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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 27 novembre 2015

Tutti dobbiamo comparire davanti al Figlio dell'uomo

Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Domenica prima d'Avvento – Anno C - 29 novembre 2015


Dal vangelo secondo Luca 21,25-28; 34-36

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. , perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

Parola del Signore!

Enzo: Al leggere questo brano una domanda è d'obbligo, improvvisa: ma non incomiciamo con la prima domenica d'avvento prepararci a ricevere Gesù che nasce? Perchè la Chiesa ci propone questo brano della fine dei tempi? Daremo due risposte : la prima esegetica del brano come Luca ce lo presenta, la seconda applicata al tempo liturgico che iniziamo con questa prima domenica d'avvento.

Prima risposta :Spiegazione esegetica del brano, di don Antonio Schena:

Il lungo discorso che si legge in Luca 21 appartiene al genere apocalittico: vengono descritti gli ultimi tempi come tempi di guerre e di divisioni, di terremoti e di carestie, di catastrofi cosmiche.
Questo linguaggio ampiamente presente nel discorso di Gesù, non è il messaggio, ma semplicemente il mezzo espressivo che tenta di comunicarlo. Nessuna di queste frasi deve essere presa alla lettera.

Il discorso apocalittico nasce dalla convinzione che la storia cammina, sotto la guida di Dio, verso una salvezza piena e definitiva. Le delusioni e le continue contraddizioni della storia non riusciranno mai a demolire tale speranza, anzi serviranno a purificarla e a insegnare che la salvezza  è, al di là dell’esistenza presente, opera di Dio e non solo dell’uomo.

Il discorso apocalittico invita i credenti – che ora sono i cristiani coinvolti nelle persecuzioni e amareggiati dall’odio del mondo – a rinnovare la loro fiducia nella promessa di Dio e a perseverare nelle scelte di fede e a non cadere in compromessi: “neppure un capello del vostro capo perirà”.
Il discorso di Gesù in Luca 21 è un intreccio di notizie e di avvertimenti.

Le notizie: falsi profeti pretenderanno parlare in suo nome e assicurare che la fine è vicina: ci saranno guerre e rivoluzioni, popolo contro popolo e regno contro regno. Questi avvenimenti - eresie, guerre e persecuzioni – non esauriscono il panorama della storia e delle sue contraddizioni, ma Gesù li considera come situazioni tipiche e ricorrenti, situazioni che il discepolo deve essere pronto ad affrontare.

Gli avvertimenti, sono pochi e semplici: non lasciatevi ingannare, non vi terrorizzate, non preparate la vostra difesa. Il vero discepolo rimane ancorato alle parole del suo Maestro e non ha bisogno d’altro. Le novità non lo attirano, né cede alle previsioni di chi pretende conoscere il futuro. Per orientarsi gli bastano le parole del Signore.

Di fronte alle guerre e alle paure che così spesso angosciano gli uomini, il vero discepolo non si fa illusioni e non cade in facili ottimismi, tuttavia rimane fondamentalmente sereno e fiducioso.
La persecuzione, le divisioni, l’odio del mondo non sono i segnali di un’immediata fine del mondo, ma un’occasione di testimonianza e di perseveranza. Si attende il Signore testimoniando e perseverando, non fantasticando sulla vicinanza della fine del mondo.

Luca, conforme a tutta la tradizione evangelica, ripete che la liberazione è vicina (21,28). Questo non significa che il ritorno del Figlio dell’uomo sia oggi o domani, perché i segni premonitori (guerre e persecuzioni) sono i fenomeni presenti in ogni momento della storia. In altre parole Luca vuol dirci che il tempo presente è ricco di occasioni salvifiche che Dio stesso ci offre. Vigilare, quindi, significa non avere il cuore “appesantito”. Il ritorno del Figlio dell’uomo non sarà preceduto da segni premonitori prevedibili e rassicuranti: giungerà all’improvviso. Ciò che conta, dunque, è stare attenti a non lasciarsi sorprendere.



Seconda risposta: Perchè la Chiesa ci propone questo brano della fine dei tempi.



Enzo: Come tutti sappiamo i Vangeli ci parlano di due venute al mondo di Gesù: la prima riguarda la nascita di Gesù, il Messia inviato dal Padre per la nostra salvezza, atteso e sperato dal popolo ebreo, popolo eletto, per tantissimi secoli. Questo periodo di avvento ci preparerà a festeggiare l'anniversario della nascita di Gesù. Ci si prepara come realmente dovesse venire tra noi per la prima volta, con preghiere, qualche buona azione, e ci si sente migliori a causa della grazia che arriva come premio della nostra buona volontà.
Riceviamo la grazia che possiamo chiamare liberazione da ogni oppressione: Gesù viene, anzi fa sentire la sua presenza nei nostri cuori. Gesù vuole che facciamo festa.

L'evangelista Luca non fa alcun accenno al giudizio finale, si limita ad esortare a una condotta corretta nella quotidianità della vita e alla preghiera incessante per comparire dinanzi al Figlio di Dio: “Vegliate in ogni momento pregando...”

Il discorso escartologico assume così un'impronta rassicurante che fonda in modo ottimistico la speranza della salvezza, atteggiamento fondamentale in attesa dell'incontro personale col Signore. Dobbiamo forse aspettare la fine del mondo per l'incontro col Signore Gesù? Santa Teresa d'Avila pensando all' incontro con Gesù credeva di morire al solo pensiero di non poterlo incontrare presto.
Vegliate in ogni momento pregando...” Speranza e vigilanza diventano così i due percorsi essenziali su cui il credente cammina nel tempo. La speranza rende vigile la nostra vita, custodisce agile il nostro cuore, ravvivando in esso il continuo desiderio dell'incontro con Colui che viene, e che verrà.

Le parole di Gesù riguardano ognuno di noi, non sono dettate soltanto in proiezione della sua seconda venuta. Diceva il grande Gandi: “vivi come se dovessi morire domani. Agisci come se dovessi vivere per sempre”. Attendiamo con gioia l'incontro definitico con Lui, in un momento di grande gioia, non esplicitamente espressa, ma inclusa nelle due espressioni risollevatevi e alzate il capo” e “la vostra liberazione è vicina”.



Mariella: L'Avvento, questo primo tempo dell'anno liturgico, inizia con un grande invito alla vigilanza che il Signore esprime con le parole: “Vegliate in ogni momento pregando...” Questa vigilanza orante è necessaria prima di tutto per sfuggire a ciò che sta per accadere, ma soprattutto per comparire davanti al Figlio dell'uomo. Il termine “comparire” può essere meglio compreso col termine “restare” davanti al Signore, ossia vivere il tempo che il Signore ci concede, costantemente alla sua presenza, non cercando di fuggire, anche quando gli eventi della vita si fanno drammatici e la paura ci assale, ma cercando di usare i criteri di discernimento che Lui ci offre, conservando la speranza, la forza, la costanza, tipiche del vero cristiano che confida nel suo Signore.

E' dunque tempo di svegliarsi dal sonno di una fede debole ed incerta, dal torpore di una fede statica e spenta, è tempo di aprirsi al vero incontro con Cristo, morto e risorto, dal quale scaturisce una luce senza tramonto.

Questi giorni di Avvento ci ricordano che l'ascolto della Parola, il costante dialogo con Dio attraverso la preghiera, la frequentazione ai Sacramenti, sono nutrimento quotidiano per chi desidera mettere la sua vita nelle mani del Signore, camminare alla Sua presenza.
In questi giorni di preparazione al Natale siamo invitati a diventare frammento di terra buona, nella quale il seme del Verbo possa cadere facilmente, attecchire e germogliare in tutto il suo splendore.

Il tempo di Avvento ci invita ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Colui che è atteso dal mondo intero. Quanto grande è il desiderio di un mondo nuovo. Un mondo nel quale non ci siano più fame, ingiustizie, guerra.

La liturgia raccoglie questa grande attesa e la dirige verso il giorno della nascita di Gesù, è Lui infatti che salverà il mondo. A questa speranza fa riferimento la prima lettura dal profeta Geremia: “Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra" (Ger 33,14-15)

Quei giorni stanno arrivando, il Natale è alle porte, eppure noi non ce ne accorgiamo, presi dal nostro egocentrismo, dai troppi interessi terreni. Siamo piegati su noi stessi su un'esistenza carica di problemi, di preoccupazioni, di vizi e di facili illusioni, non sappiamo più gioire nell'attesa, sciupiamo tutti i nostri giorni e non sappiamo più aprire i nostri occhi verso nuovi orizzonti tracciati da Dio.

State svegli e pregate” ecco come vivere il tempo dell'attesa fino a Natale. Non ci viene chiesto di fuggire dai nostri giorni. Al contrario, questo tempo è opportuno per maturare un senso realistico di sé e della vita, per porci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita. Vigilanza e preghiera sono strettamente connesse fra loro, chi non attende non sa cosa significa pregare.

Non passi giorno dunque nel quale la Parola di Dio non scenda nel nostro cuore e non produca i suoi frutti di conversione!
Solo così potremo assicurare al Signore che viene una degna culla nel nostro cuore.





venerdì 20 novembre 2015

Che cos'è la verità?


Ecco il nostro Re! Un mantello regale, una corona di spine, una canna come scettro, una croce.

Domenica 22 novembre 2015- Anno B- Festa di Cristo Re



Dal vangelo secondo Gv 18,33-38

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?».

Parola del Signore!

Enzo: La scena descritta nel brano che la liturgia ci propone si svolge nel pretorio, residenza di Pilato che compare nel vangelo di Giovanni per la prima volta. Nel racconto della passione, Giovanni pone di continuo la domanda che ritroviamo in tutto il suo vangelo: Chi è Gesù? La risposta è la seguente: Gesù è il Re dell'universo. Questo titolo è simobolo del potere di Gesù, figlio di Dio, potere su tutto e su tutti. Gesù con la sua morte e risurrezione inaugura un regno che non avrà mai fine, perchè non è di questa terra, ha il trono nell'eternità, fondato sulla Verità.

Gesù viene portato davanti a Pilato per disposizione dei sommi sacerdoti che cercano di costringere Pilato ad accettare il loro giudizio senza andare alla ricerca di accuse speifiche. Pilato non accetta compromessi, ma costringe i giudei a scoprire i loro piani sulla vita di Gesù: vogliono la condanna a morte di Gesù.

L'incontro con Pilato si risolve in un dialogo con Gesù, apertamente. Pilato mostra veramente di cercare la verità su Gesù, non si accontenta delle “chiacchere” di chi lo accusa. Giovanni ci mostra l'immagine di Gesù come padrone degli avvenimenti e della storia: nella morte di Gesù vede l'adempimento delle profezie dei profeti e quelle fatte da Gesù concernenti la sua morte.

Provocato da Pilato a riconoscersi come re, Gesù prende le distanze dall’immagine della regalità terrena, senza tuttavia rifiutare il titolo stesso. Ma la contestazione di Gesù è più ampia: il suo regno non è quello che aspettano i giudei, né quello che Pilato suppone. Il suo regno viene da altrove, è di natura spirituale, il suo regno si instaura non mediante la forza, ma attraverso la proposta di una parola di rivelazione. Quelli che l’accolgono diventano sudditi di questo regno, non solo alla fine dei tempi, ma fin d’ora. Il suddito è discepolo che si mette in ascolto della parola di rivelazione: “chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”.
Alle parole di Gesù, Pilato risponde con una battuta che esprime sia ironia che scetticismo:”Che cos'è la verità?

Fin qui la cronaca di un incontro. Alcune considerazioni sono d'obbligo.
Pilato cercava la verità sullo stato di Gesù, non lo vuole condannare, ma prevale in lui la tranquillità personale nella gestione del suo potere. Non sa ascoltare le ultime parole di Gesù: “
Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Quel verbo “ascoltare” tanto noto a noi durante queste riflessioni domenicali, spesso è declinato per capricci, comodità personali. Ascoltare è l'inizio di un cambiamento, di un proseguimento di vita nella verità: per noi Gesù è Verità.

Pilato non sa «Che cos'è la verità?»: Gesù non risponde, avrebbe dato una risposta valida per tutte le generazioni.
La verità è che Pilato condannerà Gesù prima alla flagellazione e dopo alla crocifissione. Ed ecco il nostro Re! Un mantello regale, una corona di spine, una canna come scettro, una croce.

Questa figura mi è stata presente subito, appena letto questo brano. Che razza di re festeggiamo! I pensieri si susseguono, vanno alle diverse pagine del vangelo, uno sguardo all'umanità disorientata, ai miei tanti tentennamenti e ai tantissimi atti di misericordia ricevuti per mezzo di Colui che si dichiarò re di fronte a Pilato, ma RE non di questo mondo: “Il mio regno non è di questo mondo”.

Tutto appare più chiaro , rileggo le parole di Giovani capitolo primo: 
 
In principio era il Verbo
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di Lui
e senza di Lui nulla è stato fatt di ciò che esiste...

...Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.

Per l'uomo, per la sua salvezza, era proprio necessario che il Verbo patisse, fosse messo a morte. La necessità è la volontà amorosa di Dio per farmi capire che tutta la bellezza del creato è per la felicità dell'umanità, non del singolo: la verità di Dio vuole che chiunque vuole arrivare a Dio deve ascoltare una voce quella di Gesù, parola del Padre.

Il mio pensiero torna a Pilato: pur rassicurato dalle parole di Gesù che non si trattava di un individuo pericoloso per gli interessei politici di Roma, rifiutò di accostarsi alla luce che Gesù gli offriva. Acetto questo re paziente, sofferente, uomo dei dolori, testimone dell'amore del Padre, per tutti noi VIA, VERITA', VITA.


Che cos'è la Verità? La verità sei tu, Gesù, sofferente, flagellato, crocifisso, risorto, Parola del Padre, che tornerai glorioso per dire ancora una parola: 

Venite,benedetti dal Padre mio,

 ricevete in eredità il regno preparato per voi

fin dalla creazione del mondo”.

 
Mariella: In quest'ultima domenica dell'anno liturgico la Chiesa ci fa meditare la signoria di Cristo, Re dell'universo. La sua regalità non è come quella che siamo abituati a conoscere in terra, non è fatta di potere, di forza, usati per sottomettere il popolo, la sua regalità consiste nel dare testimonianza alla verità, quell'unica verità che viene dal cuore di Dio.

E di questa verità Gesù non si serve in alcun modo per dominare, ma la testimonia con coerenza di vita, amore incondizionato e fedele alla volontà del Padre.
Questo concetto ci viene subito espresso attraverso il brano evangelico di Giovanni che riporta l'interrogatorio fatto da Pilato a Gesù.

Come si può pensare che un uomo in quelle condizioni potesse essere re di qualcosa? Era la negazione della potenza e della forza. In un mondo dove quel che conta è ciò che appare, come può Lui essere re?

Eppure con assoluta calma e sicurezza Egli risponde a Pilato: “...tu lo dici, io sono re. Per questo sono nato, per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità....”
I re di questo mondo vogliono imporre, vogliono aver ragione, vogliono comandare e non obbedire, vogliono essere serviti ma non servire. I re di questo mondo vogliono essere amati, riveriti, si circondano di complici e di sudditi, non cercano la verità cercano l'interesse personale.
Gesù è l'opposto di tutto questo, Egli cerca soltanto il bene dell'umanità intera, non è tentato dal denaro, dal successo, dalla gloria, è re perché serve ed ama, solo l'amore comanda veramente, solo l'amore ha il vero potere sul creato.

La sua forza è quella dell'amore, l'unica che non conosce tramonto e non ha limiti. Per questo è il più forte di tutti, re dell'universo intero ed il suo regno non avrà mai fine. Perchè il potere dell'amore dura in eterno, mai tramonterà, sarà sempre via di salvezza e di speranza per tutti.

I discepoli di Gesù sono dunque chiamati a condividere la sua regalità se “ascoltano la sua voce”, se condividono la sua mitezza ed umiltà di cuore, se testimoniano con parole ed opere il suo amore e la sua misericordia.. Con Lui possiamo vincere il male col bene, possiamo sconfiggere la morte con la vita, possiamo scegliere la verità per allontanare definitivamente la schiavitù del peccato. 
 
Lo vogliamo veramente?



venerdì 13 novembre 2015

Oggi, qui, attraverso i successi e i fallimenti della vita, bisogna vivere la primavera di Dio.


Tutti, un giorno, abbiamo conosciuto una specie di fine del mondo”

Domenica 33ma del tempo ordinario- Anno B- 15 giugno 2015


Dal vangelo secondo Mc 13,24-32

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cielisaranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.


Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Parola del Signore!

Enzo: Ci stiamo avviando verso la conclusione dell'anno liturgico e come chiesa ci interroghiamo, leggendo questo brano di vangelo di Marco, sul nostro destino come discepoli di Gesù.
E' un discorso sulla fine dei tempi che preannuncia l'avvento del Regno di Dio con le realtà ultime del nostro mondo.
Questo messaggio è profondamente radicato nella Bibbia e nella persona di Gesù. La bibbia annuncia spessp l'avvento del Regno di Dio e Gesù realizza nella sua persona e nella sua vita, per volere del Padre, la promessa di salvezza. Egli, Gesù, verrà con grande potenza e gloria.

Il brano che a prima vista appare come evento apocalittico disastroso in pratica il contenuto è completamente aperto alla salvezza portata da Gesù e alla sua presenza nel mondo, da lui amato e salvato.
Due versioni dunque nella esegesi di quanto descritto in tutto il capitolo 13 del vangelo di Marco: una pessimistisca e l'altra ottimistica.

La versione pessimistica vede un quadro terribile, fosco che implica la fine dell'umanità, la fine della storia umana, annuncia disastri.

La versione ottimistica vede nelle parole di Marco, nel brano che stiamo commentando, solo l'incontro degli eletti con il Salvatore, l'avverarsi delle sue promesse. Marco vuole calmare la frenesia che vigeva tra i primi cristiani per gli avvenimenti dell'anno 70 con la distruzione di Gesrusalemme da parte dei romani, come se l'accaduto indicasse imminente l'arrivo di Gesù, ricordando le sue parole: “non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga”.

Viene illustrata la funzione del Figlio dell'uomo come giudice escatologico: Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria, come aveva annunziato il profeta Daniele (capitolo 7). Non si parla dei nemici di Dio e del loro castigo, viene sottolineata soltanto la raccolta degli eletti: Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
Del resto nelle righe che precedono Gesù invita i suoi alla prudenza, ad essere sempre pronti e non credere ai falsi cristi e ai falsi profeti che faranno segni e prodigi per ingannare: l'ultimo tentativo di Satana?...
 
La seconda parte del brano riprende il tema iniziale sul momento della fine sul segno quando tutto ciò starà per compiersi, ma questo momento nessuno, eccetto il Padre, lo conosce.
Non è necessario per i discepoli conoscere il momento della seconda venuta di Gesù in base a calcoli temporali, unitili e vani;è essenziale invece la piena adesione alla parola e persona di Gesù: le sue parole non passeranno mai. Sulle sue parole si fonda saldamente la speranza del credente, il quale si affida alla volontà del Padre celeste, che governa i destini del mondo.
L'atteggiamento saggio sarà la vigilanza, l'essere sempre pronti ad accogliero, a qualsiasi ora, con la serenità dei figli di Dio, con la gioia nella speranza di una nuova vita.
Gesù con la parabola del fico Gesù ci esorta a guardare avanti, il suo ritorno deve essere atteso come il fiorire delle piante a primavera e il sole dell'estate.

Termino questo commento con le parole di G. Bessière:

Tutti, un giorno, abbiamo conosciuto una specie di fine del mondo: la guerra, la morte di una persona cara, un'improvvisa malattia, lo scontro con una società dura e a volte così poco umana... Sappiamo che è stato necessario ricominciare a vivere e a credere nell'estate guardando spuntare l'umile foglia del fico. A volte abbiamo reinventato il mondo come se si potesse attingere luce e forza dal futuro. Gesù non sapeva tutto. Era abbagliato dal sole di Dio, attraverso la caligine dei giorni minacciosi che venivano verso di lui. Diceva ai suoi amici il segreto nascosto nella precarietà del presente. Sta qui il messaggio luminoso delle parole apocalittiche di Gesù: oggi, qui, attraverso i successi e i fallimenti della vita, bisogna vivere la primavera di Dio. Ostinatamente.”




Mariella: Nel capitolo 13 del Vangelo di Marco il discorso si focalizza sul “dopo Gesù”, Egli si congeda dagli Apostoli, parlando del loro futuro e su quelli che saranno gli ultimi eventi della storia. Il suo è davvero un discorso di congedo definito apocalittico-escatologico, apocalittico viene da apocalisse che significa rivelazione fatta immagini grandiose: è il cielo e la terra che si scuotono. L'aggettivo escatologico deriva dal termine escatologia che significa discorso sulla fine, si intende cioè parlare delle ultime realtà della storia.

Nel brano letto Gesù inizia il suo discorso con le parole: “in quei giorni..” Ecco l'evento che orienta la storia, lanciato in un futuro indeterminato, ma comunque certo. Egli allude alla distruzione di Gerusalemme, ma quando avverrà non sarà la fine, non segnerà il tempo della piena realizzazione del Regno, questo avverrà dopo e segnerà l'entrata trionfale e definitiva di Dio nella storia degli uomini. Non sarà frutto di eventi determinati dall'uomo, ma sarà opera esclusiva del volere e potere divino, che porterà a termine la storia della salvezza.

Dio entrerà in modo definitivo nella storia e quando questo avverrà l'universo intero si scuoterà, anche le forze e le potenze dei cieli. Dio verrà a giudicare la terra, ma Egli desidera soprattutto salvarla attraverso Gesù stesso, il quale attraverso la grande tribolazione della sua morte in croce risorgerà per ricevere quella gloria che aveva presso il Padre prima che il mondo fosse. E così rivestito di gloria ritornerà per compiere una sua promessa: “Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.” Gv. 14,3


Ecco il senso salvifico della sua venuta: Egli viene per il raduno finale degli eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo, nessuno sarà dimenticato dal Signore, perché è con loro che condividerà il Regno il potere e la grandezza.
Dalle macerie di un mondo segnato dal fallimento di una storia segnata dal peccato, nascerà un mondo nuovo benedetto da Dio. L'apocalisse dunque segna sempre un nuovo inizio, quello della città di Dio tra gli uomini.

Ma quando tutto questo avverrà? Quanto tempo dovrà passare dopo la grande tribolazione?
“Dalla pianta del fico imparate la parabola” dice Gesù.
In questa domenica siamo dunque invitati ad imparare dalla natura ed in particolare dalla pianta del fico: quando il ramo diventa tenero e spuntano le foglie, si sa che l'estate è vicina. Così il cuore, tenero nella carità, rivela la presenza e la vicinanza del Signore. Non sono le catastrofi o gli stravolgimenti della terra a doverci inquietare, ma il semplice rinvigorirsi del ramo e lo spuntare delle gemme.

Non abbiamo necessità di scrutare il futuro, ma dobbiamo saper discernere il presente, comprenderne il senso alla luce della Parola di Dio, dobbiamo imparare a cogliere i segni della resurrezione e di un'eternità che è già in atto. In poche parole dobbiamo saper scoprire i segni di quello che sta cominciando a fiorire e non di quello che sta seccando, che termina. Questa è la fede, una forza capace di discernere e muovere la storia. E in quest'opera non siamo sol,i perché sappiamo che Egli verrà, è vicino, è alle porte .

"Niente ti turbi, niente ti spaventi,

chi ha Dio nulla gli manca,

tutto passa, solo Dio resta,

solo Dio basta".

Niente ti turbi, niente ti spaventi.

Tutto passa, Dio non cambia.

La pazienza ottiene tutto.

Chi ha Dio ha tutto.

Dio solo basta.

(Teresa di Gesù)



venerdì 6 novembre 2015

“Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere”.

In realtà quel poco era tutto ciò che possedeva e lo donava col cuore.
Domenica 32ma del tempo ordinario, Anno B, 8 novembre 2015



Dal vangelo secondo Mc 12,38-44


Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Parola del Signore!

Enzo: Questi due piccoli brani sembra che siano estratti da discorsi più vasti come possiamo trovare nei vangeli di Matteo e di Luca. Marco vuole ottenere l'effetto di dimostrare la misura della condannna di Gesù nei confronti delle autorità religiose giudaiche;ridimensionare anche nella sua comunità di Roma certi atteggiamenti dall'apparire grandiosi, rispettabili, essere i primi, ostentazione pubblica della propria autorità.

Gesù si rovolge alla folla, che lo ascoltava volentieri, per premunirla dall'ambizione, dall'avidità e dall'ipocrisia delle autorità religiose di allora: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti” .
Gli scribi, interpreti ufficiali della lege mosaica, si facevano pagare esosamente per le loro consulenze, anche legali, approfittando soprattutto della buona fede delle vedove.
Alle accuse di orgoglio personale, Gesù aggiunge quelli dell'estorsione e dell'ipocrisia,
Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere”.

Essi, gli scribi, ostentavano una grande pietà con preghiere prolungate per essere ammirati dalla gente. Si trattava di una religiosità ipocrita, motivata da interessi mondani come lo stesso Gesù denuncia.
La formulazione di Marco è impetuosa e sommamente rigorosa, forse riflette una polemica giudaica-cristiana più recente, nei tempi in cui scrive il suo vangelo:“Essi riceveranno una condanna più severa”.

Il secondo brano si aggangia al primo con il termine “vedove”: all'avidità degli scribi si contrappone la generosità di una “vedova povera”, non “povera vedova”, come generalmente erano considerate ai tempi di Gesù. Dopo la condanna degli scribi da parte di Gesù l'evangelista Marco presenta un messaggio di speranza all'ostinato popolo d'Israele, un messagio per l'intera umanità.
Gesù misura il valore dell'offerta della vedova in base al sacrificio, al dono spontaneo senza pensare a se stessa: aveva donato per il culto del Signore “tutto quanto aveva per vivere”.

Il gesto della donna, che non tenne per sé nemmeno uno spicciolo per procurarsi da mangiare manifesta l'irrompere del regno di Dio nei cuori semplici. Bella lezione di Gesù ai suoi discepoli, a noi umanità di oggi, presi come siamo sempre a pensare non solo all'oggi ma al domani, sempre alla ricerca di possedere di più, non donando nemmeno il “superfluo” o parte di esso. Magari non saremo come gli scribi ricchi e vanitosi, superbi e arroganti, ma poco generosi verso Dio e di conseguenza verso i poveri, sì.


Anche per noi oggi Gesù ha quelle parole forti agli scribi: perché si erano creati un Dio a immagine e somiglianza dei loro interessi, dei loro appetiti e della voracità: lei, la vedova nella sua miseria, vi ha gettato, ( nel tesoro del tempio), tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere», possiamo dire noncurante della sua stessa vita.


Le parole di Gesù sono una lode per la vedova, ma anche un lamento perché vittima della religione: gli scribi divorano le case delle vedove, invece di provvedere al loro sostentamento. La situazione si ribalta.
Avverte l'apostolo Paolo, Gal 6,7:

Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato”.


Mariella: Oggi la Parola del Signore ci fa riflettere sulla capacità concreta di essere veri discepoli di Cristo, quella capacità che non si esprime a parole, ma con i fatti!
Siamo invitati perciò a riflettere e confrontarci sui diversi atteggiamenti e soprattutto sulle motivazioni che animano i personaggi che si recano al Tempio.

Gesù diceva alla folla nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi....”. Certo non tutti gli scribi erano pessimi interpreti delle sacre Scritture, difatti Gesù aveva appena detto ad uno di loro: “Non sei lontano dal Regno di Dio” tuttavia molti, come anche i sadducei, erano completamente fuori strada, alla base della loro vita non c'era l'amore, quello vero, essi non amavano i fratelli come se stessi e di conseguenza non amavano neppure Dio.


La società che volevano instaurare era sullo stile dei regni di questo mondo, dove predomina l'ingiustizia, la prepotenza, l'egoismo. Essi ambivano ai primi posti, bramavano denaro e potere, non provavano rispetto neppure per le persone più deboli ed indifese e non perdevano occasione per portar loro via il necessario come poteva essere la casa. Tuttavia si mostravano a lungo in preghiera, ostentando la loro fede, una fede che però era solo di facciata, ma non toccava minimamente il loro cuore. Per questo il loro operato è contrario al regno di Dio, riceveranno una condanna ancor più dura, perché saranno esclusi dalla salvezza.

La scena poi si sposta su Gesù che appare solo, seduto di fronte alla sala del tesoro, dove c'erano tredici ceste a forma di trombe in cui i fedeli depositavano le loro offerte.
Gesù osservava come la gente vi gettava le monete. La stessa descrizione approfondita di come la vedova gettava le sue monetine, fa capire che è diverso il suo modo di pensare e di agire, ella forse ha vergogna di quel piccolo obolo che può donare, non è come i ricchi che possono fare bella mostra di sé esibendo generosità.

Questa vedova aveva troppo poco da condividere, solo due piccole monetine, meno di così non poteva dare, ma in realtà quel poco era tutto ciò che possedeva e lo donava col cuore, desiderava che il suo poco fosse dono per gli altri e per Dio.
Essa si affida totalmente a Dio, non ha trattiene nulla per sé anche quel poco lo condivide, per questo ha in sé l'amore di Dio e la sua vita assume tutti i colori del Vangelo.
Questa donna, sconosciuta al mondo intero, è l'immagine del vero credente e dell'autentico discepolo di Cristo.

Gesù l'ha osservata, Lui solo s'è accorto di lei, l'ha amata nel profondo del suo cuore ed ora l'addita come esempio agli altri, ai suoi discepoli, a quanti, come noi ora, ascoltano la sua Parola e la meditano. 

Dio non vuole da noi il superfluo...quel che a noi cresce...quel che non ci serve o è da buttare, non vuole quel che resta...Egli vuole l'essenza migliore di noi.
A Gesù non interessa “il dono” interessa “il donatore” colui o colei che si fa dono per gli altri, che non trattiene nulla per sé ma lo mette in gioco per costruire il Regno.


Signore Gesù, come siamo lontani dalla piccolezza evangelica di questa vedova, quanto è arido, chiuso ed egoista il nostro cuore, molto spesso non sappiamo donare neppure il superfluo!
Ci professiamo credenti sulla carta...a parole....ma la realtà dei fatti molto spesso è ben diversa e ci smentisce.
La vita ci appare come un dono da godere fino in fondo, più che da condividere.
L'amore, quello vero, quello che ha occhi e cuori aperti, quello che si fa dono totale per gli altri, forse non lo conosciamo ancora.
Ti chiediamo tutto Signore, la salute, il lavoro, le ricchezze, il potere...ma noi cosa siamo disposti ad offrire agli altri? Forse che ci siamo mai preoccupati più di tanto di chi ci vive accanto con fatica?
Signore, converti i nostri cuori al tuo Amore, rendici docili ed umili secondo la tua Parola. Amen