BENVENUTO



B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 30 ottobre 2015

Una "moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua..."

I santi, uomini e donne delle Beatitudini, sono il Vangelo in carne ed ossa.

Domenica31ma del tempo ordinario, Primo novembre
Festa di tutti i santi


La chiesa della terra oggi volge lo sguardo alla Chiesa celeste, ai suoi uomini, donne, bambini che hanno raggiunto la gloria eterna. E' una festa grande in cui ci si riconosce meglio che in altri giorni tutti figli di Dio. I beati della terra, i beati del discorso della montagna indicati da Gesù, vivono nella speranza di far parte del Regno di Dio, di raggiungere i fortunati che li hanno preceduti. I beati del cielo guardano i futuri compagni intercedendo presso il Padre per loro. E' una comunione vera, spirituale, frutto dell'amore di Gesù e del dono della sua Parola.
Beati saremo tutti noi se facciamo nostro il Vangelo, se ci riconosciamo in quell'elenco del vangelo che oggi la liturgia offre alla nostra riflessione. Saremo santi “ per la gloria di Dio e la felicità degli
uomini” (Giovanni Paolo secondo)
.
Proponiamo per questa festa le riflessioni di Papa Francesco del primo novembre dell'anno 2014. Pensieri molto attuali che riflettono quella realtà che Gesù ci ha indicato nel vangelo, che richiama alla nostra attenzione il mondo dei bisognosi, la nostra indifferenza verso le moltitudini di persone che vivono emarginate, nostri fratelli, non fratellastri! Adoperiamoci affinché anche per loro possa arrivare il giorno di glorificare Dio in questa terra, la speranza di un realtà migliore. Il nostro impegno possa scaturire da un amore sincero, un amore in cui ci riconosciamo beati, ci incontreremo tutti, loro e noi insieme nel Regno promesso.


Dal Vangelo secondo Matteo 5, 1-12

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i
suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorte di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Parola del Signore!

Per maggior comprensione della riflessione di Papa Francesco pubblichiamo la prima e seconda lettura che ascolteremo durante la liturgia della parola:

 Prima lettura:Ap 7,2-4.9-14
2E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
4E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele:

9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello».
11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. 

 
Seconda lettura: 1 Gv3,1-3
1 Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.




OMELIA DI PAPA FRANCESCO

“Quando nella prima Lettura abbiamo sentito questa voce dell’Angelo che gridò a gran voce ai quattro Angeli ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare e di distruggere tutto: «Non devastate la terra né il mare né le piante» (Ap 7,3) a me è venuta in mente una frase che non è qui, ma è nel cuore di tutti noi: “Gli uomini sono capaci di farlo meglio di voi”.

Noi siamo capaci di devastare la terra meglio degli Angeli. E questo lo stiamo facendo, questo lo facciamo: devastare il Creato, devastare la vita, devastare le culture, devastare i valori, devastare la speranza. E quanto bisogno abbiamo della forza del Signore perché ci sigilli con il suo amore e con la sua forza, per fermare questa pazza corsa di distruzione! Distruzione di quello che Lui ci ha dato, delle cose più belle che Lui ha fatto per noi, perché noi le portassimo avanti, le facessimo crescere, per dare frutti.
 
Quando in sacrestia guardavo le fotografie di 71 anni fa [bombardamento del Verano 19 luglio 1943], ho pensato: “Questo è stato tanto grave, tanto doloroso. Questo è niente in comparazione di quello che accade oggi”. L’uomo si impadronisce di tutto, si crede Dio, si crede il re. E le guerre: le guerre che continuano, non precisamente a seminare grano di vita, ma a distruggere.
È l’industria della distruzione. È un sistema, anche di vita, che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, si scartano i giovani senza lavoro. Questa devastazione ha fatto questa cultura dello scarto: si scartano popoli… Questa è la prima immagine che è venuta a me, quando ho sentito questa Lettura. 
 
La seconda immagine, nella stessa Lettura: questa «moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (7,9). I popoli, la gente … Adesso incomincia il freddo: questi poveri che per salvare la vita devono fuggire dalle loro case, dai loro popoli, dai loro villaggi, nel deserto … e vivono in tende, sentono il freddo, senza medicine, affamati, perché il “dio-uomo” si è impadronito del Creato, di tutto quel bello che Dio ha fatto per noi. 
 
Ma chi paga la festa? Loro! I piccoli, i poveri, quelli che da persona sono finiti in scarto. E questo non è storia antica: succede oggi. “Ma, Padre, è lontano …” – Anche qui, in tutte le parti. Succede oggi. Dirò di più: sembra che questa gente, questi bambini affamati, ammalati, sembra che non contino, che siano di un’altra specie, che non siano umani. E questa moltitudine è davanti a Dio e chiede: “Per favore, salvezza! Per favore, pace! Per favore, pane! Per favore, lavoro! Per favore, figli e nonni! Per favore, giovani con la dignità di poter lavorare!”.
 
Fra questi perseguitati, ci sono anche  quelli che sono perseguitati per la fede. «Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?” … “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”» (7 13-14). E oggi, senza esagerare, oggi, nel giorno di Tutti i Santi, vorrei che noi pensassimo a tutti questi, i santi sconosciuti. Peccatori come noi, peggio di noi, ma distrutti. A questa tanta gente che viene dalla grande tribolazione. La maggior parte del mondo è in tribolazione. E il Signore santifica questo popolo, peccatore come noi, ma lo santifica con la tribolazione.

sabato 24 ottobre 2015

Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte...

Per riuscire a seguire Gesù per la strda bisogna vederci chiaro

Domenica 30ma del tempo ordinario – Anno B- 25 ottobre 2015


Dal vangelo secondo Mc 10,46-52

E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.


Enzo: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». La domanda di Gesù, lo avete notato, è la stessa che fece a Giacomo e Giovanni che chiedevano posti di onore. La richiesta dei due discepoli contrasta con l'umile richiesta del Bartimeo del brano di questa domenica. Che differenza tra i primi e questo cieco seduto lungo la strada a mendicare una moneta, un favore per spostarsi, qualcosa da mangiare.
Bartimeo urla un aiuto, una volta , due, molte volte la stessa frase: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!»

Pietà di cosa? Della sua cecità, non dalla nascita è perciò più insopportabile, che lo ha reso solo, abbandonato, senza speranza., lui che aveva conosciuto la luce. E' il grido del povero che smuove l'ira di Dio per quanti non si prendono cura del prossimo bisognoso, che non vogliono nemmeno vederlo, anzi lo rimproverano per non disturbare, infastidire. Sì, perché il povero dà fastidio, la sua presenza rimprovera chi sta bene e possiede ricchezza, chi ha il cuore duro, insensibile, chi al vederlo si gira dall'altra parte.

«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Il cieco riconosce in Gesù il discendente della dinastia di Davide, il Messia tanto atteso; ha una ferma fiducia nel suo potere soprannaturale, fiducia che presto sarà trasformata nel dono della fede messianica: cieco e povero aveva preso le sue informazioni su Gesù.

Un grido forse ancora più forte degli altri, forse di disperazione, arriva nel trambusto della folla, alle orecchie di Gesù che si ferma e ordina a chi li sta vicino:
«Chiamatelo!».
«Coraggio! Àlzati, ti chiama!».

Una buona parola di chi prima rimproverava , adesso sembra avere compassione. Possiamo notare infatti che Gesù non rivolge nessun rimprovero a coloro che si erano dimostrati poco caritatevoli nei confronti di Bartimeo: possiamo ammirare la pazienza e la misericordia di Gesù, che sa quanto debole e imperfetto è il nostro amore e non esige dai principianti quanto potrebbe chiedere a chi è più progredito, Lui chiama e si serve degli uomini per raggiungere il suo scopo: «Chiamatelo!»

Coraggio! Parole dovute al risveglio delle cosciernze, un miracolo di Gesù, riparazione del mal fatto.

Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Quanta fretta, rinuncia al suo mantello per camminare più veloce per andare da Gesù. Bartimeo nel suo cuore, nel suo bisogno, anche se cieco,vede meglio dei due discepoli, Giovanni e Giacomo, la vera natura dell'autorità di Gesù: la fede lo aveva reso libero.

«Che cosa vuoi che io faccia per te?». E' Gesù che inizia il dialogo, forse vendendo Bartimeo timoroso e silenzioso.
"Rabbunì, che io veda di nuovo!". Rabbunì, che vuol dire, mio Signore! Assistiamo alla conferma di fiducia nel potere di Gesù, fiducia che fu subito trasformata nel dono della fede messianica: E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato».

Bartimeo torna finalmente a vedere, e vede quel volto che misteriosamente il suo cuore già amava e, dopo quanto aveva ricevuto il suo amore non poteva che aumentare.

Il dono gratuito della fede procurò a Bartimeno non solo la vista ma lo rese pronto a seguire Gesù sulla via della croce, facendone un modello per ogni credente. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada, la strada che portava al calvario.

Quella strada conduceva Gesù ed i suoi a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua, ma Bartimeo la pasqua l'aveva appena vissuta nell'intimo del suo cuore e del suo corpo. Gesù l'aveva fatto passare, infatti, dalle tenebre alla luce, dall'umiliazione alla dignità, dalla morte alla vita, e questi passaggi sono il cuore di ogni evento pasquale. Passaggi che molti di noi molte volte abbiamo provato, nell'altalena della nostra incostanza: non è così? E ogni volta, rientrando nella retta via ci ha sempre invaso la gioia e la pace di Dio Padre e la compiacenza di Gesù.

Mariella: “Giunsero a Gerico” c'è armonia fra Gesù ed i suoi discepoli; in questi ultimi si avverte una certa disponibilità alla sequela, che aumenterà dopo la Pasqua. Gesù attorniato dai discepoli e da molta folla, Egli esce da Gerico e si dirige verso Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua. Prima osservazione di Marco è il il cieco di nome di mome Bartimeo seduto lungo la strada che chiedeva l'elemosina.
Vorrei subito aprire una parentesi a proposito dell'espressione “lungo la strada” se ci portiamo all'ultima parola del brano in oggetto, ritroviamo nuovamente la parola strada: ma “sulla strada”.
Due indicazioni locali, due diverse situazioni di vita, “lungo la strada” e “sulla strada”.
Quando se ne stava seduto lungo la strada era cieco e mendicante, la sua vita era quella di un emarginato, viveva nella sua oscurità, qualcuno la mattina lo portava lì e lo sedeva con un lembo del mantello steso a terra per ricevere qualcosa.

Quel giorno c'era molta gente che passava, ma probabilmente nessuno pensava a lui, tutti avevano i loro interessi, ma nonostante ciò egli percepì che stava avvenendo un fatto importante nella sua vita, stava passando Gesù il nazareno. Ma come farsi notare?
Fortunatamente non gli mancava la voce e così gli urlò: “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!”

Un grido che però non piacque alla gente, pareva fuori luogo, esagerato, inopportuno, per questo si sentì rimproverare, ma non si spaventò, gridò ancora più forte e vinse!
Il cieco non si limita a parlare, grida, il suo è un grido colmo di fede in Gesù , il Messia.

Gesù si fermò e lo fece chiamare. La gente probabilmente lo aiutò ad avvicinarsi a Lui: “Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”
Un cieco non può certo fare questo tutto da solo, ma il fatto è che ora il cieco è lì con Gesù, sulla strada che conduce a Gerusalemme, una strada che non può ancora vedere.

Gesù gli chiede: “Che cosa vuoi che io ti faccia?” Gesù lo invita ad andare fino in fondo dentro di sé e ad esprimere con chiarezza cosa lo fa soffrire e Bartimeo risponde: “Rabbunì, che io veda di nuovo”, dunque sapeva bene cosa significa vedere!
Una fede semplice, una fede sincera e tenace, di fronte alla quale Gesù non sa resistere ed esaudisce la sua richiesta: “Và, la tua fede ti ha salvato!”

Il cieco subito ci vide, ma dove andare? Non ha incertezze, si mette subito a seguire Gesù, su quella strada che porta a Gerusalemme, su quella strada che ogni discepolo deve percorrere se vuole seguire Gesù. Ma per riuscirci bisogna vederci chiaro!

Nella tradizione cristiana il miracolo ha assunto un significato simbolico: chi segue Gesù con fede verso il Calvario viene illuminato e purificato. La preghiera del cieco deve essere la nostra preghiera di ogni giorno: 

“Signore, che io ci veda di nuovo!”



venerdì 16 ottobre 2015

Richiesta ambiziosa, pericolosa e discriminatoria quella dei due fratelli...


«Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Domenica 29ma del tempo ordinario – Anno B- 18 ottobre 2015



Dal Vangelo secondo Mc 10, 35-45

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore!

Enzo: Una domanda, leggendo questo brano dopo i primi tre annunci della sua passione e morte, Gesù continua a spiegare ai discepoli ciò che gli evangelisti dichiarano che i dodici non capivano o travisaavno le parole del Maestro. Perchè?
Gesù conoscitore degli animi prepara i suoi per quando Lui non ci sarà più, per quando riceveranno lo Spirito inviato dal Padre che farà capire tutto quanto aveva detto loro e camminando fra la gente.
Gesù serenamente e pazientemente accoglie le domade dei suoi discepoli. In questo avvenimento sembra che ci sia una sorta di gara tra i discepoli: Giacomo e Giovanni avanzano delle pretese e gli altri dieci discepoli sono indignati per questo.

Quante volte anche noi non capiamo la Parola perché ci manca lo Spirito, non invocato e ignorato? Eppure, a differenza degli Apostoli, abbiamo tutti i mezzi per capire, conoscere, seguire, testimoniare Gesù. Per questo saranno necessari tanto ascolto e molta preghiera.

Giacomo e Giovanni, che furono tra i primi ad accettare la chiamata del Maestro, sono persuasi di avere un titolo in più per occupare i primi posti in quel regno messianico glorioso che, secondo la comune convinzione dei discepoli, Gesù va ad inaugurare a Gerusalemme. Nonostante i ripetuti annunci di Gesù, coltivano ancora questa aspettativa.
Richiesta ambiziosa e discriminatoria quella dei due fratelli nei confronti degli altri discepoli, che ci ricorda certe situazioni nella Chiesa lungo i secoli e che anche l'evangelista Marco ricorda della sua comunità e che papa Francesco denuncia apertamente con umiltà e col deiserio di essere seguito.

Gesù riprende il discorso della Croce, della sua prossima morte, del suo sacrificio, e mostra questo suo martirio come esempio da seguire e da condividere: “Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”
La risposta di Giacomo e Giovanni , “Lo possiamo”, è pronta e sincera e Gesù la conferma indicando la via che porta alla gloria richiesta dai figli di Zebedeo, “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati”.

Non ci è dato sapere come i due discepoli accolsero queste parole, forse non le ascoltarono nemmeno, ma sicuramente la profezia di Gesù si avverò: i due discepoli affrontarono il martirio bevendo quel calice amaro, purificati dal battesimo di sofferenze per testimoniare la fede ricevuta, andando a ricevere il premio della gloria eterna, di cui ha sempre parlato Gesù, posto preparato dal Padre, senza più pensare se a destra o a sinistra.

I due discepoli e anche gli altri dieci, indignati e brontoloni, sicuramente non avevano compreso il significato spirituale della missione di Gesù, che si sarebbe conclusa con la sua passione e morte ultimata con la sua risurrezione e l'invio dello Spirito Santo.

E Gesù dopo aver visto e udito il malumore tra i discepoli, li chiama a sé e dà una lezione magistrale di comportamento: non cercate gloria e potere nella misura in cui sono esercitate dai potenti della terra, ma ispiratevi all'esempio del Figlio dell'uomo che viene a servire, non ad essere servito. “chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Non parla del Regno dei cieli, ma del Regno che dobbiamo costruire per noi e per gli altri in questa terra: un parlare da uomo a uomini che devono accettare certe condizioni in umiltà.

Una lezione di poche parole, un impegno di vita: il servizio che fa grandi agli occhi di Dio, che rende gloria a Dio come Gesù “figlio dell'uomo che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

In riscatto per molti: dunque anche noi al seguito di Gesù per prenderci su di noi il peccato di molti per farli uscire dalla prigionia in cui si trovano (riscattarli dal peccato).


La domanda di Gesù a Giacomo e Giovanni vale anche per noi oggi: POTETE BERE IL CALICE CHE IO HO BEVUTO?

Mariella: Gesù ha annunciato per la terza volta ciò che dovrà accadere, la sua passione e morte, ma i suoi discepoli non hanno capito, anzi, inconsapevoli del cammino che dovranno fare, discutono fra loro preoccupati di assicurarsi i primi posti nel Regno messianico. A differenza dei precedenti due annunci della sua morte possiamo subito notare una differenza, non c'è più il netto rifiuto da parte dei discepoli della passione, della sofferenza ingiusta che Gesù dovrà subire. In Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo si può già avvertire una certa speranza di gloria futura, desiderio di posti di onore, quando a Gerusalemme sarà istaurato il nuovo regno messianico.

Ma Gesù fà loro una contro domanda per capire se sono veramente disposti a lasciarsi coinvolgere totalmente nella sequela fino alla morte: “ Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”
Essere uniti a Gesù significa bere lo stesso “calice”, ricevere lo stesso battesimo, celebrare la stessa Eucarestia, essere proiettati verso lo stesso traguardo di salvezza. Ma questo vuol dire anche seguire lo stesso cammino di sofferenza, lo stesso mistero di redenzione offerto da Cristo . Il termine “calice” non esclude la sofferenza, così come non lo esclude il Battesimo. Gesù è disposto a compiere la sua missione ed accogliere la volontà del Padre, lo sono altrettanto anche Giacomo e Giovanni?

Loro rispondono: “sì lo possiamo” Gesù avverte che sono sinceri, anche se poi fuggiranno e si nasconderanno lasciandolo solo nella sofferenza e ammetteranno di non conoscerlo.
Li prepara a comprendere che anche per loro ci sarà un martirio: “il calice che io bevo anche voi lo berrete...” ma in quanto all'assegnazione di posti nel regno del Padre, non sta a Lui concederli, Dio non fa preferenze, Egli sovverte l'ordine di questo mondo, i primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi e chi vuol essere grande, sarà servitore, schiavo di tutti.
Chi si lascia coinvolgere nel destino del Figlio avrà la vita eterna e questo sarà il premio più bello, l'importante è raggiungerlo!

Gli altri dieci discepoli s'indignano con Giacomo e Giovanni, ma Gesù li chiama a sé, quel che a Lui preme è insegnar loro come vivere bene qui, per poter giungere là. L'agire secondo Dio è molto diverso dall'agire degli uomini, il discepolo dovrà accogliere i piccoli, farsi umile servo, mettersi all'ultimo posto, condividere le sue ricchezze e non accumulare, dovrà conservare una fedeltà assoluta e un cuore incorrotto. Tutto all'opposto di come agivano i potenti di allora, coloro che governavano i popoli, capaci solo di spadroneggiare e sfruttare i deboli.

Potremmo subito dire, a questo proposito, che anche oggi la situazione si ripropone tale e quale; quanta attualità e quanta tristezza se si pensa che nessuno sembra disposto a rinunciare ai suoi privilegi terreni, il bene comune è solo un'utopia, mentre trionfano privilegi e ingiustizie.
Gesù invece insegna a mettere in comune i carismi ricevuti per costruire una vera comunità di fratelli.

Ma perché si deve agire così? Perchè il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti. Egli dà un senso alla sua morte, si fa sacrificio per questa umanità, perchè dalla sua morte possa nascere la vita.

Inoltre non dimentichiamo che Gesù sta dando vita ad una comunità la cui novità non sta tanto in un modo di organizzazione diverso da quello sociale ma in una radicale conversione, nel cambiamento di mentalità, di cuore e di spirito che mette al primo posto il dono di sé e il servizio verso gli altri.

A questa comunità siamo chiamati tutti a partecipare per mettere in comune i nostri carismi e condividere le nostre risorse. 

Non accontentiamoci dunque di essere cristiani di facciata, accogliamo l'invito di Gesù a collaborare mettendoci a servizio gli uni degli altri.

Gli apostoli invece ci hanno estratti dal mare di questo mondo e ci hanno pescati perché da morti fossimo vivificati. 

Finché eravamo nel mondo i nostri occhi guardavano verso il profondo dell'abisso e la nostra vita era immersa nel fango, ma, dopo che siamo stati strappati ai flutti, abbiamo cominciato a vedere il sole abbiamo cominciato a contemplare la vera luce ed emozionati da una gioia straordinaria. 

Tutti quanti possiamo e dobbiamo seguire Gesù, e diventare pescatori insieme a lui, anche solo con piccoli segni: uno sguardo, una parola, una mano. Collaboratori nel portare la buona notizia del Regno, dell'amore gratuito del Padre. ( Dal veb)



venerdì 9 ottobre 2015

UNA COSA SOLA TI MANCA... VA ...VENDI... DALLO... E VIENI E SEGUIMI!


Tanto è il bene che mi aspetto, ch’ogni pena m’è diletto”.


Domenica 28ma del tempo ordinario Anno B : 11 ottobre 2015


Dal vangelo secondo Mc 10,17-31

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Parola del Signore!

Mariella: Gesù è di nuovo in movimento, non viene specificata la meta ma si pensa che ormai stia incamminandosi verso Gerusalemme ultima tappa, essendo già stata annunciata per due volte la sua imminente passione e morte.
Il racconto si snoda in due parti, la prima riguarda il dialogo fra Gesù e un tale, la seconda fra Gesù e i suoi discepoli.

Nella prima parte, il colloquio è delimitato da un correre incontro e un andarsene rattristato. Quel tale, protagonista del racconto, è un ricco senza nome e senza volto, anzi, per meglio dire, di lui ricorderemo il suo volto scuro con cui se ne andò amareggiato. Questo personaggio corre incontro a Gesù e si getta ai suoi piedi chiamandolo “Maestro buono”, dunque lo ritiene veramente capace di insegnare la retta via, gli rivolge una domanda: “Che cosa devo fare per ereditare la retta via?” possiamo immaginare che è un credente, uno che crede nella vita futura con Dio e vuole raggiungerla, vuole meritarla.

Per questo si rivolge a Gesù, il quale a sua volta lo rimanda ai comandamenti e cita alcuni di essi, in particolare quelli che si riferiscono alle relazioni con il prossimo. I comandamenti che riguardano Dio sono facili da praticarsi se si prescinde dai secondi. Ma solo chi si esamina sui secondi con serietà può dire se ha osservato i primi.

Quel tale risponde che li aveva osservati fin dalla giovinezza e Gesù lo guarda con affetto, perché comprende che infondo è ben intenzionato verso un cammino di santità e allora cerca di fargli capire che non basta ad esempio non rubare, ma che bisogna essere disposti a condividere, per questo lo invita a vendere tutti i suoi averi, darli ai poveri, per ottenere un tesoro in cielo.
Infatti la via della vita consiste nell’arricchirsi davanti a Dio e non nell’accumulare tesori sulla terra!

Ma ad una proposta così audace e radicale fatta da Gesù, quel tale rispose nò e se ne andò con volto triste e scuro. Marco sottolinea: “aveva troppe ricchezze” quasi che questi beni fossero come un enorme macigno che ostacola il cammino verso la vita eterna.

Gesù allora si guarda intorno, ritrova i suoi discepoli stretti intorno a Lui, anche se spaventati non se ne vanno. Egli sta soffrendo per l’allontanamento di quell’uomo, ma certo non può fare sconti sulle esigenze della sequela, o si è disposti a perdere la vita per donarla agli altri, o non si può essere suoi discepoli.

Com’è difficile entrare nel Regno di Dio!” I discepoli impauriti aggiungono: “Ma allora chi potrà salvarsi?”

Salvarsi non è potere dell’uomo, ma è dono gratuito di Dio, solo quando si accoglie il Vangelo e lo si mette in pratica si cammina verso la vita vera, sostenuti dalla forza di Dio che è in noi.
Per salvarsi bisogna prendere le distanze dalle ricchezze, ma questo non basta, bisogna seguire il Signore, imitarlo, vivere come Lui ha vissuto, lasciarsi coinvolgere totalmente nel suo destino di morte e di vita.
 

Il Maestro continua incessantemente ad educare i discepoli, i quali non sembra abbiano totalmente compreso cosa significhi seguirlo, ma in loro è presente la buona volontà che rende il terreno fertile.
Come all’annuncio del Vangelo, Gesù sperimenta la contrarietà dei suoi stessi parenti, così dovranno fare anche i discepoli. E se essi non avranno paura, per amore del suo Vangelo, di affrontare rotture famigliari, ostilità e perfino persecuzioni, otterranno su questa terra il centuplo di quanto hanno lasciato. Essi infatti ritroveranno nella comunità di fede, una vera famiglia, tanti fratelli riuniti dall’amore di un solo Padre e questa gioia, dopo le tribolazioni terrene, non avrà mai fine!

Questa è la sola ed unica via della vita che Gesù indica ai suoi e aggiunge ancora una volta che essi dovranno considerarsi ultimi e servi di tutti, per poter essere primi nel giorno della ricompensa.
Questi insegnamenti ora li rivolge a ciascuno di noi, vogliamo anche noi andarcene con volto scuro e rattristato? Oppure li accoglieremo con la gioia propria dei veri cristiani?

Enzo: Molto bella questa pagina di Marco e contemporaneamente molto dura e sconcertante; bella per chi segue il Maestro con tutto il cuore, sconcertante per chi crede sempre ai beni di questo mondo, incerta per il credente che pensa di essere nel giusto per avere osservato le regole, le leggi.

L'evangelista Marco con l'episodio dell'uomo ricco, rimasto senza nome, e per Matteo era un giovane, ci comunica il pensiero di Gesù sulla ricchezza, sui ricchi, e ci ripropone il tema della sequela, del discepolato.

Il ricco accorre al lui con una certa sicurezza e dimostra stima per Gesù, Maestro buono! Lo considerava in grado di conoscere la volontà di Dio. Era animato da un sincero desiderio, comune allora fra tutte le persone pie, di ereditare la vita eterna, cioè ottenere la salvezza concessa da Dio al suo popolo come eredità.In questo episodio è messa in risalto la chiamata di Gesù: 

 Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò”.


Per nessono degli apostoli è stata usata questa frase dagli evangelisti: tutti lo seguirono “subito” senza farsi domande perché avevano visto in Gesù il liberatore del popolo ebreo, non si accorsero dell'amore di Gesù per loro, ma sperarono in un futuro migliore. Sappiamo che spesso si mostrarono titubanti, ignoranti e per ultimo abbandonarono il Maestro.

Quando Gesù chiama e prende l'iniziativa vuol dire che vuol fare qualcosa di meraviglioso a chi lo seguirà. Ogni chiamata di Gesù implica la sua iniziativa, non siamo noi a scegliere! L'urgenza nel seguirlo, il distacco dai beni e dagli affetti, richiede un sì deciso


La sequela, lo abbiamo letto, è qualcosa di più della semplice osservanza della legge: Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni”. Sia il giusto che il peccatore hanno un distacco da fare, e Gesù lo propone in maniera radicale, e l'adesione deve essere premurosa, veloce, per sempre.  
Levi, l'esattore delle tasse,il peccatore perché amico dei romani, accttò l'invito; il giovane ricco, uomo giusto, lo rifiutò.

Gesù ripropone in questo episodio anche il concetto della ricchezza, il problema della ricchezza, esponendo un severo giudizio sui ricchi, lasciando perplessi i presenti: Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”

La dura richiesta di Gesù e soprattutto il suo severo giudizio sulla ricchezza ("è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago...") suscitano nel discepolo perplessità e interrogativi.
Anzitutto perplessità: di fronte alla proposta cristiana il discepolo si smarrisce, è sfiduciato: se è così, chi si può salvarsi?

La risposta di Gesù potrebbe sembrare evasiva, in realtà raggiunge il nocciolo del problema: tutto è possibile a Dio, ed è soltantto questione di fede e di fiducia. Bisogna aver fede, disponibilità: questo è l'ambiente adatto perché la potenza di Dio si attui.

Attenti alla voce e allo sguardo di Gesù che rassicurano e danno fiducia nonostante le inevitabili difficoltà, togliendo ogni dubbio promettendo l'assistenda divina: Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.

Ai discepoli che con la voce di Pietro speravano ricompense, alla paura del discepolo che immagina la sequela come una strada impossibile, difficoltosa, come un prezzo alto da pagare Gesù stupisce con la sua risposta profonda: la vita eterna e il centuplo nel tempo presente. E non è una proposta o promessa per infondere ottimismo: Gesù si affretta a precisare: “in mezzo a persecuzioni”.
Seguire Gesù richiede sacrifici ma non è una strada di morte, non è povertà ma ricchezza, non è perdita ma guadagno, è gioia non tristezza.

San Giovanni Paolo secondo parlando del poverello di Assisi così parlava:
 
La gioia, che riempiva il cuore di S. Francesco, è nata dallo stupore con il quale nella semplicità e nell’innocenza del suo animo contemplava tutta la realtà e gli eventi; ma specialmente nasceva dalla speranza che alimentava nel cuore e mosso dalla quale esclamava: 

“Tanto è il bene che mi aspetto, ch’ogni pena m’è diletto”.




Mi tornano in mente le altre parole di Gesù che abbiamo commentato domenica scorsa:

chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”.

                                                         .................
 Nei commenti potrai trovare il commento di Papa Francesco all'angelus in Piazza San Pietro.

sabato 3 ottobre 2015

La purezza di cuore in contrasto con la durezza di cuore...


L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.
 
Domenica 27ma  del  tempo ordinario – Anno B – 4 settembre 2015



 
Dal Vangelo secondo Mc 10,2-16


Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la   propria   moglie. Ma egli  rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse  loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma  dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina;  per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento.  E disse loro: «Chi ripudia la  propria  moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.


Parola del Signore!



Enzo: Il capitolo decimo di Marco tenterà di chiarire ulteriormente il concetto di sequela iniziato col capitolo 8 e che si va sempre più precisando come un viaggio verso la Croce, e dall'altra di applicarla a tre situazioni che per la comunità primitiva erano di grande improtanza, essendo ancora vicine e vive le parole di Gesù: il matrimonio, la ricchezza e l'autorità. Gesù va al concreto della vita.

In questo brano due concetti:  l'adulterio e l'importanza dei bambini.
Al tempo di Gesù il divorzio era ammesso sulla base di un testo del Deuteronomio, 24,1: “ quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa”.

Riflessioni di don Antonio Schena.

“Ma Gesù, come sempre in casi analoghi, mostra di non essere prigioniero della problematica delle scuole teologiche rabbiniche.
Egli supera il caso dibattuto, collocando il problema nel suo giusto orizzonte: qual è l'intenzione fondamentale di Dio che guida il piano della salvezza, al quale bisogna ispirarsi al di là di ogni casistica e delle diverse applicazioni che la tradizione ha accumulato nel tempo?
Gesù porta la questione alla sorgente. E già qui troviamo un insegnamento, una lezione di metodo: non basta appellarsi alle tradizioni, bisogna valutarle in base al loro dinamismo interiore, in base a quella intenzione iniziale che le ha generate. E' un principio che si deve applicare persino alle Scritture: tutto è parola di Dio, ma c'é testo e testo.

Gesù non mette sullo stesso piano Genesi e Deuteronomio: il primo rivela l'intenzione profonda di Dio, il secondo paga un tributo alla durezza di cuore degli uomini.

Per Gesù l'intenzione profonda  alla quale  il matrimonio deve ispirarsi è l'alleanza di Dio con il suo popolo: una fedeltà definitiva e senza pentimenti, una solidarietà senza compromessi. Nell'alleanza con la sua donna l'uomo deve entrare portando tutto se stesso, giocandosi completamente e definitivamente. Ecco perché e a quali condizioni l'alleanza fra l'uomo e la donna diviene luogo in cui il Regno si attua e diventa sequela e profezia.

"Per la durezza del vostro cuore":  Dt,24, 1-4 è in realtà non un comandamento ma una regola permissiva intesa a regolamentare la relazione tra un uomo e la propria moglie divorziata; alla base c'è il concetto che una moglie che per qualsiasi motivo abbia avuto rapporti sessuali con qualche altro uomo, non poteva più coabitare di nuovo con suo marito.

"Dio li fece maschio e femmina": Gesù indica Gen. 1,27 e Gen. 2,23 come la ragione per la quale il matrimonio è indissolubile.

"Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre": in Gen. 2,23 la ragione esposta non è perché Dio creò l'uomo maschio e femmina, ma perché la donna fu derivata dall'uomo ed è "ossa delle mie ossa..." e questa ragione spiega la spinta dell'uomo a formare con sua moglie un'unità più forte del legame con i parenti più stretti. In questo modo, Gesù asserisce di esprimere la volontà di Dio sull'indissolubilità del matrimonio in opposizione persino con l'autorità di Mosè".

Enzo: Oggi le cose sembrano cambiate,  il divorzio è una conquista da paesi civili; ma forse la colpa non e tutta di questi paesi detti civili...  Chi legge queste righe cosa ne pensa?.....

Passando alla seconda parte Gesù accarezza alcuni bambini che gli apostoli volevano allontanare da lui. Un bel gesto di amore verso creature deboli che contavano poco nella società. Ne prende le parti e ne esalta l'innocenza, la predisposizione ad accettare le cose di Dio. E avverte: “In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”.

Ecco la purezza di cuore in contrasto con la durezza di cuore di coloro che non accettando le leggi del Signore perseverano coscientemente nel male, si burlano di Dio, del prossimo, dell'amore vero che solo da Dio può arrivare per tornare a Lui nella comunione eterna.

Mariella: Il brano evangelico che andiamo meditando oggi inizia con l’immagine di Gesù messo alla prova da alcuni farisei.  Già conosciamo l’accanimento con cui essi volevano incastrarlo per poterlo accusare e poi eliminarlo.

In questo brano avvicinano Gesù per esporgli un quesito molto discusso tra gli studiosi biblici: è lecito ripudiare  la  propria  moglie in caso di adulterio?

 Gesù vuole esporre con chiarezza il suo pensiero, Egli non si sofferma a sottolineare che quanto Mosè aveva comandato era in difesa della donna. Quell’atto di separazione scritto serviva per dimostrare che essa non era infedele al marito, ma che era una donna libera, perché il marito in realtà non la voleva più. Il comandamento di Mosè  infatti  è comprensibile solo partendo da una situazione di peccato: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma” ossia la scrisse perché il loro cuore era ormai diventato insensibile a causa della ripetuta disubbidienza alla volontà di Dio, per cui, in una simile situazione di peccato, il divorzio era il minor male. Se eliminiamo Dio dal cuore, questo diventa verso il prossimo, più duro delle tavole di  pietra
Ma  da quando Gesù chiede la conversione dei cuori e annuncia il Vangelo non è più tollerabile tutto questo: chi accoglie il Regno di Dio deve rimettersi alla sua volontà che è chiara fin dalla creazione del mondo, quando Dio li creò maschio e femmina, complementari uno all’altra e li rese una carne sola.  Quindi:  
 “ l’uomo non divida quel che Dio ha congiunto.”

Ora i farisei scompaiono dalla scena ed ecco una volta a casa , Gesù risponde alle domande dei discepoli, ed il suo insegnamento si fa’ ancor più chiaro. Egli torna a ripetere che spezzare un vincolo sigillato da  Dio è andare contro la sua volontà, Dio è comunione. Ogni cristiano dunque è chiamato a vivere in comunione sempre con il Padre e con i fratelli, deve essere testimone di unità pur nella diversità. Quando  viene meno questa comunione significa che forse qualcuno non si è sacrificato per l’altro, che forse non ha saputo mettere in pratica gli insegnamenti di Dio, che forse non ha saputo con pazienza e perseveranza portare la sua croce . 
                                                                                  


“Gli presentarono dei bambini perché li toccasse….” Il tema dei bambini è ricorrente, già domenica scorsa il testo li metteva al centro della scena. Gesù riabilita il ruolo dei bambini: i  bambini contano e contano ancor più quando si tratta di metterli in relazione con Dio; per questo Gesù rimprovera  i suoi discepoli che  cercano di allontanarli.
Egli li accoglie, li abbraccia, li benedice, li riabilita ad un ruolo centrale e decisivo per quanto riguarda il suo Regno. I piccoli  infatti non hanno meriti, hanno bisogno di tutto. Il Regno è dono gratuito, è grazia, nessuna opera umana lo può meritare, è donato attraverso il Battesimo, attraverso il quale  entriamo a farne parte. Donato  ad un bimbo il piccolo diventa segno visibile dell’amore gratuito di Dio. Da qui l’invito a diventare come loro, cioè a sentirsi piccoli davanti a Dio e agli uomini, a mettere da parte ogni rivalità, dominio, pregiudizio, prepotenza, per farsi ultimi e servi per essere primi nel suo Regno.