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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


sabato 26 dicembre 2015

La scappatella di un dodicenne,ormai figlio della legge, chiamato Gesù


Festa della Sacra Famiglia

PRIMA DOMENICA DOPO NATALE – ANNO C


Dal vangelo secondo Lc 2,41-52

I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Parola del Signore!

Ci scusiamo con i nostri amici che ci seguono ogni domenica se non proponiamo le nostre riflessioni sul brano evangelico di questa prima domenica dopo Natale. Abbiamo fatto festa anche noi e non potevamo farne a meno data l'importanza della festa del Natale di Gesù. Ma non vi lasciamo soli.
Mariella ha trovato il tempo di andare a ripescare un commento di Padre Augusto Drago, che già conoscete e lo proponiamo alla vostra e nostra riflessione.
Enzo, per non essere da meno, è andato a spulciare tra le parole di Papa Francesco sulla Sacra Famiglia.  (Angelus del 28/12/2014)
Dunque vi proponiamo le parole di due persone molto autorevoli che la sanno molto più lunga di noi per saggezza , esperienza e pietà.

Padre Augusto Drago

L'episodio del vangelo di questa domenica, l'ultimo, nel vangelo di Luca che parla dell'infanzia di Gesù. E' ricco di significato e carico di allusioni al mistero Pasquale di Gesù.
Gesù era ormai dodicenne. A quell'età secondo la tradizione giudaica si diventa "figli della Legge".
Gesù, con Giuseppe e Maria, venne portato nel giorno di Pasqua a Gerusalemme perché, attraverso un particolare rituale, diventasse "figlio della Legge".
Diventare "figlio della legge" significava che da ora in poi Gesù in tutto e per tutto, era come i pii giudei, sottomesso alla legge.
E' significativo che questo avvenga il giorno di Pasqua.

Giovanni nel suo Vangelo, sottolinea che con Gesù incomincia la Pasqua cosidetta di Gesù e cessa quella degli ebrei. Pur sottomesso alla legge, Gesù viene a portarla a compimento, e ad aprirle nuovi spazi: quelli della salvezza.

Poi abbiamo la seconda scena. I suoi genitori partono e Gesù, di nascosto, rimane a Gerusalemme nel Tempio a parlare, Lui dodicenne, con gli scribi e i dottori della Legge.
Tutti rimangono stupiti della sua Sapienza.Luca in tal modo ci prepara alla prima grande autorivelazione di Gesù che è al tempo stesso autocoscienza di ciò che Egli stesso è.

Com'è potuto accadere che i suoi genitori non si siano accorti dell'assenza di Gesù?
Siccome sulla via del ritorno si procedeva a carovane formate da parenti ed amici, Giuseppe e Maria pensavano che Gesù fosse in un'altra carovana.Ma presto si rendono conto che le cose non stanno così. Disperati pensano di aver perso il loro figlio, allora tornarono indietro. E dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio che parlava e discuteva, possiamo dire alla pari, con i dottori e maestri.
Tutti lodavano ed ammiravano la conoscenza di Gesù e la sua sapienza. Certo una conoscenza ed una sapienza delle cose di Dio che non poteva non provenire da Dio stesso.

"Figlio, perché ci hai fatto questo?" E' il velato ed angosciato grido di Maria!
Ma Gesù dona una risposta autorivelante: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Fermiamoci qui un istante a riflettere.

Dunque tre giorni dopo Gesù fu trovato nel tempio, nella casa del Signore.
Tre giorni Gesù resterà nelle viscere della terra a Pasqua, e poi andrà, risorto, nella casa del Padre suo, seduto glorioso alla sua destra! Ecco che i due punti, i due estremi di Gesù si toccano. Tra questo momento e la sua Pasqua si trova inclusa tutta la vita di Gesù che è un cammino verso la Pasqua!

Maria e Giuseppe non comprendono....In realtà Gesù sta dicendo qualcosa che per essere compresa ha bisogno di un lungo cammino di fede. Qui, come ricorda il santo Padre Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater, Maria comincia il suo pellegrinaggio di fede, che già aveva avuto un preambolo nel giorno della annunciazione, e terminerà in pienezza di luce ai piedi della croce, a Pasqua, la Pasqua di Gesù.
Dunque Gesù manifesta chi veramente Egli è: egli appartiene alla famiglia trinitaria.

Quella è la sua patria di origine. E ciò nonostante appartiene ad una famiglia umana.
Grande mistero di fede! E quale fede!
Guardate fratelli e sorelle come conclude il testo.Maria non aveva compreso, ma conserva tutto nel cuore: "Sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore!

La fede è non comprendere e custodire nel cuore ciò che non si è compreso. E' un pellegrinaggio che ci conduce, come Maria, nello Spirito Santo, alla pienezza della conoscenza!

D'altra parte come sarebbe il credere se si vedesse chiaramente il mistero?
Conservare nel cuore: significa meditare tutta la vita! Senza meditazione la vita spirituale, muore, la linfa dello Spirito si essicca, l'albero diventa infruttifero!
Così corriamo noi questo rischio quando non prendiamo sul serio il credere "senza vedere" come dirà Gesù a Tommaso. Attenti dunque.

Il racconto si chiude con un'altra stupenda pennellata di Luca.
"Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso, crescendo in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini".
Dio sottomesso! Questo è il nostro Dio che si è fatto carne! Un Dio sottomesso non solo ai genitori, ma anche alle leggi della natura: "cresceva" in età, alle leggi dell'apprendimento: "cresceva in sapienza e grazia”.

Un Dio sottomesso! Pensateci per favore, fratelli e sorelle!
Che cosa potrà mai dire a ciascuno di noi questo mistero?La sottomissione genera comunione, semplicità di vita, umiltà, bellezza nello stare insieme uniti da quell'amore che fa di una famiglia una vera famiglia: luogo del dialogo, della comunione e del reciproco servizio.

Ci possiamo confrontare con questo grande mistero? 
 

Papa Francesco

Riportiamo alcuni stralci delle sue parole, molto toccanti, pratiche, rivolte alle famiglie di oggi, alle loro gioie, ma anche alle loro sofferenze, senza dimenticare nessuno

Il Bambino Gesù con sua Madre Maria e con san Giuseppe sono un’icona familiare semplice ma

tanto luminosa...luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni

uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie”.

Questa luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l’armonia, manca il perdono. La nostra concreta solidarietà non venga meno specialmente nei confronti delle famiglie che stanno vivendo situazioni più difficili per le malattie, la mancanza di lavoro, le discriminazioni, la necessità di emigrare… “

"E qui ci fermiamo un po’ e in silenzio preghiamo per tutte queste famiglie in difficoltà, siano difficoltà di malattia, mancanza di lavoro, discriminazione, necessità di emigrare, siano difficoltà a capirsi e anche di disunione. In silenzio preghiamo per tutte queste famiglie…"

Nella prima domenica dopo Natale, – dice Papa Francesco- mentre siamo ancora immersi nel clima gioioso della festa, la Chiesa ci invita a contemplare la Santa Famiglia di Nazaret”. E Papa Francesco porta il pensiero a quella che definisce la “piccola famigliola di Giuseppe, Maria e Gesù, “in mezzo a tanta gente, nei grandi cortili del tempio”, che “non risalta all’occhio, non si distingue… Eppure non passa inosservata!” 

Ricorda i due anziani, Simeone e Anna, mossi dallo Spirito Santo, che si avvicinano e si mettono a lodare Dio per quel Bambino, nel quale riconoscono il Messia, luce delle genti e salvezza d’Israele. “È un momento semplice ma ricco di profezia” - dice Papa Francesco - che avviene intorno a Gesù:
Gesù li fa incontrare: i giovani e gli anziani. Gesù è Colui che avvicina le generazioni. E’ la fonte di quell’amore che unisce le famiglie e le persone, vincendo ogni diffidenza, ogni isolamento, ogni lontananza”.

Parlando della famiglia non poteva mancare un pensiero particolare ai nonni:
Questo ci fa pensare anche ai nonni: quanto è importante la loro presenza, la presenza dei nonni! Quanto è prezioso il loro ruolo nelle famiglie e nella società! Il buon rapporto tra i giovani e gli anziani è decisivo per il cammino della comunità civile ed ecclesiale E guardando a questi due anziani, questi due nonni – Simeone ed Anna –  salutiamo, con un applauso, a tutti i nonni del mondo!”.

Il messaggio che proviene dalla Santa Famiglia – spiega Papa Francesco - è anzitutto un messaggio di fede. “La Famiglia di Nazaret è santa perché è centrata su Gesù”:
Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, possiedono un’energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia, ad esempio nell’evento drammatico della fuga in Egitto: una dura prova.”.



giovedì 24 dicembre 2015

Dio diventa uomo perché, l’uomo, finalmente, impari a diventare uomo.

Carissimi amici che avete fatto e fate un cammnino evangelico ogni domenica, e riflettuto con noi, Mariella ed io vi auguriamo un sereno,lieto, gioioso, cristiano Natale. Sì, e lo sottolineamo, cristiano natale , perchè dopo aver letto queste pagine saremo del parere che forse, forse ci hanno rubato il vero natale; senza accorgercene abbìamo perso quel sapore di semplicità e tenerezza che il Bambino Gesù donava ai nostri occhi e al nostro cuore, quella voce che cantava consapevolmente la gioia della festa per la nascita del nostro Redentore.
Possano queste pagine farci cambiare rotta, farci rivivere la vera gioia che solo un Bambino appena nato dona sempre.


NATALE 2015
Luce nelle tenebre , di Paolo Curtaz


È bellissimo il Natale. Bello e intenso.
Bello perché smuove il bambino che è in noi.
Perché fa riaffiorare i ricordi d’infanzia.
È bellissimo il Natale: è la festa dei bambini e dei loro sogni, della loro innocenza, prima che essa
venga travolta dagli affanni della vita e dalla consapevolezza del dolore.
È la festa del bambino che è ancora in noi, che osa sognare, che si lascia coinvolgere ed entusiasmare dalla famiglia radunata attorno al fuoco del caminetto o intorno al tavolo apparecchiato con la tovaglia delle feste e le candele colorate.

È bello anche se, una volta diventati adulti, le sofferenze della vita ci amareggiano e ci rendono più duri e disillusi, disincantati e, Dio non voglia, cinici. Ma, nonostante il fermo proposito di non lasciarci coinvolgere dal clima natalizio, può succedere che la nostra scorza si incrini appena un’immagine, un odore, un suono ci raggiungono e ci sprofondano nell’infanzia vissuta.
O desiderata.
Come se una chiave aprisse una porta spalancata su un mondo meraviglioso di felicità intensa e inattesa. Perciò è così bello il Natale. Ogni Natale. Nonostante tutto.

Ma
È terribile il Natale. Orrendo e straziante.

Perché il clima di famiglia e di armonia, di forti emozioni e di sentimenti positivi che richiama, per molte persone, è insopportabile. Insostenibile. Una tragica illusione, una chimera. Un autentico strazio. Sanguinante.
Per quanti passano il Natale da soli in casa, senza festeggiare, o invitati all’ultimo momento da un lontano parente, per quanti non ricevono regali. Per chi ha sperimentato il lutto o la sofferenza. Per chi ha accanto una persona che non ama più, per chi aveva accanto a sé una persona che amava e che ora se n’è andata.
È un abisso il Natale, con tutte le immagini patinate che ci giungono dalla televisione e che sembrano dire una cosa sola: oggi tutti sono felici e spensierati, tranne te.
E, allora, speri solo che passi, che arrivi l’Epifania.
Cerchi di gestire l’ansia, perdi lucidità e tutti i ragionamenti che fai non servono a lenire il dolore. Come un brutto raffreddore dell’anima, aspetti solo che se ne vada, che si spengano le luminarie e si riportino in cantina addobbi e alberi. E speri di riprendere a lavorare, di tornare a scuola, di sentire finalmente sparire dalle labbra dei conoscenti l’augurio rituale.

Fra parentesi
Voglio mettere fra parentesi le mie emozioni. Voglio capire cosa è venuto a fare Dio nella Storia. Nella mia vita. Nella mia inutile vita. Voglio riscoprire tutta la stupenda pazzia di un Dio che diventa uomo. Per imparare ad essere uomo fino in fondo. Voglio riscoprire la leggerezza di Dio.
Perché Dio si è fatto uomo?

È la domanda che si è posto un famoso teologo medioevale, un monaco, sant’Anselmo di Aosta.
Ma è la domanda che vogliamo che emerga in questo nostro Natale.
Perché, ad essere onesti, dobbiamo ammettere che il Natale un po’ ci è stato rubato.
E, tragicamente, non abbiamo nemmeno sporto denuncia, non ci siamo mossi per cercare di recuperarlo. In fondo va bene così come è diventato: la festa della bontà più zuccherosa e banale, un collettivo e vago richiamo alla tenerezza che si dimentica il giorno dopo, l’apoteosi dei luoghi comuni sulla famiglia, sul volersi bene, sull’emozione natalizia…





Sì, Dio si è fatto uomo.

Visto che non riuscivamo ad avere un’idea corretta di Lui, come scrive il teologo san Tommaso d’Aquino. Nonostante i profeti. E le Scritture. E le meraviglie del cosmo. E la coscienza che, dalla nascita, si stupisce dell’esistente senza darsi una risposta.
Nonostante tutto eravamo zoppi e ciechi, incapaci di capire. Un passo avanti e dieci indietro.
Stupiti dal volto di Dio rivelato dai profeti biblici, salvo poi stravolgerlo e piegarlo ai nostri appetiti, alle nostre paure, alla menzogna.
Un Dio diventato idolo e fantoccio per giustificare le guerre e mascherare le ingiustizie.
Dio non ne poteva più di essere continuamente sfigurato.
Così ha deciso. È venuto per raccontarsi. Così che nessuno potesse più mistificare il suo vero volto.
O, almeno, quella era l’idea.

Luce e ombra
È che spaventa quel neonato. Irrita. Disturba.
Ci inquieta anche solo immaginare che Dio, davvero!, abbia deposto il suo abito di eternità per rivestire quello lacero e sporco dell’umanità. Se preso sul serio, il Natale ci mette in crisi.
Ci interroga.
Dio che si fa accessibile, incontrabile, neonato fragile e indifeso, demolisce i nostri infiniti pregiudizi su Dio.
Dio è lontano. Dio si disinteressa di noi. Dio è misterioso e cupo, lunatico e incomprensibile.
Dio vede e non interviene, lascia morire di fame i bambini.
 
Dio non ferma le guerre e i terroristi. Dio fa morire di cancro la giovane mamma e tiene in vita l’omicida spietato.
Un Dio pasticcione e inquietante. Anche quello dei cattolici che credono senza mai porsi una domanda, senza un fremito, senza un sussulto, senza una domanda. Credono come le pietre, non saldi, ma freddi e inanimati.
Cos’ha a che vedere, questo neonato che si allatta all’acerbo seno di un’adolescente, con l’orribile idea di Dio che portiamo nel cuore?
 
Eppure Dio è diventato uomo esattamente per cambiare la nostra vita. Per svelarci chi è lui. Perché vedendo lui, capiamo chi siamo noi. Chi sono io.
Impasto di fango plasmato ad immagine di Dio. E riempito d’anima.
Dio diventa uomo per salvarci dai peccati, come hanno scritto i padri della Chiesa latina.
Dio diventa uomo perché l’uomo diventi come Dio, come hanno scritto i padri della Chiesa d’Oriente.
Dio diventa uomo, aggiungo, perché, l’uomo, finalmente, impari a diventare uomo.
 




PAOLO CURTAZ , Scrittore e teologo, pubblica libri di spiritualità in diverse lingue e per diversi editori. Si definisce scherzosamente evangelizzatore free-lance.


sabato 19 dicembre 2015

L'incontro di due cugine benedette da Dio



L'incontro di due madri in attesa, diventa l'incontro del frutto che hanno in grembo

QUARTA DOMENICA D'AVVENTO – ANNO C




Dal Vangelo scondo Luca 1,39-45


In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».



Parola del Signore!

Mariella: La liturgia della quarta domenica di Avvento ci introduce ormai al mistero del Natale, mistero di un Dio che s'incarna in una donna, mistero di una vita che si fa dono, mistero di una vita nello Spirito, che ha in Maria la sua piena realizzazione.
Nel Vangelo dell'Annunciazione che abbiamo ascoltato nella festa dell'Immacolata vi è l'incontro fra il Creatore che interpella la volontà umana e la creatura che offre la sua disponibilità incondizionata. La Visitazione di Maria ad Elisabetta è la logica conseguenza di ciò che significa fare la volontà divina, ossia quando Dio fa irruzione nella vita di una persona, questa non può far altro che “alzarsi e correre” per annunciare ciò che è avvenuto in lei, è l'ansia missionaria di chi, abitato dallo Spirito Santo, sente forte il desiderio di portare ad altri la lieta notizia.

Alzarsi è anche il verbo della resurrezione e la fretta di Maria è simile a quella delle donne che all'alba del giorno della Pasqua trovano il sepolcro vuoto e corrono per dare la notizia agli undici apostoli.
Il brano evangelico è di una bellezza unica, l'incontro di queste due donne che portano la vita nel loro grembo, Maria sorpresa dalla sua inattesa maternità ed Elisabetta sconcertata per una maternità da tutti ritenuta impossibile. In queste due creature sono presenti tutti i sentimenti possibili: lo stupore, il turbamento, la meraviglia, la paura, il desiderio di condivisione, la gioia ed il ringraziamento. Sono sentimenti umani che raggiungono il loro apice nell'incontro dei loro cuori.

Maria entra nella casa di Zaccaria e saluta Elisabetta, non sappiamo con quali parole la saluta, sappiamo però che la sua presenza, la sua grazia, la sua bellezza, l'amore che porta in sé fanno sussultare di gioia il bambino nel grembo di Elisabetta. Non vi è nulla di particolare in questo saluto, tutto è normale, eppure tutto diventa nuovo, tutto si riempie di mistero, tutto è pervaso dallo Spirito di Dio.

Ormai lo Spirito è operante, trasforma la vita di ogni persona che si apre alla volontà di Dio. Elisabetta finalmente è liberata dalla sua solitudine ed angoscia, si era nascosta per cinque mesi, l'incontro con Maria la riempie di gioia, finalmente è finita la tristezza della donna che non aveva creduto all'amore di Dio.

 Elisabetta è stupita, illuminata dallo Spirito coglie in Maria la presenza operante di Dio ed esclama con parole profetiche: “ Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!” Maria è beata perché ha creduto nell'adempimento della Parola del Signore, ella è credente ed annunciatrice della fede.
Anche oggi Beati sono tutti coloro che credono in Dio, al suo amore, alla sua opera di salvezza e rendono testimonianza della propria fede. Beati anche noi quando crediamo e ci alziamo per correre verso quanti oggi sono bisognosi come Elisabetta di ricevere una testimonianza di fede e di verità!

Ed ora vorrei dare voce a Padre Augusto che ci fa riflettere sulla figura di Maria:

Fratelli e sorelle, se vorremo avere partecipazione alla gloria di Cristo in maniera piena come
Maria, non abbiamo altro da fare, che mantenere salda la lampada della nostra fede in tutte le
stagioni, in tutte le vicende della nostra vita. E' facile credere quando tutto và bene, diventa
meno facile credere, anzi per alcuni addirittura assurdo credere quando tutte le speranze
sono crollate, ma la fede ci fà ripetere le stesse parole dell'angelo a Maria “Nulla è impossibile a Dio” come Dio ha creato dal nulla, così dal nulla può fare risorgere dalle ceneri dei nostri fallimenti una nuova vita, dalle cadute delle nostre speranze un nuovo orizzonte”.

Enzo: L'evangelista Luca misura le parole in questo piccolo brano, indica ogni azione, ogni movimento, incontro, ogni parola come se volesse farci capire l'intensità della gioia che stavano vivendo le due cugine, due anime benvolute da Dio. L'incontro delle due donne incinte permetterà l'unico incontro tra i due nascituri e per noi la gioia del prossimo avverarsi della nostra salvezza.
Dopo la stupenda esperienza di Nazaret che la promuoveva a ruolo di Madre di Dio, Maria non appare una creatura beata in se stessa, isolata nella sua intimità divina, bensì un essere corporeo, fatto di concretezza, di sensibilità e di disponibilità. Ella lascia la mistica tranquillità della sua casa e si mette in strada.

Si alzò, andò in fretta verso la regione montuosa dove si trovava la cugina. Sicuramente non vi andò da sola , forse c'era anche Giuseppe, forse si era affiancata ad una caravana., erano ben 150 KM!Quei due verbi si alzò, andò possono sembrare che Maria agì frettolosamente. Non è questo il modo di agire di una persona “piena di Grazia”. E' lamore che Luca vuole mostrarci, con cui Maria si reca dalla cugina per prestarle aiuto in un momento così delicato e importante.

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta: non perde tempo Maria ad abbracciare la cugina:. IL bambino sussultò nel grembo di Elisabetta. L'incontro tra i due piccoli riempie Elisabetta di Spirito Santo, che profetizza, come a ricambiare il dono della presenza della cugina con una lode “Benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”, il frutto del suo grembo che la rende due volte madre, di Gesù uomo e di Gesù Dio.
Le parole che seguono documentano lo spessore teologico che attraversa i concepiti più che le madri: “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”. Le sue parole ci rivelano il mistero che Maria affidava alla segretezza della sua intimità, e contemporaneamente viene rivelato il rapporto autentico con Dio di Maria, il carisma di essere la “madre del mio Signore”: ancora una volta le parole di Elisabetta apre i suoi occhi e il suo cuore alla devozione verso la fortunata cugina.
L'incontro di due madri in attesa, diventa l'incontro del frutto che hanno in grembo; Giovanni percepisce la presenza del suo Signore l quale preparerà la strada ed esulta, esprimendo con il suo sussultare la gioia a contatto con la salvezza , che Maria potrà formalizzare nel canto che segue, che in questa domenica non leggiamo., il Magnificat.

Maria è la sintesi delle meraviglie che Dio ha sempre fatto nella storia dell'umanità. Maria è capace di leggere la sua personale esperienza e ci è di esempio nel riconoscere la nostra storia personale con Dio e contemporaneamente la storia universale.


Solo così, imitando Maria, la nostra "piccola" storia potrà fermentare la "grande" storia del mondo.



venerdì 11 dicembre 2015

Viene colui che è più forte di me...

Domenica terza di avvento – Anno C

Che cosa dobbiamo fare? Il Messia è vicino.



Dal vangelo secondo Lc 3,10-18

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Parola del Signore!


Enzo: Oggi ci facciamo la stessa domanda delle folle che si avvvicinavano a Giovanni Battista: che cosa dobbiamo fare in questo periodo di attesa del Messia?
La predicazione di Giovanni, secondo l'evangelista Luca è centrata sul battesimo di conversione sul perdono. Il popolo ebreo, da secoli in attesa del Salvatore di Israele, vede nella predicazione di Giovanni l'inizio di un'era nuova a cui bisogna prepararsi con la conversione, con un cambiamento di vita.

Giovanni chiede a coloro che incontra di mutare condotta, di tenere un comportamento che testimoni una vera conversione. Sfilano davanti al Battista tre categorie di persone diverse, che rivelano l'interesse di Luca di comunicare una dimensione universale della redenzione.Che cosa dobbiamo fare, chiedono le folle, i pubblicani, i soldati: una processione di persone appartenenti a diverse categorie sociali.

La folla di Ebrei, forse persone semplici che devono compiere "frutti degni di conversione", cioè che
testimonino un autentico mutamento di vita, un invito alla condivisione dei propri beni, alla pace.

I pubblicani, cioè gli esattori delle tasse e i loro subalterni, sono invitati al rigore della giustizia evitando corruzioni e vessazioni. Pur continuando il loro mestiere sono esortati ad esercitarlo con onestà, affinché non fossero aumentate le tasse a svantaggio della povera gente.

I soldati, non sono biasimati per la loro professione, ma sono invitati al superamento di ogni tipo di violenza, a non abusare della loro autorità per ottenere promozioni o umiliare i poveri.

Il Battista è visto come “Maestro”, forse negli animi di chi lo avvicinava esisteva il dubbio che Giovanni fosse lui il Messia: sarà lui?Ma la figura del Battista è tutta protesa verso un altro personaggio e un altro battesimo "in Spirito Santo e fuoco". Viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
Giovanni, “mandato da Dio, venne come testimone per dare testimonianza alla luce, la luce vera che illumina ogni uomo”.
Nei confronti di Cristo, Giovanni si sente simile a uno schiavo del livello infimo: lo sciogliere il legaccio dei sandali era un atto che un padrone non poteva esigere dal suo servo ebreo, perché considerato troppo umiliante. Giovanni non negò esplicitamnente di essere il messia, tuttavia ne affermò l'autorità presentandolo come il “più forte” che avrebbe purificato dai peccati mediante il dono dello Spirito Santo e come giudice escatologico.
Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Con il battesimo “in Spirito santo e fuoco” si fa riferimento al giudizio finale, che avrebbe attuato il Messia, quale giudice universale per separare i buoni dai cattivi, prima del compimento del regno. Il Messia “pulirà la sua aia per raccogliere il suo frumento nel granaio ( il battesimo in Spirito, per coloro che ascolteranno la sua parola), e brucerà la paglia con fuoco che non si spegne (il battesimo di fuoco, per coloro che non hanno voluto ascoltare il suo messaggio).

Ma il fuoco è anche simbolo biblico dell'amore di Dio che purifica da ogni peccato per chi ritorna a lui; e lo Spirito Santo è la salveza e la vita divina che Gesù conferisce mediante la grazia.
Ecco la vera distinzione e la ricchezza della novità che arrecherà Gesù rispetto al semplice battesimo con acqua “segno” di conversione.

La liturgia di questa terza domenica di Avvento si è aperta con un invito improvviso a gioire. “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto rallegratevi: il Signore è vicino”. Sono parole che l'apostolo Paolo scrive nella lettera ai cristiani della città greca di Filippi e che noi in questa domenica ascoltiamo per esteso nella seconda lettura. La lettera fu scritta dalla prigione, dove l’apostolo era stato rinchiuso a causa della predicazione. Da lì esorta ripetutamente alla gioia. Esortazione giustificata dalla vicinanza del Signore Gesù, la cui venuta alle prime comunità cristiane sembrava dovesse essere prossima.
Invita anche noi a gioire, ancora pochi giorni celebreremo il Natale del Redentore.
La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”


Gioiamo, il Signore è vicino. Rallegriamoci perchè arriva con Lui la salvezza.

Mariella: La terza domenica d'Avvento è chiamata “Gaudente” ossia domenica della gioia e infatti tutte le tre letture sono un invito a rallegrarci nel Signore, a gioire per la sua vicinanza.
Gioisci...esulta...rallegrati...” così grida il profeta Sofonia nella prima lettura, perché “il Signore è in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura, Egli è un salvatore potente.”
Anche l'apostolo Paolo nella seconda lettura ci esorta: “Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto, rallegratevi”
E nel Vangelo, Giovanni il Battista, annuncia la buona notizia della venuta del Signore: “Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me....Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

La vicinanza del Signore è dunque la vera gioia di ogni cristiano, una gioia che nessuno mai potrà toglierci. Lui solo può appagare i desideri più nascosti nel cuore dell'uomo, Lui solo può trasformare la disperazione in speranza, Lui solo può dare un senso alla vita.

In quel tempo le folle s'interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?” Erano folle in attesa, desiderose di capire come orientare la propria vita, come convertire il proprio cuore, perché come dice Enzo Bianchi: la gioia non è soltanto un dono del Signore, ma anche uno stato da ricercare e da conseguire con sforzo e con impegno!

La gioia del cristiano ha un fine! Il fine non e' quello del proprio interesse egoistico, ma quello legato ai fratelli, viene risproposto il tema delle due precedenti domeniche, l'amore deve sovrabbondare sempre! Infatti la gioia è strettamente legata alla carità, perché si è contenti se ci si sente più buoni, più generosi. Amare equivale a condividere la gioia.

La Parola di Dio dunque entra nel cuore e ci fa prendere coscienza del fatto che qualcosa dev'essere cambiato. Noi siamo stati battezzati non solo con acqua, ma nello Spirito di Cristo ed in questo stesso Spirito dobbiamo pensare ed agire.

La risposta che Giovanni da alle folle è semplice e straordinaria: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto.” La condivisione dei beni esige un cuore fraterno.
Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato....non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe...” L'onestà, l'equilibrio nel modo di comportarsi, sono tutti cambiamenti che stanno a significare che un grande rispetto e amore verso il prossimo.

L'attesa del Messia si compie tra carità e giustizia, tra misericordia e rispetto, tra tenerezza e compassione.
Soltanto dando amore agli altri, siamo inondati dalla grazia divina. Questo è quanto il Signore ci chiede nell'attesa della sua venuta. 
 

Vogliamo convertire 


i nostri cuori all'amore?



lunedì 7 dicembre 2015

Buon Compleanno Maria, madre di Dio e nostra

OTTO DICEMBRE FESTA DELL'IMMACOLATA 

CONCEZIONE DELLA VERGINE MARIA



GiovanniTiepolo,Immacolata Concezione









Non tutti sanno che...

Già celebrata dal secolo XI, la solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria si inserisce nel contesto dell’Avvento e del Natale, congiungendo l’attesa messianica e il ritorno glorioso di Cristo con la memoria della Madre. In tal senso questo periodo liturgico deve essere considerato un tempo particolarmente adatto per il culto della Madre del Signore. Maria è la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura. Già profeticamente adombrata nella promessa fatta ai progenitori della vittoria sul serpente, Maria è la Vergine che concepirà e partorirà un figlio il cui nome sarà Emmanuele.



Che cosa vuol dire Immacolata Concezione?

Vuol dire che la Vergine Maria, pur essendo stata concepita dai suoi genitori (sant’Anna e san Gioacchino) così come vengono concepite tutte le creature umane, non è mai stata toccata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

Perché la Vergine Maria è stata concepita immacolatamente

La risposta sta nel fatto che la Vergine Maria non solo avrebbe dovuto concepire il Verbo incarnato e quindi portare con sé, nel Suo Grembo, il Dio fattosi uomo; ma anche perché avrebbe dovuto dare al Verbo incarnato la natura umana. Il catechismo afferma che Gesù Cristo è vero Dio ma anche vero uomo, nell’unico soggetto che è divino. Si tratta dell’unione ipostatica. Ebbene, non si può pensare che Dio, somma perfezione e somma purezza, possa aver ricevuto la natura umana da una creatura toccata –anche se brevemente – dal peccato e, quindi, in quanto tale, soggetta in qualche modo all’azione del Maligno.


Murillo, L'Immacolata Concezione

In che parte del Vangelo si può facilmente dedurre che la Vergine Maria è Immacolata? 

Nell’Annunciazione l’Angelo saluta Maria con l’appellativo “Piena di Grazia”. Tali parole fanno chiaramente capire che non si tratta semplicemente di un saluto rivolto a chi è nello stato di Grazia, ma a chi è totalmente pieno della Vita di Dio, totalmente pieno di questa Vita perché costitutivamente immacolato.


 

Chi ha promulgato il dogma dell'Immacolata?

 Il dogma fu promulgato nella Cappella Sistina dal beato Pio IX l’8 dicembre 1854. Il Pontefice, durante il suo esilio in Gaeta (1849-1851) – dovuto alla Rivoluzione mazziniana che nel 1848-1849 aveva portato alla costituzione della Seconda Repubblica Romana, per sua natura massonica e anticristiana – aveva fatto voto in una cappella dedicata all’Immacolata che, qualora avesse ricevuto la grazia del ritorno a Roma e del ripristino dell’ordine cristiano nell’Europa allora sconvolta dalla Rivoluzione, avrebbe appunto impegnato tutto se stesso nell’attuazione della proclamazione del gran dogma mariano. Come Pio IX ebbe poi a dire, sentì tale esigenza come una chiamata interiore, che ricevette mentre era assorto in preghiera dinanzi all’immagine dell’Immacolata.






venerdì 4 dicembre 2015

“La Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.”

Il Signore verrà a salvare i popoli e farà sentire la sua voce

  potente per la gioia del vostro cuore.
Seconda Domenica di avvento - Anno C – 6 dicembre 2015


Dal vangelo secondo Luca 3,1-6

Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate isuoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato
; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!



Parola del Signore!


Enzo: I primi versetti del brano del vangelo di questa seconda domenica di avvento sono un quadro della situazione politico-religiosa in cui il precursore comincia la sua manifestazione, dall'imperatore di Roma al pontificato di Anna e Caifa. L'evangelista Luca mira soprattutto alla presenza storica della persona di Gesù e alla sua missione, all'instaurazione del REGNO DI DIO, destinato a sostituire tutte le dominazioni terrrene.
A differenza degli altri evangelisti Luca abbonda nella sua enumerazione richiamando accanto alla Galilea e Giudea nomi di uomini pagani: ci ricorda così che non solo Israele ma anche i pagani saranno chiamati a passare sotto la regalità dell'Unto del Signore.

In questo periodo storico “la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”. Bel modo di presentare Giovanni, ultimo profeta dell'antica alleanza e il primo profeta del nuovo testamento, annunciato secoli prima dal profeta Isaia. Pieno della parola di Dio, ispirato da Dio, Giovanni il precursore precede l'avvento del Messia, l'unto del Signore, la Parola stessa di Dio, Gesù di Nazaret. Quando quella “Parola” si farà visibile, Giovanni scomparirà.

Tutto avviene nel deserto, nel silenzio, sì nel silenzio perché la parola di Dio qui parla, è incisiva, converte, coinvolge. Giovanni diventa la voce di Dio che si farà sentire nel deserto dell'anima di chi lo ascolterà, perché Dio non abita nella confusione, nel frastuono del mondo.

La missione di Giovanni è quella di tutti i profeti: riportare il popolo al suo Dio. La conversione è il tema abituale della predicazione profetica. Il grido di Giovanni “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” non risuona invano in quanti si mettono in ascolto della Parola di Dio. Infatti Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”, scriverà agli Ebrei l'aposotolo Paolo (Ebr 4,12).

Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”:

La “via” da preparare non è più quella che attraversa il deserto, da Babilonia a Gerusalemme, bensì quella più breve, però più insidiosa che va dalla mente al cuore, alla volontà dell’uomo, e dove si annidano angolosità di ogni genere che ne ostacolano e ne impediscono la percorribilità.

Giovanni accompagna la sua predicazione con l’invito a sottoporsi a un rito simbolico che di per sé non realizzava ma indicava il cambiamento di vita che il penitente si proponeva di attuare. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”.
Il “battesimo” consisteva in un’immersione e riemersione nelle e dalle acque del Giordano. Con tale gesto l’uomo segnalava ai presenti che nel suo intimo si andava verificando come un’abluzione spirituale, un rinnegamento delle sue vecchie abitudini con l’intento di far subentrare un nuovo regime di vita, fatto di umiltà, bontà, mansuetudine, lealtà.

Le parole pronunciate o poste in bocca a Giovanni provengono da Is 40, 2-5 e sono quelle con cui il grande profeta postesilico annunzia ai suoi connazionali la fine della schiavitù babilonese e il ritorno in patria. Il Battista annuncia ai suoi fratelli ebrei e a tutte le nazioni la fine della schiavitù dal male dell'anima.
Possiamo dire che Giovanni predica un annuncio di consolazione e non di un oracolo di sciagure,la sua predicazione ha un accento nuovo, anche se assumerà la figura di un predicatore arcigno e catastrofico (Lc 3, 7-18), ma in questi primi tratti della sua missione è un annunciatore di buone notizie, in altre parole del “vangelo”, la BUONA NOTIZIA. 
 
Ciò che conta è sapere accogliere questa notizia, farle spazio nel silenzio del proprio cuore in questo tempo di riflessione e di attesa.

Mariella: Da domenica scorsa abbiamo ripreso la lettura del Vangelo di Luca, il più attento fra gli evangelisti ad affrescare l'attività pubblica di Gesù nel contesto della dimensione storica dell'epoca, egli vuol farci incontrare una persona precisa che è entrata nella storia umana e con il dono totale di sé l'ha salvata, ma di questo Enzo vi ha già dato ampia spiegazione.

Luca colloca la missione di Giovanni il Battista ed il lieto annuncio di Gesù all'interno della storia universale per sottolineare che la salvezza è per ogni uomo, per l'intera umanità!
Nel brano abbiamo letto: “la Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.” La Parola di Dio è dunque il vero soggetto capace di dare un senso nuovo alla storia dell'uomo.

Qui la Parola è su Giovanni, che senza nessun protagonismo diventa profeta, perché da essa si lascia afferrare e trasformare. La Parola lo raggiunge nel deserto, luogo privilegiato all'ascolto, luogo di solitudine e povertà, dove solo Dio è presente e fa ascoltare la sua voce. In Giovanni risuona la profezia di Isaia e di questa profezia Giovanni si fa annunciatore itinerante: “Voce di uno che grida nel deserto....”

E' un profeta che grida perché deve farsi spazio nel chiasso assordante di questo mondo, vuole aprire nel deserto la via al Signore, vuole scuotere le coscienze spesso assopite, vuole chiamare a conversione ogni cuore, vuole indicare l'unica salvezza possibile, grida, la sua è una voce di speranza.

Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”
Ma per fare questo c'è bisogno di abbassare tante asprezze di orgoglio e di arroganza, c'è bisogno di colmare tanti avvallamenti fatti di indifferenza ed autosufficienza, c'è bisogno di raddrizzare tanti cammini deviati.

Anche su di noi scende la Parola di Dio e fa germogliare virgulti di speranza, anche su di noi vuole aprire un varco di salvezza, anche su di noi il Signore vuole contare per raggiungere altre persone, Egli ha bisogno di umili semplici, insignificanti profeti capaci di trasmettere con una testimonianza coerente e fedele la sua Parola.

Ma siamo noi cristiani attenti alla voce di Dio, capaci di silenzio e di stupore, per poter accogliere l'annuncio di Giovanni che grida nel deserto del nostro cuore?

Siamo anche noi profeti di speranza?

«Siate profeti, non sparlate, perdonate. E sorridete» 

Papa Francesco