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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 25 marzo 2016

Tutti e tre “videro”, ma non capirono. A loro mancava ancora un tassello importante...


Non avevano compreso la Scrittura...se ne tornarono di nuovo a casa

PASQUA DELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE : ANNO C


Dal vangelo secondo Gv 20,1-10

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

Parola del Signore!

Enzo: Gli evangelisti sinottici parlano delle donne che si recano al sepolcro di buon mattino per compiere i riti sul cadavere di Gesù; Giovanni incentra l'attenzione su una donna particolare: Maria di Magdala.
Come sappiamo l'evangelista Giovanni si è preoccupato di selezionare quel materiale dove l'occhio della fede riesce a ravvisare solo il Signore della Salvezza. Giovanni tra gli evangelisti è il teologo di Gesù, attraverso i segni da Lui operati, non li chiama miracoli, stimola e indirizza i lettori al Gesù-Dio inviato dal Padre per la salvezza dell'uomo.
Giovanni è anche l'evangelista che si rivolge, più di tutti gli altri apostoli, a coloro che accumulano, assimilano l'opera e le parole di Gesù guardando alla glorificazione finale del Maestro.
La comparsa di Gesù davanti al tribunale di Pilato gli permette di asserire la sua supremazia sul mondo. Se è coronato di spine, lo è in quanto re. Dall’inizio alla fine, pertanto, e non soltanto nei momenti della risurrezione e dell’effusione dello Spirito, il vangelo di Giovanni è un racconto della glorificazione di Cristo.

Non dice nulla dell'agonia di Gesù, della sua preghiera, del conforto dell'angelo. Parlando dell'arresto di Gesù egli ravvisa una chiara manifestazione della sua divinità. Infatti, appena pronunziata la parola “Io sono”, evocatrice del nome di Dio secondo Esodo, tutti piombano per terra come di fronte ad una apparizione divina.

Non parla nemmeno del bacio di Giuda. Gesù per Giovanni appare come Signore pieno di dignità e come padrone degli avvenimenti degli uomini. Quello che accade, lungi dall'essere frutto del caso o segno della vittoria degli empi, è compimento delle Scritture.

In questo brano Giovanni dà la sua testimonianza della resurrezione di Gesù: contrariamente a Pietro, egli “vide e credette”.Vide e credette: non sembra che il disceopolo prediletto sia pervenuto alla fede pasquale piena, perché subito dopo annota che non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa. 
 
Non abbiamo parlato della donna, Maria di Magdala che di mattina presto si reca al sepolcro, gli altri evangelisti riferiscono che era assieme ad altre donne e le parole che Maria riporta agli apostoli lo confermano: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».

Maria di Magdala, possiamo dire che è la protagonista di questo racconto giovanneo. Si reca al sepolcro e scopre che la pietra era stata rimossa e, senza entrare nel sepolcro corre di corsa ad avvertire Pietro. Smarrita e desolata smuove i due discepoli e li mette in cammino verso il sepolcro.

I tre personaggi non capiscono, sono incapaci di capire, di ricordare quanto Gesù aveva detto loro. Il racconto dà l'idea di un forte movimento, di trambusto, inquietudine: forse si tratta dell'ansia del primo nucleo della chiesa nascente, che cerca di capire affannosamemte quanto sta succedendo dopo la morte del Maestro: i verbi usati da Giovanno lo affermano: "si recarono", "correvano assieme", "corse più veloce", "giunse per primo", "non entrò", "giunse anche Pietro", "lo seguiva", "entrò" , “tornarono a casa”.

Tutti e tre “videro”, ma non capirono. A loro mancava ancora un tassello importante: la comprensione delle Scritture: "Non avevano, infatti, ancora compreso le Scritture", che avrebbe dato loro una completa e più profonda comprensione del mistero, di cui furono inconsapevoli testimoni. Per questo si dovrà attendere il dono dello Spirito nella Pentecoste (Gv 16,13). Solo allora capiranno che Cristo è veramente risorto!

Vediamo l'affettuosa apprensione di Maria, la veloce e agile intuizione del discepolo amato, la lentezza solida, forse prudente di Pietro. Tutti e tre viaggiano verso il Cristo risorto, Pietro e Giovanni testimoniano le parole di Maria di Magdala: nessuno avrebbe creduto ad una donna.

Fra i tre Gesù premierà La Maddalena , una donna, apparendo per primo a lei. Sarà lei ad annunciare Gesù risorto ai discepoli: «Ho visto il Signore!» 


Mariella: Vorrei meditare e riflettere sul significato che assume oggi la Pasqua per ognuno di noi e per il mondo intero.


In un momento come questo, dilaniato da mille problemi e paure, Pasqua è senza dubbio rialzarsi per correre incontro a Cristo, ritrovare la forza per andare avanti, per riprendere quota, per guardare ai nostri problemi e preoccupazioni con la consapevolezza che non siamo soli perché Lui è con noi sempre, per salire il nostro Calvario con la certezza della risurrezione. 
 

Anche noi cristiani dobbiamo seguire la via che il Maestro c'insegna, con il coraggio della fede, con la speranza nel cuore, con la forza dell'amore. Dobbiamo essere come Maria di Magdala, che giunta al sepolcro trova la tomba vuota e porta questo annuncio agli altri con gioia.


La risurrezione da un senso nuovo a tutta la nostra vita e di conseguenza ci impegna a portare ai fratelli la lieta notizia di pace che viene dalla vittoria sulla morte.
Ripartire dal sepolcro di Cristo che è luogo di vita e non di morte, per restituire ai nostri sepolcri la certezza che la vita non termina sulla terra, ma continua nel cuore di Dio.
Ripartire dalle nostre fragilità personali, dalle nostre contraddizioni, dai nostri sbagli, per vivere l'esperienza vera di conversione e imboccare la strada giusta che ci permetterà di giungere alla risurrezione.

La fede nella risurrezione del Signore ci aiuta a riscoprire i veri valori umani, non più dubbi, incertezze, tradimenti, delusioni, invidie,, gelosie, egoismi, ma solo speranza e fiducia in Dio, ascolto della sua Parola, da cui trarre la forza per amare la vita, anche quando non ci sorride, quando è segnata dalla solitudine, quando i tuoi amici sono andati via, quando l'amore è tradito, quando la giustizia è dimenticata, la pace è violata, l'unità è calpestata

Quando tutto sembra precipitare, quando la fiducia nella vita vacilla, allora si alza forte il grido: è risorto, non è qui, vi precede nel cammino della gioia e della speranza. Solo Cristo Risorto può dare un senso a tutto quello che è dolore e disperazione.
Oggi vorremmo sperimentare la gioia, quella gioia che riempie il cuore e tende la mano per una riconciliazione universale. Ne abbiamo tutti bisogno!


Il nostro cuore anela a Te Signore,donaci il tuo Santo Spirito per gustare la gioia della tua Risurrezione. Amen




  Con questo commento siamo arrivati alla Pasqua di Resurrezione: la Chiesa tutta gioisce e canta l'ALLELUIA pasquale, è vinta la morte, rinasce la Speranza.

Carissimi amici che ci avete seguito in questo cammino, Mariella ed Enzo vi augurano una Buona e Santa PASQUA:  duri sempre nei nostri e vostri cuori la gioia di questa fantastica domenica.







venerdì 18 marzo 2016

“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”.



Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asina.

Domenica delle Palme – Anno C



Dal Vangelo secondo Lc 22,14-23
Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell'uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l'un l'altro chi di loro avrebbe fatto questo.

Parola del Signore!

Enzo: Siamo arrivati quasi alla fine del cammino verso la Pasqua. La liturgia di questa domenica ci invita a riflettere sui momenti trascorsi da Gesù prima di entrare nel vivo della sua passione e le sue sofferenze fino alla morte in croce. Rieniamo opportuno soffermarci nel commento alla prima pagina, per partecipare a quanto Gesù ha voluto donarci prima che fosse consegnato ai sacerdoti e poi a Pilato. Gioiremo con Gesù per quanto ci dona, ma contemporaneamente la nostra riflessione si turberà. Questo turbamento entrerà in noi non per spaventarci ma per migliorare la nostra conversione e l'amicizia nell'Amico e Fratello Gesù.
Prima di iniziare un ricordo dell'accoglienza che il popolo riservò a Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme, osservando un minuto di silenzio.
" Osanna ! Benedetto colui che viene
nel nome del Signore."

La domenica delle palme ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme,dove la folla
lo salutava agitando i rami delle palme in segno di saluto. Segue la Settimana Santa in cui Gesù soffrirà la passione,la crocefissione, la morte e infine la gioia della resurrezione cioè la
Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia.
 
Esulta grandemente, figlia di Sion , giubila, figlia di Gerusalemme!
 
Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asina.(Zc 9,9)


E adesso passiamo al commento del brano scelto.

Gesù festeggia assieme ai suoi apostoli la pasqua ebraica. Questa pasqua sarà l'ultima della sua vita terrena, ma è una pasqua diversa dalle altre. All'interno di un pasto festoso che tutto il popolo celebrava, Gesù compie dei gesti nuovi all'interno di una tradizione: questi gesti parlano di Lui, non direttamente di Dio, né delle sue opere meravigliose, né del suo popolo.

Questa pasqua assume un significato nuovo, il banchetto festoso è legato strettamente alla sua passione. Le sue parole hanno un significato ben preciso, la sua presenza in mezzo a coloro che lo hanno seguito sottolineano comunitarietà e intimità: Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione”. Prima della sua passione molte volte annunciata , adesso è giunta l'ora, quell'ora tanto attesa perché accettata per amore dell'uomo e per fare la volontà del Padre.

Sarà l'ultima pasqua ebraica ma proiettata al compimento del Regno di Dio, dove la festa sarà rinnovata: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio”: una realtà futura, un invito a desiderarla e raggiungerla seguendo Lui nei suoi insegnamenti.
E' una scena pacata, dove le parole di Gesù sono una novità per tutti: da una parte la convivialità della Pasqua, dall'altra la passione e il dono di sé. La prima azione segue alla lettera la cerimonia ebraica: tutti sono invitati a bere il primo calice di vino.

Nel bel mezzo della cena il pane e il vino diventano in questa Pasqua “il corpo” e “il sangue” di Gesù, la totalità della sua persona e della sua esistenza: il dono di sé e il suo prossimo martirio. Il sangue versato indica la morte violenta, che da un lato costituisce il vertice del dono e dall'altra il suo apparente fallimento.

Gesù non parla di sé, del senso della sua morte ma della forza dell'amore che si dona fino alla morte da vero amico per l'amico “uomo”. Ci lascia il suo corpo da gustare e il suo sangue sparso sarà in eterno segno di una nuova alleanza, rinnovo dell'antica alleanza fatta con Abramo e poi ripetuta con Isacco e Giacobbe. La nuova alleanza assume carattere definitivo e riconciliazione di Dio con il suo popolo, valore salvifico universale.
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».

La scena, dopo l'istituzione dell'Eucaristia, cambia e ci lascia perplessi, direi turbati. Anche i dodici imangono increduli: uno di loro è un traditore, parole di Gesù. Un ultimo tentativo per fare ricredere il traditore dalla sua infamia?

I dodici furono sconvolti dalle parole di Gesù. Ciascuno di loro incominciò a interrogare se stesso, senza sospettare degli altri. Nessuno può essere sicuro di perseverare nella fedeltà al Maestro.

Il tradimento del discepolo-apostolo rientrava misteriosamente nel disegno di Dio: il Figlio dell'Uomo dipende da un altro uomo, come avevano predetto le Scritture.
Anche il mio amico, colui del quale mi fidavo, che ha condiviso il pane con me, ha alzato il calcagno contro di me”(Salmo 41:9, vedi l’adempimento in Matteo 26:14,48-49).

Ed anche: E io dissi loro: 'Se vi par bene, datemi il mio salario; se no, lasciate stare. Ed essi mi pesarono il mio salario: trenta sicli d'argento.(Zc 11,12-13)

Tuttavia il traditore non è scagionato dalla sua responsabilità, perché agiva liberamente e con piena consapevolezza. Quell'uomo si chiamava e si ricorda ancora come Giuda!

Grazie Gesù per il grande dono che ci hai fatto, il banchetto eucaristico, segno di comunione.
    

Mariella: Il brano del Vangelo che leggiamo ogni Domenica delle Palme, è così ricco e denso di avvenimenti, che è difficile commentarlo per intero. Per questi si preferisce soffermarsi su un aspetto particolare, quello che più ha toccato il nostro cuore e scosso la nostra emotività.
Abbiamo pertanto deciso di soffermarci sull'ultima cena di Gesù, là dove Egli vive tutte le emozioni possibili, la gioia per l'incontro, la certezza di un Amore, la consapevolezza della fine imminente, la delusione per un tradimento, il coraggio della coerenza, la paura della morte, l'offerta del sacrificio.
Forse leggendo queste poche ma inte per il yrnse righe del racconto dell'ultima cena, anche noi ci sentiamo coinvolti, anche a noi piacerebbe sederci intorno a quel tavolo per osservare meglio quei gesti e sopratutto vivere l'intensità di quelle emozioni. 
 
Gesù , pur sapendo che da lì a poco dovrà salire al Monte degli Ulivi e attraversare una notte di solitudine ed umiliazioneper il tradimento ricevuto, vuole condividere con i suoi Apostoli quel pane che è la sua stessa carne e quel vino nel quale scorre il sangue delle sue vene, affidando ai suoi Apostoli il compito di prolungare nei secoli questo miracolo d'Amore.

Un pezzetto di quello stesso Pane spezzato nell'Ultima Cena giunge anche a noi oggi ogni qualvolta partecipiamo ad un'Eucarestia.
 
In essa, come diceva sant’Ireneo, c’è la Coppa della sintesi. Vale a dire che nel mistero eucaristico c’è già precontenuto l’intero mistero della nostra salvezza: in esso c’è il mistero della morte che dona la vita, c’è l’amore che altro non brama che donare tutto se stesso, c’è il memoriale della sua passione e l’anticipazione della gloria futura che è la Resurrezione di Gesù nella quale si trova inclusa anche la nostra. In esso Gesù muore, risorge e diventa speranza della nostra vita, caparra della nostra gloria futura, ancor prima che questi eventi abbiano a compiersi.

L’eucaristia ci porta a contemplare la Croce; ci aiuta ad attraversarla, sapendo di non essere più soli, perché già Gesù l’ha attraversata per noi; ci aiuta, la sera del Sabato, durante la grande veglia, a comprendere che tutta la storia della nostra salvezza è ricapitolata in Gesù Cristo; racchiude in sé il grido di gioia pronto ad esplodere nella Pasqua del Signore

Domenica delle Palme
 
Cammino verso la pasqua, per spezzare


il pane, 


contemplare il Crocifisso


attendere il Risorto, 



innalzare l’inno di lode e di adorazione


e unirsi alla gioia di tutta la terra, 



che scende dal Cielo.




venerdì 11 marzo 2016

La misericordia divina è più forte del peccato degli uomini". Papa Francesco


«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».

Domenica quinta di quaresima – Anno C



Dal vangelo secondo Gv 8,1-11

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

Parola del Signore!

Enzo: Il racconto comincia di sera, dopo una giornata di insegnamento nel tempio: ciascuno tornò a casa sua e Gesù raggiunse il monte degli Ulivi, come era solito fare, secondo Luca. Di buon mattino è di nuovo nel tempio e insegna al popolo, cioè interpreta la legge con sapienza, Gesù è riconosciuto Maestro. E come Maestro è sottoposto da scribi e farisei a un suo pronunciamento circa l'adulterio commesso da una donna che i dottori della legge condussero davanti a lui.

Il parere chiesto a Gesù non è chiaro.
Secondo Lev 20,10 l’adulterio comporta la condanna a morte senza che sia specificato il modo: “Chiunque commetta adulterio con la donna del suo prossimo, siano messi a morte l’adultero e l’adultera”.

Nel Deut 22, 23-24 viene precisata la lapidazione per il caso di una donna vergine, cioè non sposata: “Se una giovane vergine è fidanzata a un uomo, e un altro uomo la trova in città e giace con lei, li condurrete fuori tutti e due, alla porta di quella città, e li lapiderete; moriranno, la giovane perché non ha gridato nella città (cioè ha acconsentito), l’uomo perché ha umiliato la donna del suo prossimo”.
 
Possiamo dedurre che la donna adultera di Giovanni doveva essere lapidata perché era vergine non sposata, fidanzata, perché solo per la fidanzata infedele era prevista la pena della lapidazione. Potrebbe dunque trattarsi di un linciaggio spontaneo, perché al Sinedrio era stato proibito dai Romani condannare a morte qualcuno e a questa condanna Gesù era invitato a dare la sua adesione. 
 
Annota Giovanni: “Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo” Accusarlo di cosa? Un tranello!
Se Gesù approvava la lapidazione richiesta dalla legge mosaica, non solo si ribellava al potere romano (che era il solo a eseguire una condanna di morte), ma nello stesso tempo cadeva in contraddizione con la parte più innovativa del suo insegnamento che parlava di un Dio misericordioso alienandosi la simpatia della gente, ma nel contempo, non approvando la condanna, disubbidiva alla legge di Mosè.

Il testo sembra un po' frettoloso, forse per incentrare meglio il racconto su Gesù sottoposto a una prova difficile che mostrerà o la sua debolezza o la sua forza.
Gesù osserva dei momenti di silenzio: “Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra”, un diversivo per far riflettere gli accusatori, forse perché

-mancavano i testimoni, come prevedeva Dt 17,7, che dovevano essere loro a scagliare la prima pietra contro il trasgressore della legge condannato alla lapidazione. La mano dei testimoni sarà la prima contro di lui per farlo morire; poi la mano di tutto il popolo” (Dt 17,7).
- mancava anche l'uomo con cui essa ha peccato e che doveva essere ben più responsabile di lei e lapidato anche lui.


Immagino il silenzio assoluto degli accusatori alle parole di Gesù: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”.

E mentre Gesù continuava a scrivere per terra “Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo”.
Commenta Sant'Agostino: “ Rimasero in due, la misera e la misericodia”.

Va' e d'ora in poi non peccare più”: nessuna condanna. Le uniche parole della donna furono: nessuno mi ha condannata. Non ha espresso sentimenti di perdono, le sue parole, possiamo immaginare, esprimono gratitudine, ringraziamento, respiro di sollievo.

La risposta di Gesù è apertura verso la vita e non chiusura nella morte, non è di condanna ma di comprensione, non ha fatto la “romanzina”, come forse avremmo fatto noi.
La morale del racconto è chiara: la legge non è cancellata, il peccato rimane peccato, ma Dio offre sempre la sua misericordia al peccatore affinché si stacchi dal suo peccato. La legge, cioè, è diventata “umana”, cammino di vita e di riscatto e Gesù si è rivelato come maestro di saggezza e di umanità. 
 
                                         In Gv 12,47 leggiamo:  Se qualcuno ascolta le mie parole 
 
e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono 

venuto per condannare il mondo, ma per salvare il 

mondo”. 
 


E' proprio vero che ogni pagina dei vangeli è lezione di amore e misericordia: è da stolti non seguire Gesù.
" La misericordia può guarire le ferite e può cambiare la storia. Apri il tuo cuore alla misericordia! La misericordia divina è più forte del peccato degli uomini". Papa Francesco 

 
Mariella: Volevano fare cadere Gesù in una trappola.
"Ma Gesù si chinò e cominciò a scrivere con il dito per terra". La risposta di Gesù è dunque accompagnata dal silenzio: Egli compie un gesto simbolico: si china e segna col dito la terra. Riporto una frase che mi ha particolarmente colpito leggendo un commento a questo brano.

- La Legge nuova è scritta da Colui che si è abbassato per scriverla sulla fragilità della terra, non più sulla durezza di tavole di pietra -

"Ma siccome quelli insistevano nell'interrogarlo, Gesù si alzò e disse: Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra".
Ora Gesù si alza per rispondere a quanti insistono, esprime il suo giudizio, non per condannare, ma per insegnare, perché ciascuno prenda coscienza di se stesso e con estrema verità valuti la colpa di quella donna. Infatti non può esserci giudizio verso l'altro se non si giudica prima di tutti il proprio operato, la propria fragilità, la propria colpa. “Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei”.

Poi Gesù si china di nuovo e continua a scrivere sulla terra: continua il suo segno profetico. Nel silenzio ricomincia a scrivere per terra, ed accade qualcosa di nuovo: "se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani".
"Lo lasciarono solo"


Ecco la solitudine di Gesù: Lui solo è la vita della comunità, Lui solo è l'amore che perdona. Nessuno nella comunità può sovrapporsi a Lui: Lui solo è la Legge "nuova".Lui solo ha il potere della verità.

"E la donna era là in mezzo": non è più in un tribunale, sotto accusa, ma è al centro dell'amore; non è più l' "adultera", ma è la donna a cui è stata restituita la dignità di figlia, non è più oggetto di giudizio, ma un soggetto che parla, che risponde a Colui che la interroga senza disprezzo, ma con amore.
Infatti la logica di Gesù non è la condanna: Egli conosce il peccato ma sa che l'unico rimedio è l'amore per il peccatore, l'unica medicina è il perdono che tocca il cuore e rigenera, perché chi ha sbagliato non cada più nell'errore.


In questo sta il potere di Gesù, restituire la vita a chi l'aveva persa a causa del peccato. Nessuno è più forte di Lui, Egli ha vinto la morte con a vita, ha vinto le tenebre con la Luce, non esiste manifestazione più grande della sua regalità.

Bellissima la conclusione del brano, Gesù rivolto alla donna dice: “và e d'ora in poi non peccare più”. In queste parole c'è tutto l'amore di cui Egli è capace, amore che rivolge anche a ciascuno di noi, che nella nostra umanità sentiamo i limiti del nostro andare, un andare carico di errori, spesse volte voluti e ripetuti, ma sempre perdonati da Colui che ci ha amati per primo. 
 
Và, guarda avanti, non voltarti indietro, Dio ti ha rigenerato nel perdono, ha fatto di te una cosa nuova, ha aperto una strada nel deserto del tuo cuore. 
 
Nella seconda lettura di domenica prossima san Paolo nella lettera ai Filippesi dice: “dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta”.
 Ecco ciò che siamo chiamati a meditare. Il perdono che abbiamo ricevuto annulla il passato e apre al futuro, apre alla riconciliazione con i fratelli, apre all'amore vicendevole. Ogni discepolo sperimentando l'amore misericordioso del suo Signore, è invitato a cambiar vita, a non peccare più, a non giudicare, ma ad amare , e amando salvare i fratelli che vivono nel peccato. Solo così potremo raggiungere la meta e ottenere il premio che Dio ci chiama a ricevere lassù.






sabato 5 marzo 2016

Oggi siamo invitati a condividere la gioia del Padre misericordioso che accoglie e fa festa.


Rallégrati, Gerusalemme,e voi tutti che l'amate, riunitevi.

Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:

saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione.

Domenica quarta di quaresima – ANNO C


Dal vangelo secondo Lc 15,1-3.11-32


Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:


«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».

PAROLA DEL SIGNORE!
L'evangelista introduce questo capitolo con una annotazione molto importante: ci ricorda che l'accoglienza dei peccatori era un comportamento abituale di Gesù, e non poteva essere altrimenti essendosi fatto uomo per salvare l'uomo: possiamo dire con convinzione moderna che Gesù ci offre l'intima natura, il perfetto esempio della Buona notizia: nel Dna di Dio c'è scritto MISERICORDIA.


Gesù accoglie i peccatori e mangia con loro e questo gli procura critiche e mormorazioni: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Peccatori e pubblicani si avvinano a Gesù per ascoltare la sua parola, farisei e scribi si avvicinano per denigrarlo. Due atteggiamenti diversi: da una lato persone semplici che, anche se peccatori, cercano Verità, dall'altra gente di “Chiesa” brontola per l'operato di Gesù. Cambiano i tempi, cambiano gli uomini ma si ripetono queste posizioni contraddittorie. Spesso coloro che ci chiamiamo giusti, perché osservanti, non accettiamo il comportamento benevolo di Dio verso i peccatori invochiamo il castigo, vorremmo un padre più severo, più giudice e meno padre.

 La Chiesa tutta chieda perdono per le deviazioni storiche del messaggio misericordioso annunciato da Gesù.
Gesù vede, ascolta, non ribatte le parole dei dottori della legge, racconta invece questa meravigliosa parabola, che tante volte abbiamo letto, commentato, ascoltato nelle prediche. Una parabola che tutti possono capire se uomini di buona volontà. Una parabola valida per tutti i tempi che ci parla della gioia di Dio, la festa di Dio.

Sono parole di Gesù:


Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza”.

C’è gioia davanti a Dio per un solo peccatore che si converte”.


Facciamo festa, poiché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita”.


Siamo chiamati, on questa quarta domenica di quaresima a concentrarci sulla gioia di Dio per la conversione del peccatore, a raccontare ciò che prova Dio, non ciò che il peccatore deve fare , niente moralismo dunque, quel moralismo predicato al posto della Parola da annunciare. Gioia per il perdono ricevuto grazie alla Pasqua di Gesù che è più vicina.
E' proprio questa la novità della rivelazione evangelica che Gesù ci ha portato e continua a portarci ogni volta che leggiamo la sua Parola: il comportamento di Dio! Il comportamento del Papà dei papà per mezzo di Gesù. Oggi siamo invitati a condividere la gioia del Padre misericordioso che accoglie e fa festa.


Al centro di questa parola che la liturgia ci propone c'è sempre la figura del Padre al centro: un padre e due figli dei quali uno “peccatore” e l'altro “giusto”.


Il Padre: ciò che lo addolora è che il figlio sia lontano, a disagio. Gioisce del ritorno del figlio e come sempre quella casa è ancora la casa del Figlio.


Il figlio minore: va lontano dal padre perché vuole organizzarsi una vita indipendente, non vuole sottostare al padre, lo stare in casa gli pesa. Si allontana e sperpera in poco tempo ciò che aveva chiesto e ottenuto facendo la bella vita


Ma è questo il suo peccato? No, non è la vita libertina condotta lontano da casa, ma il pensare alla casa del padre come una prigione, la presenza del padre come insopportabile, l'allontanamento come libertà in una sola parola: peccato di infedeltà, il peccato che rompe ogni legame, ogni alleanza, ogni affetto, l'idolatria di ieri e di oggi.


Quando arriva il momento della solitudine, sente l'umiliazione di pascolare i porci e il disagio del castigo che da solo si è inflitto. Pensa al Padre lontano. ma non esprime grandi sentimenti di pentimento; è una conversione a sé, più che al Padre, intuisce il vero proprio interesse. La fame gli fa capire che ha sbagliato nel valutare le cose; è l'inizio di un cammino, decide di tornara dal padre ritenendosi indegno del suo perdono, disposto a riconoscere il proprio errore e ad assumere tutte le conseguenze, prima fra tutte la perdita del suo rapporto di figlio. 
 


Il Figlio maggiore: mostra fedeltà al padre per il suo comportamento a fianco del padre, ma si irrita per il trattamento riservato al figlio minore, suo fratello, fratello peccatore trattato meglio di lui, fratello perdonato prima ancora del suo pentimento: é un padre che non tiene conto della sua fedeltà:

«Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha, divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso» 

Questo figlio non gode del ritorno del fratello minore, della gioia del padre; non conosce l'amore paterno, la sua compagnia è una fatica. Eppure è un figlio osservante, giusto agli occhi degli uomini. Somiglia tanto agli scribi e farisei che abbiamo visto mormorare perché Gesù accoglieva i peccatori.


C'è da pensare che il figlio maggiore non si è lasciato convincere dal Padre, non ha partecipato alla festa: la conversione del “giusto” è, a volte, più difficile di quella del peccatore. E questo ci lascia un po' di tristezza addosso...


Noi uomini e donne, giovani, discepoli di Gesù quante volte facciamo la morale, giudichiamo gli altri, chi ci è vicino, pur sapendo che abbiamo un unico Giudice che si rivelerà tale solo alla fine della nostra vita e che finché il nostro cuore batte Lui spera sempre e chi spera ama e dona amore?




Mariella: Diamo uno sguardo al comportamento dei personaggi che Gesù ci pronone in questo brano di vangelo, in questa domenica quarta di quaresima: tre personaggi che possiamo identificare con Dio Padre misericordioso nel padre benestante, e di due figli che possiamo identificare con l'umanità.

Ci sono poi altre figure di minore importanza che non hanno un ruolo attivo, ma che sono venuti per ascoltare le parole di Gesù: pubblicani, peccatori, farisei e scribi.

Esaminiamo il figlio minore.
Chiedere l’eredità prima della morte del padre da parte di un figlio è un grave comportamento che evidenzia come il padre non conti nulla per lui. Lo dà già per morto. Il padre accoglie la richiesta del figlio e non sembra indignato: lo lascia nella sua libertà.   La parte di eredità che spetta al figlio minore è di un terzo dei beni, mentre al figlio maggiore, il primogenito, per legge spettavano i due terzi.

Il figlio vende i beni, li tramuta in denaro e se ne va in un paese lontano. In questo paese è sopravvenuta una carestia, il ragazzo riesce a trovare un lavoro inammissibile e il colmo della degradazione per un ebreo: pascolare maiali che erano ritenuti animali immondi (Lv 11,7)



Il testo ci dice che ciò nonostante, neppure con questo lavoro il giovane riesce ad avere il necessario per vivere e patisce la fame.

Mangerebbe anche solo il cibo dei porci, ma non gli viene dato neppure quello. Giunto a questo punto egli rientra in se stesso. Ricorda come i dipendenti nella casa del Padre avessero cibo in abbondanza. Decide perciò di mettersi in cammino, di percorrere all’inverso la strada della libertà che aveva scelto all’inizio,  tornare alla casa del padre, chiedendo non di essere riconosciuto come figlio, ma di poter lavorare come servo, perché comprende che la sua casa è nella casa del padre, che la vera libertà sta nell’essere in quella casa.    Rifiutando l’amore del padre, allontanandosi dalla casa paterna per rivendicare la sua autonomia ha compiuto il peccato di orgoglio di Adamo nel giardino, quando ha rinnegato l’amore del Creatore per impossessarsi di una falsa libertà.


Il padre gli corre incontro, prova tenerezza, è una tenerezza che zampilla dal punto più profondo del suo essere misericordia. Lo abbraccia e lo bacia con una delicatezza indescrivibile.    Il figlio avrebbe voluto inginocchiarsi, forse perché temeva un padre giustiziere, ma l’abbraccio e il bacio glielo impediscono.

Allora il figlio confessa la sua colpa, ma il padre non lo lascia neanche finire la frase, chiama un servo e gli ordina di portare la veste migliore, gli fa mettere l’anello al dito, segno del riconoscimento della sua dignità di figlio, i sandali ai piedi scalzi che portavano gli uomini liberi e non schiavi.   E poi c’è subito il banchetto con il vitello grasso.

Gesù propone spesso nelle sue parabole il banchetto come segno escatologico; in cielo mangeremo insieme.

Il figlio maggiore torna stanco dai campi e sente il suono delle musiche e della festa. Decide di non entrare e si informa da un servo, s'indigna e non vuole partecipare alla festa, espressione di una religiosità che non conosce: la misericordia e le esigenze dell’amore. Si lamenta con il padre che, a suo dire, non lo ha mai trattato così bene come sta facendo ora col figlio minore.
Non ha ricevuto nulla “ di più “ per la sua fedeltà e per il suo continuo impegno nel lavoro. Non è il padre che lui vuole, anzi, a dire il vero, non lo ha mai accettato avendo con lui solo un rapporto di “servilismo senza un rapporto filiale“.

Il padre cerca in tutti i modi di convincerlo che non è come lui e gli chiede di partecipare alla sua gioia per la nuova vita del fratello.


Non sappiamo se il figlio maggiore abbia poi accolto le parole piene di amore del padre…….. La parabola rimane……..aperta



 Ogni parabola non è rivolta solo alle persone di quel tempo, ma la Parola di Dio interpella me, te, noi, oggi.



Da un commento di Padre Augusto Drago (conclusione)

Fratelli e sorelle, quello che la Liturgia ci propone è la parabola che di gran lunga ha avuto

maggiore eco nel mondo della letteratura e dell'arte.

A tutti, figli maggiori e minori, Gesù stasera dice a noi:

Grande è l'Amore del Padre per tutti i suoi figli, quindi anche per noi.

Perché allora stare così freddi, ingrati, egoisti, sicuri di noi stessi?

Come mai il nostro cuore non gioisce di tanta ricchezza ed abbondanza d'amore?

Siamo chiamati a trasalire di gioia per essere stati perduti e poi trovati.

Forse non ne siamo del tutto capaci perchè non abbiamo mai sentita la lontananza dal

Signore, dal Padre, come l'hanno sentita i grandi santi convertiti.

Forse anche perché la nostra vita cristiana si trascina alla meno peggio, come tutti, senza

sussulti e rimpianti.

Una vita cristiana "normale"!No! fratelli e sorelle!

Il racconto si arresta bruscamente.

Il figlio maggiore deve ora decidere se partecipare alla festa.

Che cosa farà?

L'esito rimane aperto e, di conseguenza, questa domanda diventa nostra!

Come risponderemo? Andremo alla festa o no?