo a vivere rimanendo nella Chiesa, senza lasciarci sviare da voci fuori dal coro.  Ognuno di noi è unico, inconfondibile, perché prima ancora è unico il Pastore. Possiamo seguirlo, perché conosciamo la sua voce, diversa da quella di qualsiasi altro. Egli è l'opposto del mercenario che è pagato, sfrutta e strumentalizza le pecore. Il vero pastore dà la vita per esse, non le domina, le serve, le conosce per nome, ciascuna è importante, unica ai suoi occhi.
In questa Domenica la Chiesa è invitata a pregare per le vocazioni di speciale consacrazione, ognuna di esse nasce proprio da quel rapporto personale di conoscenza e di amore fra il pastore e le "sue pecore", quelle che scelgono di mettersi sulle sue spalle, vivendo lo stesso rapporto di comunione e di unità che c'è fra il Padre e il Figlio

 






sabato 9 aprile 2016

«Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No».


«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Terza domenica di Pasqua – Anno C


Dal vangelo secondo Gv 21,1-19

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore!

Enzo: Personaggio chiave di questi due brani è Pietro.L'apparizione di Gesù è presentata come una manifestazione tra il Gesù terreno e il Gesù, il Cristo glorificato.

Pietro e i suoi compagni sono reduci da una pesca notturna infruttuosa, e all'alba tornano a riva. Li aspetta Gesù, ma i discepoli non si accorgono di lui. E Gesù a fare il primo passo verso di loro con una domanda e un comando: avviene la pesca “miracolosa” e solo allora riconoscono il maestro. Gesù prepara loro da mangiare e insieme consumano il pasto. Straordinario il fatto che avendolo riconosciuto nessuno dei discepoli osava chiedergli chi fosse. E' Giovanni, colui che più di tutti amava Gesù, il prediletto, a riconoscerlo per primo “E' il Signore!”, ma è Pietro per primo ad andarGli incontro.Vediamo Gesù cuoco e servitore: “Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce”.
Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti, annota Giovanni affermando per sé e per i compagni che Gesù è veramente risorto. A nostra edificazione e certezza nella fede questa affermazione.


E' intenzione di Giovanni, inserendo il racconto della pesca dopo la risurrezione, (Luca ha posto l'episodio all'inizio del ministero galilaico), narrare il rapporto di Pietro con Gesù e la sua riabilitazione dopo il rinnegamento al terzo canto del gallo.

L'insistenza con cui Gesù chiede a Pietro se lo amava provoca nell'apostolo, pentito per il suo tradimento, dolore e forse preoccupazione. Da questo colloqui ne esce un uomo redento, non più presentuoso come in quella nefasta notte. Lo dimostra la sua terza risposta: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. E' l'affidamento totale come quello di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”.

Biosognerà aspettare la Pentecoste per capire l'importanza e la potenza di quel comando di Gesù a Pietro: “Pasci le mie pecore”. Da quel momento sarà Pietro a guidare la Chiesa nascente. Sull’esempio di Gesù buon pastore, che dà la vita per le sue pecore, lui deve pascere il gregge con amore e non con spirito di dominio, predicare Gesù crocifisso e risorto. La rete, piena di pesci e che non si spezza, indica che la Chiesa voluta da Gesù e guidata da Pietro resisterà nel tempo e produrrà molto frutto.


La riabilitazione di Pietro dopo il suo tradimento è confermata dalla predizione della sua morte: “In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Pietro subirà una morte violenta conformandolo così pienamente al Crocifisso, cui rimase fedele sino alla fine.

Il brano si conclude con l'invito di Gesù a Pietro di seguirlo. E' una conferma della fiducia accordata a Pietro, parola forte e definitiva: adesso Pietro può seguire Gesù, l'Agnello, seguirà Gesù senza titubanza, senza arroganza fino alla morte”.

Commenta Sant'Agostino:” Ora è il momento, Pietro, in cui non devi temere più la morte, perché è vivo colui del quale piangevi la morte, colui al quale, nel tuo amore carnale, volevi impedire di morire per noi “.


Mariella: La terza volta che Gesù si manifesta ai suoi, dopo la risurrezione, è densa di avvenimenti e di insegnamenti dai quali vorremmo trarre spunto per alcune brevi riflessioni.
Anzitutto possiamo osservare che il brano racchiude due episodi: il primo è il racconto di una pesca miracolosa, il secondo è un dialogo tra Gesù e Pietro mentre Giovanni, il discepolo amato, rimane sullo sfondo. L'obbiettivo del primo episodio è quello di descrivere la qualità del tempo nuovo aperto da Cristo risorto. Egli è Colui che si manifesta in luoghi e tempi diversi, ma sempre amando i suoi discepoli. Questi hanno difficoltà a riconoscerlo perché in realtà Lui è presente ma nello stesso tempo è nascosto: solo lo sguardo della fede vera, che è quella del discepolo amato, può vedere nei fatti della vita lo spazio dell'incontro con il Signore.

è il Signore!” grida Giovanni che percepisce immediatamente la presenza del Signore mentre Pietro svolge un ruolo diverso, potremmo dire un ruolo pastorale, infatti stringendosi la veste attorno ai fianchi Pietro esprime rispetto per Gesù; gettandosi nell'acqua per raggiungerlo, esprime la volontà di impegnarsi totalmente per il Signore. E' Pietro che sale sulla barca e tira a terra la rete piena di grossi pesci senza che si spezzi: egli ha la responsabilità di una comunità numerosa alla quale assicura l'unità.
Anche gli altri discepoli sono presenti: ascoltano la Parola di Gesù pur non avendolo riconosciuto; gettano la rete e fanno una pesca sovrabbondante; conducono la barca, trascinano la rete.

Il Vangelo ci fa toccare con mano il cammino di fede dei discepoli che, sollecitati dal Risorto, sono invitati a gettare nuovamente le reti, dopo aver passato una notte intera in mare senza aver ottenuto risultati.
Gesù vuole avere bisogno della nostra povertà per comunicarci la sua ricchezza, vuole farci prendere consapevolezza che senza di Lui noi non possiamo fare nulla, è grazie a Lui se la nostra vita si trasforma, diventa ricca di frutti e di significato.

Ma questa comunità di discepoli ha bisogno di un pastore che li guida, ha bisogno di un interprete, un mediatore. Ha bisogno di Pietro, il "pastore" che raduna i suoi per andare a "pescare", e ha bisogno di Giovanni che riconosce e testimonia la presenza del Risorto ai fratelli. Non esiste la Chiesa senza chi, credendo l'Amore, lo mostra agli altri.

Ora la scena cambia, dopo essersi manifestato, Gesù si ferma sulla riva del lago a cuocere il pesce per i discepoli e a presentarsi come uno che serve, perché il Risorto è vero Amore, Amore che salva, che nutre, che guida, che perdona.
Ed è sull'amore che interroga Pietro, non lo rimprovera, non lo giudica, semplicemente Gesù fa una triplice richiesta: “Mi ami tu?” proprio a colui che per tre volte lo ha rinnegato e ciò nonostante diventerà la pietra fondante della Chiesa nascente. 
 
Questo ci fa capire quanto grande è la capacità di perdono del Signore, Egli di fronte al peccatore pentito cancella il peccato e lo riabilita, restituisce la dignità e la fiducia, Dio non cancella le persone dal suo libro, al loro primo errore. Dà sempre a tutti un'altra possibilità, questa è la misericordia di Dio! Ecco dunque che la fiducia ed il perdono del Maestro fanno di Pietro una persona nuova, fedele fino alla morte. Pietro sarà in grado di mantenere, finalmente, la sua promessa di dare la vita per Cristo. 


Se imparassimo la lezione contenuta nell'agire di Cristo con Pietro, quante meno persone fallite ed emarginate ci sarebbero nel mondo!
Altro insegnamento fondamentale: Gesù desidera che l'amore che nutriamo per Lui sia rivolto nel servizio degli altri: "Mi ami tu? Pasci le mie pecorelle". Non vuole essere lui a ricevere i frutti di questo amore, ma vuole che siano le sue pecore. Così anche il nostro amore per Cristo non deve restare un fatto intimistico e sentimentale, ma si deve esprimere nel servizio verso gli altri.




Per chi lo volesse andando nella pagina di Padre Augusto Drago potrà leggere il suo commento a questo brano di Vangelo. Padre Augusto Drago nel suo commento tiene conto anche della narrazione di Lc 5,4-12.

venerdì 1 aprile 2016

“Mio Signore e mio Dio”, la più bella preghiera di ogni tempo

 
Mio Signore e mio Dio”, la più bella preghiera di ogni tempo
«Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!»
Seconda domenica di Pasqua -Anno C



Dal vangelo secondo Gv 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati.Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Parola del Signore!
Enzo: Questo brano riferisce due apparizioni del Risorto: l’una ai discepoli, la sera dello stesso giorno di Pasqua, lo stesso giorno in cui Pietro e Giovanni erano andati a vedere il sepolcro vuoto, l’altra all'incredulo Tommaso, otto giorni dopo alla presenza anche degli altri discepoli .
Al termine di queste due apparizioni, si ha la prima conclusione dell’intero vangelo (vv. 30-31).

L'inizio del racconto ci mostra i discepoli, in luogo dalle porte chiuse “per timore dei giudei”: quanta umanità in queste parole!
Gesù si mostra loro, entra nella stanza a porte chiuse, si ferma con loro: vuole far capire così che è risorto, che è Lui il crocifisso, che è vivo, che possiede un'esistenza nuova. Gesù porta la pace in mezzo a loro, mostra le mani e il fianco segni del martirio: è proprio Lui! E i discepoli gioirono al vedere il Signore.Ricevettero così la pace e la gioia messianica.
Non abbiamo anche noi gioito la notte di Pasqua, dopo un'attesa di quaranta giorni?

Credere fermamente che Gesù è risorto e che la sua risurrezione è causa anche della nostra, è sorgente di gioia, di forza e di speranza.
Lo stesso giorno Gesù porta tre doni:  

il conferimento della missione: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. I presenti sono così investiti come Gesù della missione del Padre.

Il dono dello Spirito Santo: “ Ricevete lo Spirito Santo”: possiamo dedurre che il soffio di Gesù sugli apostoli parli di un nuovo atto creativo nei discepoli. Ricordiamo che nell' Antico testamento quando Dio soffia lo spirito di vita sulla creta per essere uomo vivente Gen 2,7Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.” “, e poi in Ez 37,9 per descrivere una nuova vita. Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”. Gesù effonde sui discepoli lo Spirito come principio della nuova vita e come santificatore, animatore e aiuto indispensabile per la loro missione, mentre la Pentecoste si focalizzerà sulla loro missione universale.

Il potere di rimettere i peccati: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. Si tratta di un potere di carattere ecclesiale concesso agli apostoli presenti e ai loro successori, potere che implica una nuova creazione, morti per il peccato , risorti col perdono.

Nella seconda apparizione, avvenuta “otto giorni dopo” , predominano la persona del Risorto e quella di Tommaso. Quest’ultimo è disposto a fare propria la lieta testimonianza degli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore” soltanto se controllerà fisicamente nel Risorto i segni della passione. I dubbi di Tommaso esprimono l'esperienza del gruppo, dell'intera comunità apostolica, e la personale esperienza di Giovanni: «Colui... che abbiamo visto con i nostri occhi... contemplato... e toccato con le nostre mani» (1Gv 1,1-2).

Con questo atteggiamento di Tommaso, l’evangelista ha l'occasione di mostrare l’identità già riscontrata tra il Crocifisso e il Risorto.
Con sconfinata condiscendenza Gesù viene incontro alla pretesa di Tommaso e lo porta a fare la più alta professione di fede presente nel quarto vangelo: “Signore mio e Dio mio!”.
Ogni altra professione di fede rimane e rimarrà al di sotto di quella di Tommaso: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”, parole di Gesù in vista della Chiesa nascente e per tutte le generazioni a venire che nel dubbio, nel buio della fede, nella frase di Tommaso possiamo riaffermare la nostra fede. All'uomo di fede bastano poche parole per dimostrare l'adesione di fede nel Figlio di Dio: “ Signore mio e Dio mio!”

 L'evangelista e apostolo Giovanni così conclude il suo vangelo: “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”.
 
Abbiamo la sua vita nel suo nome” sperimentando la

 pace, la gioia offerte da Gesù morto e risorto per la 

salvezza del mondo, credendo nella testimonianza di 

coloro che hanno visto e creduto.



Mariella: In questa domenica, l'ottava di Pasqua detta in Albis o della divina misericordia, al centro della riflessione abbiamo un brano del vangelo di Giovanni con l'apparizione del Risorto al gruppo degli apostoli. La figura di Cristo Risorto è al centro di tutto, Egli è l'anima, il perno, la pietra angolare attorno a cui tutto ruota e si muove. Il tema dominante però è la fede, fede che cambia tutta la prospettiva di una vita, fede che porta a seguire un Maestro e testimoniare una verità. Per questo nel brano in oggetto predomina il verbo "vedere" Si arriva alla fede, come fu per gli apostoli e poi per l'incredulo Tommaso, per mezzo di un vedere "fisico", fatto di segni e prodigi.

Ma c'è una fede più vera e più profonda, che è di quelli che hanno creduto senza vedere, hanno creduto non per mezzo degli occhi materiali, ma con gli occhi del cuore, quegli occhi che scrutano il mistero di Dio e se ne lasciano affascinare. Giovanni nel suo racconto evangelico ha insegnato che non ci sono i segni per credere, ma chi crede vede i segni. 
 
A Tommaso Gesù chiede di abbandonarsi con fiducia alla fede, egli compie il passo decisivo di chi si affida a Dio e solo così potrà vedere "le sue mani e il suo fianco" come segno dell'infinito amore che Egli ha verso ogni vivente.
 
Tommaso diventa credente, supera i suoi dubbi ed incertezze, supera il suo bisogno di avere prove materiali per credere, entra nel dialogo con Gesù, riconosce la divinità del Maestro e gli risponde: " Mio Signore e mio Dio".

Ecco che Tommaso adesso potrà assaporare quella “pace” che Gesù augura ai suoi Apostoli entrando nel Cenacolo, potrà gustare quella “gioia” che solo chi si sente veramente amato e salvato può provare. Tommaso potrà ricevere quello Spirito Santo che Gesù dona a quanti riconoscono la loro appartenenza a Dio.

Così è anche per noi, Dio conosce la nostra difficoltà a riconoscerLo... come fu per Tommaso, che voleva poter mettere le mani nei segni dei chiodi e del costato.Appartiene proprio alla nostra natura umana questa debolezza e Dio la conosce bene.
E' sempre Lui che fa il primo passo verso di noi. Sempre che in noi ci sia la volontà di cercarLo, di conoscerLo, di seguirLo, di stare con Lui.



Una volta riconosciuto il Signore e aver gustato la gioia della sua presenza, i discepoli vengono rimandati alla loro esperienza terrena: devono aprirsi all'avvenire del mondo a cui devono annunciare il Risorto.  Per Giovanni il dono dello Spirito Santo viene elargito lo stesso giorno della risurrezione di Gesù e non cinquanta giorni dopo, come invece annuncia Luca. Lo Spirito Santo renderà possibile l'esercizio della missione affidata ai discepoli di ieri e di oggi.




Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l'inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti. Amen!