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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


domenica 30 marzo 2014

cecità spirituale




C E C I T A’ S P I R I T U A L E:
ecco il malvagio concepisce ingiustizia


“ Le nubi a volte nascondono le stelle
ma le stelle sono sempre lì che brillano per te…
Basta aspettare che passi il temporale” Romano Battaglia

Dio creando l’uomo a sua immagine e somiglianza ha lasciato nella sua creatura una traccia della sua divinità, come una piccola luce pronta a diventare molto luminosa se attivata, curata, accarezzata, amata.
Questa piccola luce fa parte inseparabile dell’uomo: è un dono di Dio, una spia divina, un soffio magico, è la legge di Dio nel cuore dell’uomo, l’amore di Dio che sempre ama e vuole essere amato.

Dio creando l’uomo volle fare una creatura speciale, essere intelligente e libero, proprio come lui, “ a sua immagine e somiglianza”, e lo volle signore del creato.

Libero, capace di accettare e rifiutare, scegliere, decidere, prendere o lasciare, dare usando la sua emotività,la sua fisicità, la sua relazionalità, la sua intelligenza, la sua povertà o ricchezza,il suo odio o il suo amore.

Sappiamo come andarono le cose con Adamo ed Eva: prima disobbedienza, primo peccato e conoscenza del bene e del male: un dualismo che per i secoli l’uomo si porterà con sé, un contradditorio che sarà la sua salvezza o la sua rovina.

Scrive l’apostolo Paolo: “ In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compirmi bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rom 7,18-19).

Questa la situazione dell’uomo: una scelta continua, stare dalla parte del bene o del male, una scelta del relativo o dell’Assoluto.

In ogni momento l’uomo esprime e sperimenta la sua profonda natura nel piano materiale e in quello spirituale prendendo così consapevolezza di quello che è, della sua coscienza e del suo potere decisionale. Le sue decisioni buone o cattive, le sue azioni, i suoi sentimenti, i suoi rapporti con gli altri esseri umani vanno rapportati alla legge divina, a leggi universali e valori etici comuni.

Il bene è luce, il male è tenebra. La luce brilla, mostra la bellezza della vita, del creato; il male è la negazione, è oscurità o bene passeggero che presto passa e non dura.

Chi pensa di potere fare tutto ciò che vuole e si adopera in questo senso, rimuove i suoi lati oscuri creando una personalità, una mentalità, un comportamento obbligato, un agire anomalo che diventa abitudine: “ so di voler fare il bene , ma il male mi appaga subito”; il non fare il bene fa perdere la consapevolezza di potere fare il bene allontanandoci da quel barlume di divina sapienza che è dentro di noi.

Qui inizia la cecità spirituale: fare l’abitudine a tutto ciò che utile, possesso, piacere, ricchezza, disprezzo, appagamento egoista del proprio istinto; disinteresse per Dio e per il prossimo; sempre divisi tra l’ideale e la realtà dell’operato.

“ Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore:
Dio non ne chiede conto, non esiste,
questo è il suo pensiero. (Sal 10)

Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia,
è gravido di cattiveria, partorisce menzogna.
Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto” Sal 7,15-16

Cecità spirituale è anche quella di cui parla il profeta Isaia, 29,13

“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

A queste parole fa eco Gesù:

Non chiunque mi dice “ Signore, Signore”, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).

L’apostolo Paolo, citato prima, ci vuole invitare a vedere noi stessi realisticamente con i nostri lati luminosi e con quelli oscuri. Solo allora il nostro impegno spirituale porterà frutto.

Spesso la cecità spirituale è come una malattia, spesso temporanea più o meno lunga se riusciamo a trovare la medicina giusta: desiderio, volontà, preghiera, consiglio, coraggio di incominciare ogni qualvolta ci “rilassiamo” rompendo con i ritmi di vita che avevamo imposto alla nostra vita: la coerenza segna l’inizio della guarigione, della salvezza, l’uscita dalla cecità.

Per tante persone il ricorso ad un amico, il farsi aiutare da persone veramente devote può significare l’inizio di un cammino nuovo, il ritrovare quella fede, forse creduta persa o molto debole, quella fede che Gesù poneva come condizione per fare dei prodigi, guarire, perdonare.

Per tutti, per non cadere nella cecità spirituale importante è la preghiera, il dialogo con Dio, il mettersi nudi davanti a Lui sapendo che Dio ci conosce a fondo, incontrarlo per chiedere aiuto, ringraziare, lodare, adorare.

Tutti sappiamo che la fede è un dono di Dio che riceviamo nel Battesimo: non basta averla, bisogna conoscerla perché conoscendola possiamo farla crescere e soprattutto dare le risposte che Dio si attende da noi, chiederla e chiederla con insistenza specialmente nei momenti in cui ci sentiamo lontani da Dio, svogliati o perché non avvertiamo la sua presenza. Dio spesso è silenzioso, sa attendere, è paziente, ci ama, vuole salvarci ma non senza di noi.

Uscire dalla cecità spirituale vuol dire trasformarsi: adesso vediamo, capiamo, comprendiamo , siamo rinati: “Prima ero cieco e ora ci vedo” (Giov 9,25) testimoniava il cieco nato guarito da Gesù.

Dalle tenebre alla luce, dalla luce alla testimonianza: "Rispose loro quell'uomo"Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto dire nulla" (Giov 9,30-33).

Chiediamoci spesso: Chi è Dio per me?
                               
                                                 Ho veramente incontrato Dio?

                                                 Come vivo?


Da SCELTA DI VITA, enzo-sceltadivita.blogspot.com

giovedì 27 marzo 2014

Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.


La Redenzione si avvicina! Rallegriamoci arriva la luce!


 Quarta domenica di quaresima, 30 marzo 2014

 Dal Vangelo secondo Giovanni: 9, 1-42

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?».

I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia».

: Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».


Parola del Signore!


Mariella: In questa quarta domenica di quaresima continua la lettura del Vangelo di Giovanni. Il brano inizia con un verbo: "passando", non viene indicato né luogo né tempo in cui è accaduto questo miracolo, ma é messo in evidenza solo il “camminare” di Gesù e il suo “vedere”.

Egli va verso le folle e percepisce i singoli drammi ed i bisogni, così è per quest'uomo cieco dalla nascita, così per la samaritana, per Zaccheo e tanti altri.



Gesù vede il cieco, si ferma, lo guarda, il suo sguardo è carico di misericordia. Anche i discepoli si fermano e lo guardano, ma il loro sguardo è diverso, infatti secondo il giudaismo, la disgrazia era effetto del peccato. Questa mentalità in verità non è del tutto scomparsa. Non è raro sentir dire che “ma che ho fatto di male per essere così punito?” come se Dio fosse un giustiziere impietoso!

Gesù contraddice tale concezione: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori". È una risposta breve ma chiara. Dio non infligge il male ai suoi figli e neppure resta indifferente alle sofferenze che si abbattono su di loro. Egli viene per guarire e salvare.



Gesù si avvicina, lo tocca con tenerezza e lo guarisce.

In quella mano che tocca il malato si compie il mistero dell'amore di Dio, mistero non nel senso di una realtà non comprensibile, mistero nel senso che l'uomo fatica a comprendere quanto Dio lo ama, la presenza di Gesù nel mondo, la sua opera, la sua parola, è la rivelazione stessa del Padre,

Cristo è Luce che risplende perché "in lui si manifestino le opere di Dio".



Senza Gesù non riusciamo a percepire il senso del mondo e la sua direzione, ne avvertiamo solamente il limite, il male e lo interpretiamo come castigo di Dio per i nostri peccati, ma con lui, tutto cambia prospettiva, l'Amore di Dio raggiunge il suo vertice. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito". Dio è misericordia!



Incontrare Gesù significa incontrare l'Amore che ci cambia il senso della vita: solo la fede in Lui ci apre gli occhi perché sappiamo vedere ciò che i nostri occhi da soli non riuscirebbero a vedere.

Gesù disse a quel cieco: "Va a lavarti nella piscina di Siloe". Il cieco vi andò, "si lavò e tornò vedendo".



La guarigione non arriva attraverso pratiche magiche ma si realizza in modo molto semplice: obbedendo alle parole di Gesù, levandosi  dagli occhi il velo d'incredulità e di dubbio che confonde, e poi immergere lo sguardo nell'immensità dell'amore misericordioso del nostro Dio.

Ridare luce all'uomo e sottrarlo alle tenebre della notte, è dunque opera di Dio, è il dono più prezioso e più atteso. Il primo effetto della luce è quello di mettere a nudo le scorie pesanti del peccato, purificare il nostro spirito.

Dove c'è l'acqua che Cristo sa donare, avviene sempre il miracolo della purificazione. «Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva».



Guarire come questo cieco è possibile solo grazie alla gloria divina che si manifesta nell'amore e nella misericordia, ma anche grazie alla collaborazione dell'uomo nel lasciarsi guarire,

C 'è in questo episodio una guarigione destinata a tutti coloro che sono afflitti da inquietudine, smarrimento, vale a dire cecità spirituale, da essa si può guarire grazie alla luce che può scaturire solo da Dio.

Per coloro che viceversa non si aprono alla grazia e di conseguenza non sono nella luce e non sono purificati nello spirito, non è possibile comprendere e vedere con gli occhi della fede, per questo innescano l'ennesimo processo contro Cristo che ha guarito in giorno di sabato e contro colui che ha recuperato misteriosamente la vista.



Anche noi dunque in questo cammino quaresimale siamo di fronte ad una scelta: lasciarci incontrare da Cristo per  permetterGli di guarire la nostra cecità; oppure restare nel buio e non riconoscere la sua Luce e la sua potenza.

Se sceglieremo la prima strada, saremo guariti dalla nostra cecità e potremo forse accorgerci di chi ci sta attorno; potremo stendere a nostra volta la mano per toccare con affetto chi è solo, bisognoso, emarginato.



Forse potrà accadere anche a noi di non essere compresi come accade a quel cieco, che dopo aver riacquistato la vista, non viene creduto e suscita perplessità tra coloro che da tempo lo conoscevano.

Ma proprio mentre gli altri lo cacciano, Gesù non lo abbandona, lo cerca e parla ancora con lui. Gli domanda: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?” e l'uomo risponde: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”

Gesù afferma: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. E prostrandosi dinnanzi il cieco grida:”Credo, Signore!” Vogliamo fare anche un po' nostra questa certezza?


Enzo: Questa terza domenica di quaresima è una domenica speciale, una domenica in cui la liturgia ci invita a rallegrarci perché la nostra tristezza diventerà gioia

e così ci invita:

Rallégrati, Gerusalemme,

e voi tutti che l’amate, riunitevi.

Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:

saziatevi dell’abbondanza.



La redenzione si avvicina, arriva la Luce.


Il contenuto teologico del racconto è interamente incentrato sul mistero della persona di Gesù, che causava un giudizio di condanna per coloro che non credevano nella sua parola e l’illuminazione di coloro che l’accoglievano con fede. La vera cecità non era quella del cieco guarito, ma l’incredulità dei giudei e dei farisei, persuasi di possedere la verità persistendo nel rifiuto dell’Inviato di Dio.


Gesù si presenta come “la luce del mondo”. Egli era stato mandato dal Padre per irradiare la luce della “verità”. Finché durava la sua vita terrena (“finché è giorno”), doveva compiere le opere del Padre insieme con i suoi discepoli, coinvolti nella sua missione: “Bisogna che noi operiamo le opere di Colui che mi ha mandato…”.

Non lo fa forse anche oggi Gesù assimilandoci a Lui nella sua opera?


La sua presenza nel mondo rappresentava un giorno luminoso: le sue gesta manifestavano il disegno salvifico di Dio.

La “notte” si riferisce alla fine della sua vita, determinata dal rifiuto di Gesù-Luce da parte dei capi dei giudei increduli, avviluppati dalle tenebre di morte.


Questo brano ci consente di immedesimarci con il cieco nato. Se noi non siamo più ciechi è solo perché siamo stati gratuitamente illuminati da Gesù, la luce vera che illumina ogni uomo. Siamo, dobbiamo essere luce nel nostro ambiente elevando i nostri cuori verso Dio che ci guida dallo stato di disagio (peccato), causato dalle tenebre, allo splendore della luce e della fede (misericordia). Ciò comporta prima la consapevolezza della propria cecità e poi l'accettazione del dono della fede, significata dalla luce di Cristo che ci rende figli della Luce. Siamo sulla scia della volontà del Padre?


«Lo hai visto: è colui che parla con te». Come il cieco rispondiamo: «Credo, Signore!», tu sei la Parola del Padre.


Dobbiamo conoscere meglio la Parola per, (ma senza assillo) adeguare il  vivere al credere, la  morte alla vita, il peccato al perdono misericordioso di Dio, la paura alla gioia, la gioia , tanta gioia in vista della felicità eterna.


Giuseppe: La nostra cecità. Quante volte l’abbiamo sperimentata anche nel nostro piccolo, senza andare a cercare chissà dove. Non la mancanza della vista, no, essere ciechi e sordi alla realtà che ci circonda.

E se anche non siamo del tutto ciechi e sappiamo che Gesù c’è, lo chiamiamo e preghiamo Lui solo per ottenere favori per noi e per i nostri cari.

Solo che talvolta non cerchiamo Gesù, luce del mondo, luce che non si spegne e che vive per sempre dentro di noi, ma lo rifiutiamo.


La nostra cecità. Credere di sapere tutto su Dio e sulla vita: questa cecità mi fa paura, terrore. Ma dovrebbe farmi ribrezzo, invece no. Io ci casco, oh se ci casco! Un motivo importante, divenuto per me, per mia scelta, il tema di questo cammino quaresimale.


La nostra cecità. Il paradosso che ci presenta Gesù è formidabile e colpisce il mio cuore di pover’uomo.

Il cieco nato è un uomo senza cultura, non sa né leggere né scrivere, eppure è lui a divenire “maestro” nei nostri confronti grazie al miracolo di Gesù.



 “ Proprio questo stupisce: che voi non sappiate di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi”.

Ecco l’insegnamento, che, puntuale arriva fino a noi. E così ritorniamo al Discorso della Montagna: Beati i poveri in spirito, beati gli umili

La nostra cecità. La necessità di “lavarsi”, di pulire gli occhi dell’anima.


ANDAVA GESU’



Andava, Gesù,

su e giù

per le strade del mondo

e amava.

Ai cuori parlava

di chi l’ascoltava:

a loro porgeva

di vita eterna l’acqua

che cancella il peccato,

donava la vista,

per non smarrire la strada;

ridava la vita,

pur dopo la morte.

Andava Gesù, su e giù

per le strade del mondo

e amava.

Amando ti chiama, ti dice:

cammina con me.


Anna: Gli ultimi degli ultimi ...e Gesù passando si ferma lo guarda è cieco e vive nel buio più totale ....anche noi a volte non sappiamo fermarci ....non sappiamo comprendere che cos'è la cecità e a quali difficoltà una persona può andare incontro ...Gesù va oltre l'aspetto fisico, penetra e va diritto al cuore e la sua compassione si realizza in Amore ..va dritto nel profondo…va verso la sofferenza ...lui non giudica non giustifica la malattia come volere di Dio ....


Se incontri Gesù tutto cambia e diventi un'altra persona con Luce viva e sguardo nuovo e come mendicanti rinasciamo più liberi di guardare con gli occhi della fede perche attraverso il Sacramento del perdono noi rinasciamo con Gesù ...e sappiamo superare la nostra cecità appoggiandoci alla  misericordia del Padre che ci rende anche testimoni della sua  misericordia..


Mariella: io vorrei solo sottolineare quanto ha detto Enzo, la vera cecità non è quella del cieco nato, ma quella di quanti si rifiutano di credere e di aprirsi alla grazia di Dio.

Auguriamoci di non essere fra quelli!

Anna: Molto spesso chiedo ai miei ragazzi che cos'è la Grazia?
E loro mi rispondono che è Dio in noi…ecco perche crediamo in Lui.

mercoledì 26 marzo 2014

La samaritana è la prima missionaria del Vangelo.



“ Venite , vedete un uomo che mi ha rivelato tutto quanto ho fatto. Che non sia questi il Cristo?


Domenica terza di quaresima, 23 marzo 2014



Dal vangelo secondo Giovanni Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Parola del Signore!

Enzo: Per la riflessione di questo brano mi soffermerò a commentare il cammino di fede della samaritana: trattasi di una conversione, e trovandoci in un periodo di preparazione alla Pasqua, è molto appropriato  per un nostro confronto con la Parola: la nostra è una fede matura? Adoriamo Dio in spirito e verità?



Nel Vangelo Gesù ha fatto molti incontri che hanno cambiato la vita a molte persone: ricordiamo i tanti miracoli che attraverso l’incontro della fede in Gesù hanno stravolto la vita dei miracolati, lebbrosi, zoppi, ciechi… o uomini e donne peccatori come Matteo, l’adultera, la Maddalena, Zaccheo…

Ma c’è un incontro di Gesù, vicino ad un pozzo, luogo di incontro di persone che semplicemente si recavano lì per attingere acqua e spesso facevano anche due chiacchiere.

 La semplice richiesta di un po’ di acqua genera una discussione che causa un profondo e salutare coinvolgimento e contemporaneamente un cambiamento di vita, uno sconvolgimento vero e proprio. Pertanto Gesù incontra la samaritana in un luogo del quotidiano, non strettamente religioso anche se l’incontro presso un pozzo si concludeva spesso con un matrimonio, scena tipica che ricorre spesso nella Bibbia..



Non sappiamo se questo brano fa parte delle parabole di Gesù, riportato poi da Giovanni come veramente accaduto per dare più risalto teologico alla manifestazione messianica di Gesù e al rapporto che l’uomo deve avere con Dio.



Nell’incontro con Gesù la samaritana preferisce mantenere il discorso su luoghi comuni, fa finta di non capire, non vuole impegnarsi in discorsi troppo seri. Ma un po’ alla volta Gesù le fa intuire che l’acqua che Lui, Gesù, ha da offrirle può davvero dissetarla per sempre. Gesù si manifesta un po’ alla volta, non imbottisce di parole quella donna, vuole arrivare al suo cuore.



Questo incontro della Samaritana con Gesù è un incontro speciale dove assistiamo ad una conversione particolare, veramente nuova, forse unica nei vangeli, un cammino di fede guidato da Gesù stesso, ma assecondato da una donna prima e poi da altri, i suoi connazionali. Questa samaritana infine si rivela così a Gesù, non cerca più di nascondere gelosamente i suoi secreti: si arrende a Gesù di fronte all’evidenza delle parole del Maestro. La sua fede non sarà alla fine imperfetta come quella dei Giudei basata sulla vista dei segni, guarigioni e miracoli, o come quella di Nicodemo pronto a riconoscere in Gesù un inviato di Dio ma incapace di aderire alla fede totale in Lui.



La samaritana vede per primo in Gesù un giudeo, un nemico che osa chiedere a lei da bere; successivamente gli domanda se si credeva più grande di Giacobbe, chiamando Gesù Signore; poi lo chiama profeta perché le ha svelato la sua vita privata; infine Gesù stesso le dichiara di essere il Cristo. Successivamente dalla bocca dei samaritani giunge il riconoscimento di Gesù come Salvatore del mondo. Bel cammino!



La fede passa attraverso la conoscenza reciproca, togliendo eventuali pregiudizi,la samaritana riconosce la sua vita privata non corretta, Gesù le dimostra di avere una conoscenza soprannaturale e questo induce la donna a riconoscerlo come profeta e infine come Messia dopo la dichiarazione di Gesù: “ Sono io che ti parlo”. Come diventa importante la Parola, ascoltata e interiorizzata!



La samaritana al culmine dell’incontro è profondamente sconvolta, capisce l’annuncio di Gesù, il dono di Dio, felice del dono ricevuto, arriva al termine della sua esperienza spirituale. Ha seguito Gesù quando le ha annunciato il dono dello Spirito, quando le ha rivelato la sua verità interiore, quando ha chiarito il suo rapporto con la religione. Vede in Gesù il rivelatore in un tempo nuovo, il Messia,e così aderisce ad una persona, perché fede è fiducia, adesione a Gesù.



Ma la fede in Gesù non può rimanere nascosta: la samaritana lascia la brocca vicino al pozzo e corre ad annunciare a tutti quello che le era successo, di avere incontrato Gesù: “Non sarà forse il messia?,dirà, stuzzicando la curiosità dei suoi paesani. Ed è anche brava nell’annuncio.

. Rimane così come esempio di vero seguace di Gesù: ha conosciuto, si è confidata, ha creduto, ha dato fiducia, e ha annunciato e  testimoniato  la propria conversione. La samaritana è la prima missionaria del Vangelo.



Spesso mi viene da pensare a quanto siamo inefficaci noi con le nostre catechesi con i nostri incontri, con le nostre parole.

Forse perché noi stessi non abbiamo ancora incontrato Gesù. Lo cerchiamo, ne parliamo ma in realtà non lo conosciamo, almeno non con una conoscenza intima che solo Lui può svelarci, e successivamente, lasciando da parte noi stessi annunciare soltanto Lui, come la samaritana, perché soltanto la Parola comunica la Verità e suscita una fede autentica che porta alla salvezza. Se ogni cristiano annunciasse veramente Gesù, chi ci ascolta capirebbe subito la Meta, e come i samaritani  crederebbero per aver sentito vibrare nella loro mente e nel loro cuore il Salvatore del mondo.



Risulteremo efficaci e credibili esclusivamente se la nostra testimonianza sarà efficace e credibile in virtù di un nostro reale incontro con Gesù.

Cosa dicono a noi queste parole di Gesù alla Samaritana: “Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità.".


Giuseppe: non presente per impegni ci invia questo pensiero

Oggi, mi riposo, ma non sono assente. Mi ritrovo nella samaritana, in quel bisogno di acqua viva. Mi ritrovo così:



Semplicità,

pulizia dell’anima,

cammino solitario

alla scoperta di Dio.



Posso farlo Signore,

fratello mio?

Mi farai da compagno

nello sconosciuto e strano cammino?



Starei più tranquillo,con Te.





Mariella: Gesù lo riconosciamo come uomo libero, giudeo fra samaritani, abbatte barriere e non fa distinzioni, non emargina, non divide, il suo agire è rivolto a salvare i “lontani” Egli è venuto per i malati, per i disperati, per gli indemoniati, gli sfiduciati, fa nascere un dialogo là dove sembrava impossibile comunicare.

Egli tende la mano ai peccatori, a quanti non lo riconoscono come figlio dell'uomo, supera pregiudizi ed ostilità. E' l'uomo del dialogo, della pace, dell'umiltà, della riconciliazione, dell'amore vero.


L'incontro con questa samaritana cambia la sua vita, non la giudica, non la umilia, non la contraddice, non decide il suo futuro, le chiede solo da bere, le fa capire che la sete vera è un'altra cosa da quella che lei finora ha saziato con l'acqua della sorgente.


Questa richiesta di acqua da parte di Gesù è una provocazione. Nel colloquio che segue, Gesù parte dalle necessità materiali ed arriva diretto al cuore della donna. La donna ha sete di verità, di salvezza, di Dio.

Gesù lo sa e le parla fino a destare questa "sete" e a soddisfare il suo bisogno di fede. Il suo problema è che, nonostante i molti amanti, la sua vita è tutta un deserto e il cuore è assetato d'amore!

La vita di ciascuno di noi infatti è tutta un vagare da un pozzo all'altro e spesso ci si illude di spegnere la sete d'infinito con mille sorsi di un'acqua che aumentano ancor più l'insoddisfazione di una vita senza senso e senza meta


E' un po' la storia dei giorni nostri, si corre tanto per guadagnare sempre di più e godere più che si può. Il risultato è insoddisfazione e depressione.


Diceva Giovanni Paolo II ai giovani: "È lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate, è lui la bellezza che vi attrae, è lui che vi provoca quella sete di radicalità che non ci permette di adattarci al compromesso. È lui che suscita in noi il rifiuto di lasciarci inghiottire dalla mediocrità".


Questa è la vera salvezza: è come un'acqua pura che disseta ogni arsura e permette di diventare a nostra volta acqua capace di dissetare la sete di verità, di libertà e di amore di tanta gente che incontriamo

La samaritana si rende perfettamente conto che ormai la sua vita non potrà più essere quella di prima ed è pronta a diventare lei stessa portatrice di questo annuncio di salvezza, questo sia anche il nostro cammino quaresimale!


                                                
 Pubblichiamo qui di seguito un commento pervenutoci da un'amica di Mariella. Contemporaneamente vuole essere un invito a collaborare, per chi lo volesse, ad inviarci vostri commenti: Saranno pubblicati per arricchirci a vicenda. Grazie"

III  di QUARESIMA  Giovanni 4, 5-42       23 marzo 2014

È la domenica della samaritana, dell’acqua, della sete di Dio e della sete dell’uomo, che nessuna fra le cose create potrà mai appagare.

Iniziamo la liturgia con il segno dell’acqua che è memoria delle nostre origini, immagine di Dio che fa nascere, rende fecondi, purifica. Con quest’acqua scende su di noi l’energia di Dio come nascita, come quotidiana freschezza sorgiva, che lava via gli angoli oscuri del cuore.



Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo di Sicar.

Giunge una donna samaritana ad attingere acqua.

È una donna senza nome, che assomiglia a tutti noi.

È la sposa che se n’è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare.

Non con minacce o rimproveri, ma con l’offerta di un più grande amore.

Non correva buon sangue tra Giudei e Samaritani.

Ma Gesù, indifferente a tutti i conflitti di razza, sesso, religione, apre chiusure, infrange steccati, fa nascere dialoghi là dove sembrava impossibile.

Gesù è maestro nell’arte di creare comunione.

Qui mostra come nasce il dialogo vero: soltanto se ti disarmi, se ti esponi con il tuo bisogno, come fa Gesù: “dammi da bere”, con l’umiltà di un povero che tende la mano, di chi crede che può ricevere molto dall’altro, da ogni uomo.

Dammi da bere. Dio ha sete, ma non di acqua. Dice un padre della chiesa con una espressione luminosa: Deus sitit sitiri, Dio ha sete della nostra sete, ha desiderio del nostro desiderio.

Lo sposo ha sete di essere amato.

Il santo chiede aiuto ad una donna dalla vita non esemplare, accidentata; chiede acqua a una che è piena di sete, che con tanti amanti è rimasta nel deserto dell’amore. Deve esserci per forza qualcosa di molto importante in questo racconto in cui tutto è sorprendente.

La sorpresa maggiore: Se tu conoscessi il dono di Dio... che è per te.

La sorpresa è in questo termine dono.

Dio non chiede, dona. Non esige, offre.

Una sorgente intera in cambio di un sorso d’acqua.

Gesù, maestro dei maestri, ci insegna che c'è un mezzo, uno soltanto, per raggiungere il cuore profondo di ciascuno.

Non il rimprovero o l'accusa, ma un dono, far gustare un di più di bellezza, un di più di vita, come fa Gesù:

Ti darò un’acqua che diventa sorgente.

Un simbolo, un’immagine fresca, bella viva: la sorgente che non viene meno, che non si esaurisce, che è molto più di ciò che serve alla tua sete, è per tutti, senza calcolo, senza misura, senza prezzo da pagare.

Cos’è quest’acqua viva? è l’energia dell’amore di Dio.

Se lo accogli, diventa in te qualcosa che riempie, esonda, si sprigiona da te.

Una sorgente, dice Gesù, che zampilla per la vita, che fa maturare la vita, la rende autentica e indistruttibile, eterna.

Gesù: lo ascolti e nascono fontane, in te, per gli altri.

C’è qui un programma di vita completo e felice, diventare sorgente; un programma di vita: essere fontana per la sete di chi ti sta vicino, in famiglia, al lavoro, nel gruppo; essere sorgente per la sete del mondo.

Anch’io con la mia anfora vuota, con il mio cuore contradditorio, anch’io posso diventare sorgente viva per qualcuno, o bicchiere, o almeno goccia d’acqua fresca. Goccia di bontà, di pace, di generosità, di gioia.

Le dice Gesù: «Va’ a chiamare tuo marito». Vai a chiamare colui che ami, Gesù quando parla con le donne va diritto al centro, al pozzo del cuore.

È lo sposo in cerca della sposa che lo ha tradito.

Se non è a posto il cuore, i sentimenti, nella tua vita non funziona niente.

Solo fra le donne Gesù non ha avuto nemici, il suo è il loro stesso linguaggio, quello dei sentimenti, del desiderio, della ricerca di ragioni forti per vivere.

Vai a chiamare tuo marito. Non ho marito.

E Gesù: Hai detto bene, erano cinque, ma non istruisce processi, non cerca indizi di colpevolezza, cerca indizi d’amore.

Gesù è seduto al muretto del pozzo. Che cosa vede da quel luogo?

Alziamo lo sguardo con lui. Da lì si vede il monte Garizim, con il tempio dei samaritani; e poi altri cinque colli su cui i coloni stranieri che hanno ripopolato Samaria hanno eretto cinque templi ai loro dei.

Il popolo è andato dietro a cinque idoli, come la donna ai suoi cinque mariti. Storia e simbolo, persona e popolo, amore e fede tutto si intreccia per convergere all’essenziale. Al pozzo di Samaria Gesù è il Dio che come sposo vuole riconquistare la sposa che lo ha abbandonato.

Gesù offre acqua viva alla samaritana, le offre la sua energia d’amore, perché con lui e come lui anche lei la offra a tutti.

Non le chiede di interrompere la convivenza, di mettersi in regola, di fare penitenza prima di affidarle l'acqua viva, non pretende di decidere per lei il suo futuro.

E' il Messia di grande delicatezza, è il volto bellissimo di Dio.

Che bella questa sovrana indifferenza di Gesù per il passato sbagliato di quella donna.

Lui è il maestro di nascite, il messia che fa ripartire, che crede nel futuro delle persone.

Dice la donna: Vedo che sei un profeta, vedo che tu risvegli le sorgenti.

Dove andremo per adorare Dio? Sul monte o nel tempio?

La risposta è diritta come un raggio di luce: non su un monte, non nel tempio, ma dentro.

Sei tu il Tempio, tu il monte dove vive Dio.

La donna ne è folgorata.

La cosa più bella che un amico mi può dire è questa: sto bene con te perché tu fai venire alla luce la parte più bella di me, fai emergere la parte migliore che non riuscivo a trovare.

Questo ha fatto Gesù con quella donna, e lei ne è contagiata, corre verso la città e ferma tutti per strada.

C’è Uno che dice tutto di te!

Che bella definizione di Gesù! Lui conosce il tutto dell’uomo: e c'è in ognuno una sorgente di bene, un lago di luce, più forte del male.

Ci sono fontane di futuro che lui ridesta.

Se lo accogli, con la sua energia di bene, sentirai nascere nella vita il canto di una sorgente.

Che canta melodie senza parole e non finisce mai.





Preghiera della donna di Samaria



Sotto il sole più caldo

lo vedo

assetato

e così povero

come chi

per bere

ha solo la coppa

delle sue mani.



Ha grumi di deserto

nei capelli

e un silenzioso desiderio

che affiora negli occhi.



Uomo assetato

d’acqua e d’incontri.

Uomo

che aspetta me.



Mi dice:

ho sete.



Come me

anche tu hai sete

uomo solo.



Io ti dò acqua di pozzo

e tu mi dici:

guarda nel pozzo del tuo cuore.



Rispondo:

solo nero e buio

nient’altro contiene il mio cuore.



Ma tu mi dici:

scendi i gradini

va’ nel profondo,

senza paura del buio.



E sotto ho trovato un lago di luce.

E mi sono immersa

e sono risalita imbevuta d’azzurro.



Ho toccato con la mano il mio uomo

e anche lui ho contagiato d’azzurro.

Ho toccato con la mano mio figlio

e anche lui ho contagiato di luce.



Sorpresa dalla gioia

non ho avuto dubbi:

era Lui!

Il suo nome era Dio!



Ed era intimo a me

come può esserlo un bambino dentro la madre

o un pane dentro la  bocca.



E io che lo avevo cercato nel tempio,

io che lo avevo cercato sul monte

e Lui era lì.



Io il tempio

io il monte

dove vive Dio.



Il Dio delle donne innamorate,

il Dio del desiderio,

delle zolle riarse.

Il Dio che si trova nel cuore,

nel pozzo,

proprio dentro il mio vuoto.



(Marina Marcolini)






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lunedì 24 marzo 2014

Io sono la Samaritana



IO, DONNA SAMARITANA… E’ successo proprio qui, al pozzo di Giacobbe, un mezzogiorno…

Era straniero, giudeo (lo si vedeva dalla veste),
era solo, affaticato, stanco, doveva aver camminato molto…
Io, come al solito, ero sola con me stessa, prigioniera dei miei pensieri …
da tempo avevo rinunciato
a venire al pozzo di mattina presto con le altre donne,
stanca di sentirmi il loro dito puntato addosso, di ascoltare le loro battute…
rassegnala ad essere classificala ed esclusa…

Lo vidi da lontano, avevo deciso di ignorarlo,
ma fu Lui a rivolgermi la Parola: mi chiese da bere.
L’ho guardato con sospetto, poi le Sue parole mi hanno incuriosito…
ha iniziato a farmi strani discorsi .. sul dono di Dio, su un’acqua viva
che mi avrebbe potuto dare… Ricordo d’averlo preso un po’ in giro:

Ma come? vuoi darmi da bere e non hai nulla per attingere acqua?
Credi di essere più grande di Giacobbe che ha costituito questo pozzo?
L’ho giudicato un ingenuo, un esaltato,
sicuramente un uomo poco pratico…
Ma non capivo….. pensavo si riferisse all’acqua del pozzo …
alla mia fatica di ogni giorno per andare a prenderla…
invece stava leggendo nel mio cuore una fatica ed una sete più grande…

Poi mi ha chiesto di parlare di me stessa… Incredibile, mi conosceva!!
Sapeva già tutto di me …
le mie debolezze, le mie ferite, le mie angosce, i miei bisogni…
E quando gli ho detto della mia solitudine,
dei miei errori, delle mie paure…
non mi ha giudicato, non mi ha preso in giro…

Il Suo sguardo, le sue parole mi hanno toccato il cuore,
mi sono sentita accolta, compresa, perdonata!
Mai nessun uomo mi aveva parlato e guardato così!
Mi sono sentita amata di amore vero… sincero … disinteressato…
Non sapevo più cosa dirgli… mi sono messa a parlare di religione
perché uno così deve essere un uomo di Dio.Non sapevo più cosa pensare,
non mi ero mai sentita così piena di forza,
di gioia, di speranza, di voglia di vivere, di amare…

Ho lasciato la brocca, quella brocca vuota che avevo portato con me,
e mi sono messa a correre
per raccontare ad altri quello che mi era successo…
non potevo e non posso ancora oggi tenere per me questo incontro. 

Ho saputo poi della Sua fine, delle polemiche sul fatto se sia risorto o no …
Io non mi intendo troppo di religione… ma qui io l’ho incontrato!
E so che da quel giorno Lui non ha mai smesso di essere dentro di me:
con quel Suo sguardo… con quelle parole… con il Suo amore…

Ora la mia brocca è colma di Lui… e questo mi basta!
Mai nessuno mi ha amato cosi!

Se Dio esiste, mi ha accarezzato attraverso quell’Uomo!

da http://esserecristiani.blogspot.it/