BENVENUTO



B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


giovedì 30 gennaio 2014

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola...



       I miei occhi hanno visto la tua salvezza.

  Domenica 2 Febbraio 2014




Dal vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
 Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore! 


Mariella: La liturgia della prossima domenica coincide con la Presentazione di Gesù al Tempio, festa che viene comunemente chiamata “delle Luci” ed è contrassegnata dalla distribuzione di candele benedette ai fedeli che stanno a significare l'incontro di ogni cristiano con il Salvatore: Luce del mondo.
Mettiamoci dunque in questo atteggiamento di apertura verso Colui che solo può illuminare tutta la nostra vita. Vogliamo pertanto dare un'interpretazione del tutto particolare e personale a questo brano evangelico, mettendoci al posto dei personaggi che lo animano e che in qualche modo sono anche parte del nostro vissuto di fede.


Anzitutto incontriamo Maria e Giuseppe, genitori che portano il loro figlio al Tempio, la loro è una religiosità esemplare e rispettosa della Legge. Ma essi sono anche consapevoli di essere chiamati dal Signore a vivere un mistero grande, quello di un figlio che non è loro, ma che è la presenza stessa di Dio in loro,
 un mistero che è la chiamata ad un servizio, quello di fare la volontà di Dio, anche quando questa significa sofferenza, come sarà per Maria, alla quale Simeone predice che una spada trapasserà l'anima, anticipando la passione e morte del Figlio Gesù. 

Ci riconosciamo un po' in loro? Anche noi siamo stati chiamati, in un modo o nell'altro, a compiere la volontà di Dio, siamo, e saremo disponibili ad accoglierla qualunque essa sia,? o ci chiuderemo nell'incredulità al primo scoglio duro da superare?

Simeone è altro personaggio chiave del brano evangelico, egli è il simbolo della fedeltà del popolo di Israele che aspetta con fiducia la venuta del Messia, da sempre sale al Tempio sperando di vederLo, ma ora è anziano e Luca ci lascia intuire una certa stanchezza interiore.
In lui è racchiusa l'ansia profonda di ogni uomo. Un'ansia che è frutto di attesa, attesa di luce, di salvezza, di un senso che giustifichi la vita.
La scrittura ci fa capire che quest'uomo è abitato dallo Spirito che lo spinge a cercare e capire la rivelazione, egli si muove sotto il suo impulso che lo conduce alla verità. Simeone finalmente vede il Messia: ora è sazio, soddisfatto, ora ha capito, ora può andare, ora il suo cuore è nella gioia, perchè la sua fede ha avuto ragione. Sono sufficienti pochi minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze e di attese.


Così è anche per la profetessa Anna, ormai anziana, vedova, serva fedele del Signore, votata alla preghiera ed al digiuno, ma anche lei aperta alla grazia ed alla lode del Signore. E anche qui una domanda è d'obbligo: ci riconosciamo in Simeone ed Anna, abitati dallo Spirito Santo, capaci di orante attesa e di gratitudine verso Dio? Siamo certi che solo Lui è la nostra salvezza?


 In questa festa della luce, il Signore doni a ciascuno di noi la capacità di attesa operosa, di servizio umile e fedele, di perseveranza fiduciosa, per vedere nella propria vita i segni inconfondibili della presenza di Dio. I nostri occhi possano vedere la salvezza di Dio!


Enzo: Mariella ci ha già dato molti spunti pratici su cui riflettere  nel nostro cammino di fede.
 Aggiungo alcune cose di carattere esegetico per capire meglio, almeno lo spero, il carattere storico, profetico del brano che abbiamo appena letto.



Secondo la legge ogni madre 40 giorni dopo la nascita di un figlio maschio doveva presentarsi al tempio per la purificazione. Non era necessario portare il bambino. L’evangelista Luca dà risalto alla presenza di Gesù, come se fosse Lui che doveva essere presentato al Tempio. Anche noi quando leggiamo questo brano pensiamo alla presentazione di Gesù al Tempio e meno alla purificazione della madre, oltre agli adempimenti secondari dei genitori. Giuseppe e Maria vanno al tempio per adempiere ad una legge.

Ma tutto era stato disposto dalla Spirito di Dio per questa nuova manifestazione di Gesù per mezzo di  un uomo giusto, Simeone, che aspettava la consolazione d’Israele. Per ben tre volte Luca nomina lo Spirito Santo per giustificare le parole profetiche di Simeone:

-  lo Spirito Santo era su di lui.

-  Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato

-  Mosso dallo Spirito, si recò al tempio..


Simeone diventa il prototipo dei profeti cristiani: dal suo cantico traspare una profonda pietà nutrita da un ideale messianico associato alla salvezza universale: “ i miei occhi hanno visto la salvezza…luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”.

Simeone era forse l’unico in Israele ad aspettare il Messia, quello vero come previsto nei disegni del Padre? Credo proprio di sì.

Ogni cristiano che segue veramente Gesù è in attesa della sua seconda venuta, ha già conosciuto il Salvatore, ha deciso di seguirlo, ma senza l’aiuto dello Spirito Santo poco valgono i suoi sforzi. La forza dello Spirito Santo come per Simeone sarà in lui, lo aiuterà a comunicare il Vangelo con le parole e la testimonianza.


Vediamo subito dopo Maria e Giuseppe stupiti delle cose che si dicevano di Gesù: questo stupore ci parla come anche Maria e Giuseppe crescevano nella fede man mano che gli avvenimenti scoprivano la vera entità di Gesù. E forse a questo stupore sono dovute le successive parole di Simeone  a Maria. Due profezie terribili, unica nota triste in questa festa religiosa nel tempio. 
Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione”: ogni israelita dovrà decidersi per lui o contro di lui, per un destino di salvezza o rovina e così sarà fino alla fine dei secoli per tutti gli uomini.

“E anche a te una spada trafiggerà l’anima , affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”: misteriosamente Maria sarà associata alle sofferenze del Figlio, a lei sarà affidata tutta l’umanità e in lei e con lei molti apriranno i loro cuori.


Spesso si pensa di conoscere Gesù, ma lo abbiamo cercato veramente, lo vediamo in noi, ci vediamo in lui, lo vediamo nei fatti concreti della vita, nella gioia come nel dolore? E’ proprio in queste occasioni che impariamo a conoscerlo: è il suo più grande insegnamento.



Associata a Simeone una figura femminile, Anna, una profetessa, donna pia e devota, sopraggiunta quando la cerimonia religiosa era alla fine: “si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.

La profetessa Anna è l’immagine di chi vive nel e per il Signore, serviva Dio notte e giorno, era sempre alla sua presenza. Le fu facile, spontaneo capire e testimoniare  quella presenza messianica nel tempio, quel bambino che non sarebbe dovuto essere nel tempio.


Si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Chi ha Dio nel proprio cuore sa riconoscerlo nelle sue manifestazioni, parlarne, annunciarlo, testimoniarlo perché lo Spirito parla in lui.



Anna: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza,preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.
Questa notizia così bella e affascinante  è pronunciata dal sacerdote del tempio Simeone.  un vecchio che, nonostante l’età, è una persona viva e gioiosa ricco di esperienza, sapienza .
Ma qual è la pace che lo arricchisce  ?
Simeone con i suoi occhi ha abbracciato la Salvezza Dio, l’Emmanuele, il Dio Mistero di Abramo, Isacco Giacobbe, atteso, sperato, desiderato. Egli abbracciando Gesù neonato  ha riconosciuto in quell’abbraccio tutta la Tenerezza di Dio, tutto l’Amore  racchiuso  ma evidente in un Bimbo appena nato, che è venuto a portare la Salvezza a tutti gli uomini. 


Che cosa mi chiede il Signore Leggendo questo magnifico Brano del Vangelo ?
Intanto di fare la sua volontà sempre  perché Egli sa e mi conosce da sempre …che la Fede che depongo in Lui la si vede Sempre dove: nel libro più bello che è la natura ,  nei contatti umani …. nei fratelli che soffrono, nelle nostre case…

Ma la forza che sprigiona in noi e che sempre dobbiamo vedere con gli occhi di Simeone è l’Eucarestia …..Perché possiamo fare l’esperienza della Sua Presenza in noi…perché Gesù è li che si manifesta…
E’ nell’Eucarestia che si trova pace e serenità perché è lì che avviene il mio primo incontro con
Gesù… è li che dona  Salvezza ,
Gesù è li che si fa prendere in Braccio e si fa Amare dall’Amato
Gesù sotto le Specie del pane e del vino  alimenta ,sostiene santifica la vita di ogni credente, sazia la nostra sete in modo tale che anche noi, come Simeone possiamo dire un giorno:
“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza”.

Enzo: Grazie Anna! Mi hai fatto capire che  siamo più fortunati di Simeone, e questo è bello!
Anna: è bello tenerlo in braccio umanamente ..... sentire il suo calore nelle nostre braccia ..... ma noi abbiamo una sola cosa da fare: vederlo per ora nel prossimo ..... la nostra si chiama Fede !!! Quella di Simeone è Certezza ....... è un prima e un dopo…
Mariella: bellissimo!!
Enzo: Simeone potrebbe aver detto: finalmente è arrivato! Invece noi possiamo affermare: Lui è sempre con noi! C'è una bella differenza, a nostro favore.
Anna: quale premio nell'attesa ! Maria ha atteso, Simone ha atteso: lo hanno veduto ...... noi crediamo e viviamo nell'Amore  ...... il resto lo farà il Padre......
Mariella: Anche la nostra vita è tutta un'attesa di quell'incontro finale promesso a chi ha creduto nell'Amore.
Enzo: stavo solo pensando che è anche nostro compito adoperarci per coloro che il Messia, il Gesù Redentore è segno di contraddizione.
Mariella: certamente Enzo, questo è compito di chiunque ha conosciuto la gioia del Risorto,gioia che non dobbiamo trattenere tutta per noi, ma dobbiamo condividerla. Questa sera ricordiamo nella preghiera in particolare proprio le persone lontane da Dio, perché anche nei loro cuori nasca il desiderio d'incontrarlo.






martedì 28 gennaio 2014

E noi vedemmo la sua gloria...



5– Prologo di Giovanni : Venne a porre la sua tenda in mezzo a noi
Commento di Padre Augusto Drago





E IL VERBO SI E' FATTO CARNE E VENNE A PORRE LA SUA TENDA IN MEZZO A NOI.



E NOI VEDEMMO LA SUA GLORIA, GLORIA COME DI UNIGENITO DEL PADRE, 

PIENO DI GRAZIA E DI VERITÀ” (Gv 1, 14).

Questo versetto del Prologo è da leggere in ginocchio, in atteggiamento adorante. Un versetto che sta al centro del Prologo e che ne è la sintesi unica. Bisogna pesarne tutte le parole: sono cariche di linfa biblica.



E il verbo si è fatto carne”. Il versetto I° aveva già parlato espressamente di questo Verbo e ce lo ha fatto contemplare all’interno della vita Trinitaria. Ora, qui al versetto 14 ,di questo Verbo si afferma qualcosa che sta al centro di tutta la storia della salvezza.

“Si è fatto carne”. “Si è fatto”, cioè nessuno lo ha costretto, è un atto libero di amore per quella umanità che da Lui aveva preso forma e consistenza. Un atto di audacia amorosa quale solo Dio può concepire. Si è fatto “carne”.



In questo termine “carne” sta l’audacia amorosa di Dio. La carne nella Bibbia indica la condizione umana nella sua debolezza, nella sua precarietà. Tale è divenuto il verbo che “all’ inizio era accanto a Dio, che era e rimane Dio”. Si è fatto debole, vulnerabile, povero, fragile, poiché come dice il Profeta Isaia : “Ogni carne mortale è come I’erba”(Is 40, 6). Perché lo ha fatto? “Per noi uomini e per la nostra salvezza” recita il simbolo della nostra fede.



San Paolo esprime lo stesso mistero nella Lettera ai Filippesi: “Spogliò se stesso, assumendo la forma di servo, apparso in forma umana umiliò se stesso...” (Fil 2, 7-8). Quello che noi abbiamo chiamato “audacia amorosa di Dio”, i Padri lo definivano “amore folle”, sì perché Dio nel Suo Verbo ci ha amati fino alla follia.

Cosi ama Dio, così l’uomo è oggetto del suo amore.



Alle volte facciamo sforzi enormi per amare il Signore, ma tutto sarebbe più facile se pensassimo più seriamente non a come amare Dio, ma a come siamo stati amati.

“E pose la sua tenda in mezzo a noi”! Questo versetto richiama tutta una storia e tutta una dottrina. Se, infatti, la religione di Israele da una parte è la religione della Parola, essa è anche la religione della Presenza. Il Dio di Israele è un Dio che abita in mezzo al suo popolo. Si fa erigere da Mosè una Dimora, una Tenda nel Deserto e in essa viene, secondo il libro dell’Esodo, nella nuvola e nella gloria.



L’espressione di S. Giovanni richiama questa tenda dell’ebreo nomade. Ma nella carne assunta dal Verbo si attua la Presenza di Dio in modo reale e tangibile. “E’ tra noi”! Come si è compiuto questo mistero? Come è venuto? La Liturgia del Natale ci richiama due versetti del Libro della Sapienza: “Mentre un quieto silenzio avvolgeva ogni cosa, e la notte giungeva a metà del suo corso, l’onnipotente tua Parola si slanciò dal cielo, dal suo trono regale” (Sap 18, 14-15). Questi versetti parlano del mistero dell’Incarnazione e il profondo silenzio che vi opera dentro, trova in essi la più felice espressione.



Le grandi realtà maturano nel silenzio e nella chiarezza della vista interiore.

Per noi non è data altra via per farci raggiungere da questo mistero. E’ la via del silenzio stupito e adorante: silenzio della mente, silenzio del cuore, silenzio delle passioni, silenzio delle parole inutili, silenzio dei pensieri che turbano, silenzio dell’anima. E quando tutto tace in noi, il mistero del Dio fatto carne e che viene tra noi ci raggiunge e quel silenzio esplode in una indicibile e commossa gioia: la gioia, appunto, di essere amati. Dio è con noi! Se Dio è con noi, chi può essere contro di noi? Nasce così il Vangelo della gioia: nasce quando,  attraverso il silenzio, il mistero di Dio raggiunge le profondità più recondite della nostra umanità che finalmente, sanata e guarita dall’amore, sente di essere, come il grembo di Maria, Tenda della Abitazione di Dio, abitata e posseduta da Dio!



“E noi abbiamo contemplato la sua gloria”. Gloria” indica l’irraggiarsi della Presenza di Dio nel nostro caso la “gloria” dell’Unigenito del Padre. La Presenza di Dio nel Verbo fatto carne si irradia nel mondo, ma chi è in grado di “contemplarla”? Solo i poveri, gli umili, i piccoli, i semplici! I Vangeli dell’Infanzia ci danno le “icone” di questa categoria di persone: Maria, Giuseppe, Elisabetta, Simeone, Anna: tutte persone avvolte di silenzio, di preghiera, di povertà, di semplicità.



 Nella prima Beatitudine evangelica si legge: “Beati i poveri in spirito: di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5, 3). Noi potremmo ritradurla cosi: “beati i poveri in spirito: essi vedranno la gloria di Dio”.

 Tale irraggiamento è velato nel tenero Bambino a Betlemme: ma, se pur velato, si espande. Egli è già pieno di grazia e di verità, perché rivela al mondo l’amore di Dio, gratuito, misericordioso e salvifico.



Da queste parole non c’è che da accogliere l’invito a semplificare al massimo la nostra vita, a svuotare il nostro cuore, la nostra mente, ad espropriarci per farci raggiungere dall’abisso di questo mistero che chiede semplicemente di possederci e di amarci.

giovedì 23 gennaio 2014

Inizio della missione di Gesù e i primi discepoli




Inizio della missione di Gesù: non  Nazaret ma a Cafarnao


DOMENICA 26 GENNAIO 2014

Cafarnao: Casa di Pietro molto grande con due stanze ottagonali - Chiesa ottagonale costruita sulla casa di Pietro













Dal vangelo secondo Matteo 4, 12-23




Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Parola del Signore!



  


Enzo: Potremmo intitolare questo brano: le scelte di Gesù all’inizio della sua missione da Messia.
Quattro avvenimenti che indicano la strategia di Gesù:
1)      dopo aver “saputo dell’arresto di Giovanni si ritirò nella Galilea…andò ad abitare a Cafarnao
2)      cominciò a predicare il regno dei cieli vicino e la conversione
3)      sceglie dei discepoli che subito lo seguirono come possibili apostoli
4)      percorreva tutta la Galilea, insegnava, annunciava il vangelo del Regno, guariva ogni sorta di malattie e infermità del popolo.

Gesù, lascia Nazaret, e sceglie la Galilea, paese di confine quindi di passaggio, paese visto dai benpensanti religiosi come paese di pagani. Cafarnao diventa la sua dimora e centro della sua predicazione. Si compie la profezia del profeta Isaia. Accenno molto importante per l’evangelista che vuole confermare ai suoi la veridicità del Messia Gesù, oltre a sottolineare la scelta di Gesù di rivolgesi per primo ai pagani, ai lontani, coloro che erano nelle tenebre con particolare attenzione ai poveri, malati.

Con le stesse parole di Giovanni Battista, dando un senso di continuità, inizia a richiamare l’attenzione del popolo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Convertitevi! Il pentimento è la prima condizione per potere ascoltare e ricevere la Parola nell’umiltà che diventa devozione, riflessione, testimonianza.

Il discepolato di Gesù  non è una sua istituzione, anche i maestri della legge erano circondati da discepoli: la novità di Gesù consiste che mentre nel giudaismo erano i discepoli a scegliere il maestro, adesso è Gesù che sceglie i suoi discepoli.
Quel “subito seguirono” sta ad indicare il metodo di Gesù perentorio e inaspettato, la pretesa che i suoi discepoli dovevano lasciare tutto per seguirlo, per unirsi strettamente a lui e condividere la sua vita… percorso difficile ma che garantiva l’acquisto della vita eterna.
Gesù sarà molto esigente, ma anche comprensivo, per tutti misericordioso. Sarà il punto di riferimento per coloro destinati prevalentemente all’annuncio e per ogni suo seguace e discepolo. Essere presenti e disponibili fin dalla chiamata, testimoni della Parola, dei gesti e dei segni.

Gesù incomincia a svolgere il suo ministero itinerante: aspetti della sua missione saranno  l’annuncio del Regno con una attività didattica e taumaturgica. Parola e azione rappresentano i due aspetti essenziali della sua missione. Alle parole seguono i fatti, i segni che annunciano il cambiamento che si sta avverando, la salvezza del corpo come preludio della salvezza eterna e l’avverarsi della promessa divina, e l’avvento del Regno di Dio, la Redenzione del genere umano.

La fama di Gesù si estende… da tutte le parti grandi folle incominciarono a seguirlo…

Seguire Gesù: noi continuiamo ad essere quella folla che segue Gesù, il Messia che è la rivelazione del Padre, che comunica, annuncia quello che ha sentito dal Padre, e chi conosce Lui conosce anche il Padre, ogni conoscenza del Padre l’abbiamo attraverso Lui.

“Conoscere” è un verbo che indica nella Bibbia l’amore profondo, amore che tende e giunge all’unione, alla comunione più completa, un amore destinato a generare figli di Dio, conoscenza che riceviamo per mezzo dello Spirito, dopo la Pentecoste.
Ognuno di noi ha una pentecoste da raccontare, un cammino da seguire, della gente da incontrare,
dei fratelli da curare, dei lontani per cui pregare.

 Giuseppe: Convertire – convergere. Due verbi molto simili. Per me la conversione è un movimento, moto dell’anima, moto di pensiero, che tende ad un punto focale unico: Dio.
 In questo Gesù è stato l’unico in tutta la storia, fino ai nostri giorni: ha insegnato come la sublimità del sentire sia il grande interrogativo che nasce dall’impeto dei desideri infiniti e dalle visioni terrene che trovano in noi uomini la loro terra propria.
 La messianica predicazione porta proprio a questo, camminare alla sequela di Lui.

:Cammino difficile, anche perché Lui è la Gioia, una gioia molto di versa da quella che concepiamo noi. Diversa, oh quanto!
Solo quando decidiamo di "convergere a Lui", quando ci mettiamo in cammino, cioè in ascolto, ci accorgiamo dei nostri errori e scegliendo di "camminare assieme" al Maestro, ci mettiamo a fare una revisione della nostra vita, delle incongruenze tra noi e Lui.
Il buio e la Luce. Lui si presenta come l'ultimo profeta, Dio in terra, che porta la luce a noi immersi nelle tenebre.
Scriveva don Giussani:" la vita è triste ma è meglio che sia triste, altrimenti sarebbe disperata. La tristezza è la capacità dell'uomo che aspira all'infinito.
L'assenza di tristezza è la banalità di una mente quasi "scema" spoglia di pensieri e di dignità".
La nostra tristezza è il peccato, la nostra dignità è la consapevolezza il bisogno del perdono.
Sembra un cammino folle, ma solo con il pentimento troveremo la pace, la gioia nella consapevolezza dell'essere servi inutili, ma testimoni di un Amore più grande che porterà la nostra salvezza.
Convertitevi, e credete al Vangelo. Già, credere.
Ma che vuol dire credere? Credo al mio MAESTRO, cioè mi fido di Lui, mi ha dato le prove.
Dunque credo ai fatti che mi guidano a quel centro delle mie poche parole. Un centro che mi attira (la forza centripeta della Parola) e mi mostra tutto il Suo splendore.


 Mariella: Desidero riprendere il testo evangelico che abbiamo letto e vorrei fare alcune osservazioni che ritengo essenziali per comprendere bene il suo significato
Domenica scorsa sulle rive del Giordano, abbiamo contemplato l'Agnello di Dio in tutto il suo splendore e in tutta la sua grandezza. Oggi troviamo l'Agnello proiettato nella sua missione per le vie della Galilea.
Il trasferimento di Gesù da Nazareth a Cafarnao equivale all'inizio della sua attività pubblica.
Nella Galilea, una regione che Gerusalemme giudicava terra di tenebra, comincia a risplendere una Luce.
Gesù sceglie proprio la Galilea, situata ai confini tra il mondo ebraico e quello pagano, per proclamare l'universalità della salvezza!
E' singolare il fatto che l'annuncio di Gesù è identico a quello del Battista: eppure sulle labbra di Gesù ha un senso radicalmente nuovo.
Anche tu Enzo avevi fatto cenno all'invito di Giovanni Battista "convertitevi..." molto simile a quello di Gesù, ma c'è una differenza da sottolineare.
Se per il Battista la conversione ha un senso morale,  la vicinanza del regno è l'annuncio dell'ormai prossimo giudizio di Dio.
Per Gesù la conversione è l'invito ad un radicale cambiamento nel modo di concepire Dio, che non guarda più all'uomo per condannarlo, ma che si abbassa per amarlo!!!
Convertirsi, per Gesù, significa incontrare ed entrare in relazione personale con lui, lasciarsi amare da lui, sperimentando con lui l'amore del Padre, e in quest'ottica di amore rivedere tutta la propria vita e realizzarla secondo il suo disegno ed il suo volere.

La seconda cosa che vorrei approfondire è la seguente: Dio entra nella storia degli uomini e vi entra mentre stanno svolgendo il loro lavoro di sempre, si presenta alla loro riva per invitarli a diventare strumenti e collaboratori del suo piano di salvezza.
La persona di Gesù emanava veramente un fascino straordinario, assolutamente unico, capace di far vibrare le corde nascoste del cuore umano.
Incontrando il Suo sguardo, quei primi discepoli, capirono sicuramente di essere infinitamente amati, e sentirono che valeva la pena di lasciare tutto per continuare a incontrare quello sguardo e sentire quella voce.
Ecco Dio entra anche nella nostra personale storia, a noi discepoli di oggi, per rinnovare il suo invito, Egli chiama ancora e anche oggi chiede una risposta generosa e immediata.
Non vuole tentennamenti, non vuole compromessi, non vuole mezze misure. Vuole la nostra disponibilità a lasciarci trasformare dal suo amore, per poter noi stessi trasformare il mondo
La conversione, alla quale siamo invitati,  ci introduce in uno stile di vita singolare, in una nuova mentalità dove le cose vengono viste con gli occhi della fede e non con quelli della carne, con lo spirito di chi "appartiene" a "Qualcuno" e che non si vive in maniera isolata
Il tempo del silenzio, dell'individualismo e del nascondimento è terminato, inizia il tempo dell'amore fraterno, dell'unità.

 La Chiesa prega in questa settimana per l'unità di tutti i cristiani, anche in senso stretto, ossia nelle nostre piccole o grandi comunità parrocchiali
Ma tutto questo lo abbiamo compreso? Ne siamo capaci? abbiamo interiorizzato il suo insegnamento e risposto alla Sua chiamata?

Giuseppe: E, nel condividere, come abbiamo fatto anche questa sera, sta il senso della nostra unità: abbiamo cercato di mettere Lui al primo posto.

Enzo: Sicuramente abbiamo risposto alla sua chiamata, forse non abbiamo compreso tutto e interiorizzato bene il suo  insegnamento.
Ma Lui lo sa, e questo è bello! Che lui lo sa e, da a noi la consapevolezza a noi, che cerchiamo di seguirlo, che stiamo andiamo verso quella Gioia (Lui) di cui parlava Giuseppe.
Per possedere quella Gioia dobbiamo abituarci a guardare Gesù dopo la sua risurrezione e agli apostoli dopo la Pentecoste.
.
Giuseppe: Quando arriverà la "mia personale" pentecoste? Non il sacramento della cresima, giunto fin troppo presto, a sette anni, ma la pentecoste del cuore che mi fa incontrare gli altri in me e possedere il moto spontaneo dell'Amore ricevuto da donare loro.

Mariella: da meditare

Enzo: Se ci guardiamo bene, forse pretendiamo troppo dalla nostra debolezza: un po' di ottimismo in più, credo, ci farà vedere più vicini a Dio di quello che pensiamo...
Siamo figli di Dio, o no?
Giuseppe: Mio Dio e Dio mio!

Mariella: Siamo Figli e siamo anche eredi di quel Regno che già possediamo se solo sappiamo vivere la pienezza di una conversione.
Ci aiuti il Signore a riscoprire giorno dopo giorno la nostra personale chiamata alla sua sequela.

sabato 18 gennaio 2014

Venne il Messia atteso,ma i suoi non lo accolsero



4 – Prologo di Giovanni : Venne fra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto
Commento di Padre Augusto Drago



EGLI ERA NEL MONDO, E IL MONDO FU FATTO PER MEZZO DI LUI, EPPURE IL MONDO NON LO CONOBBE, VENNE FRA LA SUA GENTE, MA I SUOI NON LO HANNO ACCOLTO” (Gv 1,10-11).


Se leggiamo con particolare attenzione queste altre parole del Prologo al Vangelo di San Giovanni, possiamo scorgere come esse siano costruite mediante alcune “opposizioni”: abbiamo descritta quasi una dialettica tra opposti, contrari che si rincorrono come in drammatico gioco.

Per tre volte e ripetuta la parola “mondo” ma con significati diversi.

-“Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui”:  qui “mondo” sta a significare l’intera creazione: Egli, il Verbo è nella creazione come causa esemplare. Tutto è stato esemplato nel Verbo : “ Immagine del Dio invisibile, primogenito di ogni creatura... “(Col 1, 15). Ogni cosa porta l’impronta della Sua Bellezza, Bellezza che proviene al Verbo dal suo essere con il Padre, Bellezza che caratterizza ogni cosa creata perché tutto è stato creato in Lui. “E Dio vide che ciò che era creato era cosa buonacioè bella (Cf Gen I).
Questa Bellezza è nel mondo perché il mondo è stato fatto per mezzo di Lui ...   

Eppure il mondo non lo conobbe: Qui il vocabolo acquista il significato tipico, che troviamo nel Vangelo di Giovanni, di forze ostili a Dio, alla sua Parola, il mondo come sottoposto al potere del maligno.
E qui abbiamo la prima opposizione. Le forze negative, che operano dentro la storia, non lo conobbero, anzi gli si opposero cercando di devastare quella originaria e fontale Bellezza della creazione. Questa dialettica è presente nella storia, opera negatività e oscuramento nel mondo e nelle vicende umane,che sono forze dominate dal maligno. Possiamo dare ad esse un nome oggi? Sì: l’egoismo, l’orgoglio, la superbia, la fame di potere, l’odio, la divisione, il disordine, il peccato.

 Chi è dentro questo mondo siffatto è fuori dalla “Parola”, tende a distruggere la Bellezza, non conosce, né può conoscerla, l’armonia del Bene e della luce. Fuori da questa Bellezza l’uomo e il mondo si abbruttiscono perché con il peccato è stato reciso il filo che lo tiene legato a Dio. Occorre oggi ritrovare non solo il senso della Bellezza intesa come armonia divina, ordine, ma ritrovare la via che ci porti ad essa: la via è Gesù, unico Salvatore del mondo, la via è Lui : e a Lui ci si riallaccia attraverso la strada dell’umiltà, della semplicità, della piccolezza. Ritornare bambini, per avere la capacità di stupirci ancora. A Lui ci si riallaccia ancora se sapremo recuperare la purezza degli occhi, gli occhi del cuore, gli occhi estatici che sanno guardare non più con cupidigia, ma con gratuità ogni cosa. Rientriamo dunque nel cuore del Verbo per conoscerlo cioè, secondo il significato biblico, per amarlo ed essere uniti a Lui.
 “Venne tra la sua gente (casa, tra  suoi, nella sua proprietà) ma i suoi non lo hanno accolto”.
 La dialettica delle opposizioni continua.
“Venne”! Riusciamo ancora a sussultare di gioia davanti a questo venire del Verbo? Dio nel suo Verbo muove, per così dire, il passo verso il finito varcando la “soglia”, il confine dell’eternità.
Solo l’Amore fa queste cose! “Cosi Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio”, così dice Gesù allo stupito Nicodemo (Gv 3,16).

Venne! Dove? Tra i “suoi”. Chi sono costoro? Gli uomini, l’umanità intera: “noi siamo la sua casa” dice l’autore della Lettera agli Ebrei (Eb 3, 6): l’umanità è sua propria per diritto creazionale. Ma anche qui abbiamo una svolta inattesa, sconvolgente: “i suoi” non lo hanno accolto! Lo rifiutano.
Rifiutare Dio, la luce, la vita, la verità: quale immane tragedia! E’ la tragedia dell’ uomo d’oggi che rifiutando Dio ha finito per rifiutare se stesso, perdendo la sua identità e, quindi, l’unica possibilità che gli è stata data di ritrovare la sua libertà e la sua dignità.

E noi lo abbiamo veramente accolto? Possiamo essere sicuri di averlo accolto? E’ un esame che ci si impone. La prova che lo abbiamo accolto sta qui: se nel suo nome ci ritroviamo fratelli e sorelle pacificati. E’ impossibile? No: queste cose fa l’amore!


giovedì 16 gennaio 2014

E' lui 'Agnello di Dio che battezza nello Spirito Santo





Ho visto e testimoniato che questi è il Figlio di Dio


Domenica 19 Gennaio 2014




 

Dal vangelo secondo Giovanni 1,29-34

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: <Dopo di viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me>. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele”

Giovanni testimoniò dicendo:” Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse:< Colui sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo>. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio.


Mariella: Terminate le feste natalizie, la Chiesa ci introduce nel ciclo del Tempo ordinario, durante il quale ci fa meditare gli insegnamenti e il vissuto stesso del Salvatore

Per una comprensione più approfondita di questi avvenimenti, la Liturgia ce li fa esaminare alla luce della divinità di Gesù. Ed è il tema centrale delle letture di questa prossima domenica.



. Nel Vangelo, Giovanni Battista, precursore del Signore, ormai al termine della sua missione; vede venire Gesù verso di lui e lo addita al popolo, esclamando: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo"

l' Eletto del Signore, su cui ha visto "lo Spirito Santo scendere come una colomba dal cielo", che battezzerà non già con acqua, ma "in Spirito Santo".

La testimonianza di Giovanni fa riferimento alla profezia di Isaia, di cui parla la prima lettura, nella quale il profeta descrive il Messia come il Servo di Dio:"Mio servo sei tu, Israele.... Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra".

Colui che Dio chiama "suo Servo" nella profezia di Isaia è quello stesso che, nella pienezza dei tempi, chiamerà "suo Figlio diletto" e che, come Agnello innocente, verrà sacrificato in espiazione dei peccati.



Il Battista definisce Gesù quale agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo. È questo il cuore della sua missione: togliere ciò che allontana dall'amore del Padre donando agli uomini la possibilità di godere nuovamente della comunione con Dio e poterla testimoniare.



La partecipazione ai sacramenti è fondamentale per riscoprirci parte di un disegno d'Amore che ha come protagonista Dio e l'uomo redento dal sangue di Cristo ed in particolare questo mistero d'Amore lo viviamo intensamente nell'Eucarestia.

Le parole "Ecco l'Agnello di Dio" ci ricordano che l'Agnello continua ogni giorno a immolarsi sui nostri altari di tutto il mondo per la nostra salvezza.

Lo Spirito Santo poi è fondamentale per la conoscenza di Gesù, Giovanni si preoccupa da subito nel suo Vangelo di far comprendere che il Cristo può essere conosciuto, amato, testimoniato, pur non avendone avuto esperienza personale e pur non avendo assistito ai miracoli da Lui compiuti,

ma lo riconosce come Cristo solo nel momento in cui si apre all'azione dello Spirito Santo.



La fede cristiana è un'esperienza personale di Gesù Cristo che avviene sotto l'impulso dello Spirito e grazie alla testimonianza della fede da parte di chi, prima di noi, ha conosciuto la verità di Cristo e del suo Vangelo e ce l'ha comunicata con parole ed opere.


Enzo: Giovanni aveva invitato alla conversione, annunciato tempi nuovi , il regno dei cieli in arrivo, il Messia tanto atteso da Israele. Giovanni è profeta e testimone. In questo brano lo vediamo come testimone: egli mostra, segnala la presenza storica del Messia, testimonianza perenne fino alla sua morte e valida per tutti i tempi. Giovanni è un testimone esemplare!



Oltre che indicare Gesù come messia ne indica anche le sue funzioni: agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.

Agnello di Dio: l’agnello simbolo della pasqua ebraica, agnello sacrificato prima della liberazione del popolo di Dio dall’Egitto. Gesù muore nel giorno in cui si immolavano gli agnelli per la Cena pasquale: nuovo Mosè portatore di una  liberazione definitiva.

Agnello di Dio: agnello sofferente, il Servo di Jahvè, descritto da Isaia, il servo sofferente che era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori. (Is 53)

Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo: non toglie  i peccati dell’uomo, non toglie il peccato dal mondo ma quello di tutto il mondo per il quale incomincia il suo cammino fra i peccatori e con loro,  un mondo ormai allo stato di incredulità, di iniquità, di rifiuto della Parola.


Giuseppe: La testimonianza di Giovanni non scaturisce da una sua riflessione, ma dallo Spirito come lui umilmente afferma. Giovanni ha ascoltato quella voce e ha visto e testimoniato quella voce.

Quella voce che, forse, oggi noi trascuriamo: quella dello Spirito Santo.


 “La fede cristiana è un'esperienza personale di Gesù Cristo che avviene sotto l'impulso dello Spirito e grazie alla testimonianza della fede da parte di chi, prima di noi, ha conosciuto la verità di Cristo e del suo Vangelo” Cosi Mariella.

E proprio per questo mentre leggevo è nato “qualcosa di personale” che voglio trasmettere a voi.


Possiamo noi sentirci “agnello”?

Forse a molte persone può dare fastidio. Oggi pare che l’agnello, in senso biblico non sia di moda.

Forse, e dico forse affinché le mie parole  non appaiono come un giudizio, forse il mondo di oggi

Prepotente, violento, egoista vuol fare a meno di Dio:  altro che “agnello!”.
 Se non sei più prepotente,violento, egoista, vuoto di quei valori etici di cui si parlava ancora quand’ero più giovane . E di questo mondo che non c'è più provo una grande nostalgiaInoltre oggi se non sei un accaparratore, uno sfruttatore, “un furbo”, come si dice, sei stupido, non vali niente.
Che brutto!
E vieni messo al margine della società, come un appestato di biblica memoria. Giù, nella Geenna!

E di questo mondo nuovo annunciato, rinnovato, volto santo da Gesù che provo questa sera una grande nostalgia



Mariella: un cristiano che vuole seguire il suo Maestro, dovrebbe ricordarsi che “Agnello” è uno solo, ma agnello siamo tutti quando partecipi del sacrificio di Gesù nella misura in cui offriamo le nostre sofferenze in espiazione dei peccati del mondo;

agnelli siamo noi anche quando accettiamo di vivere con mitezza ed umiltà in questo mondo di prepotenza ed arroganza;

agnelli siamo noi cristiani quando perseguitati nei luoghi di lavoro, nella società atea  e negli ambienti famigliari dove non si condivide la fede, sempre e quando ci uniamo al sacrificio di Gesù.

Nello Spirito e grazie allo Spirito riusciremo a salvare il mondo con la testimonianza dell'Amore.


Enzo: Leggendo ogni pagina dei vangeli, qualsiasi, ci accorgiamo che Gesù cammina in mezzo alla gente bella o brutta, pia o peccatrice, cammina con loro, guarisce, dona la fede, non critica, non rimpiange, ma ha pianto: ricordate il suo pianto per Gerusalemme incredula, indifferente ai richiami di Gesù?

Giovanni mostrandoci Gesù come l'Agnello di Dio ci ha mostrato il suo enorme sacrificio a cui sarebbe andato incontro...

E noi?

Non si tratta di essere Gesù, ma di imitarlo offrendo noi stessi in sacrificio, non offriamo qualche nostro atto, ma noi stessi e con l'aiuto, come lo è stato per Gesù, dello Spirito Santo Amore.


NB: L'amico Giuseppe durante la chat ha postato spontaneamente infervorato una poesia, Magnificat, che si può trovare nella pagina Preghiere,occasioni di silenzio.

domenica 12 gennaio 2014

LA VITA, LUCE DEGLI UOMINI


Terzo commento di Padre Augusto Drago, del prologo del vangelo di Giovanni







“IN LUI ERA LA VITA E LA VITA ERA LA LUCE DECLI UOMINI. LA LUCE SPLENDE 

NELLE TENEBRE MA LE TENEBRE NON L’HANNO VINTA” (Gv 1,4-5).



Nella riflessione precedente ci siamo posti una domanda assolutamente fondamentale per l’uomo: chi è “Lui” il Cristo Gesù? Giovanni al primo versetto del Prologo al suo Vangelo ci aveva risposto: è la Parola eterna, eternamente generata dal Padre e che con afflato affettivo sta davanti al Padre in atteggiamento di amore.
Nei versetti seguenti Giovanni, con occhi di aquila, ci fa scoprire altre cose di questa Parola.
“Parola” dice comunione, dialogo. Là dove c’è comunione e dialogo c’è prima di tutto la vita, vista non nel suo momento statico, ma dinamico, non dal punto di vista strettamente biologico, ma nelle sue componenti affettive, intellettive e volitive.

In Lui era, dunque, la vita. “Era”: siamo dunque rimandati al “Principio”. Quando le realtà create cominciano ad esistere, già la vita era nel Verbo. Quale? Quella del Padre. Tutta la realtà del Verbo è riferita a questa vita: Egli la riceve dal Padre e la ridona al Padre in una circolarità d’amore. Questa vita, il Verbo a sua volta la comunica agli uomini perché anch’essi abbiano comunione con il Padre e il Figlio: “queste cose vi diciamo perché la vostra gioia sia piena” (I Gv 1, 4).

In Giovanni spesso ritorna questo tema della vita: “Sono venuto perché gli uomini abbiano la vita e la abbiano in maniera piena” (Gv 10, 10); “chi crede in me ha la vita” (Gv 3, 36); “Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui ( Verbo, Gesù Figlio di Dio)” (Gv 3, 15). Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel Figlio (Cf. Gv 5, 26). In tal modo siamo chiamati ad entrare nella “circolarità” dell’amore-vita del Padre e del Figlio.

Se potessimo veramente prendere consapevolezza di questa “chiamata” che dà le vertigini!
Ma che cos’e la vita oggi per l’uomo? Un vivere senza orizzonti di speranza, un vivere per sé, una manipolazione, una violenza perpetrata ai danni dei deboli, degli indifesi, dei bambini, una vita che è negazione della vita e che, contraddittoriamente, esalta la morte. Perché avviene tutto questo? Perché si è smarrita la via dell’amore che è il linguaggio proprio e naturale della vita.


 

La vita era la luce degli uomini:

Di questa vita ricevuta dal Padre e donata agli uomini, poi, Giovanni fa una affermazione: “La vita era la luce degli uomini”. La Luce nella Bibbia è il simbolo che trasmette ed indica la realtà di Dio: “Egli si riveste di luce come un manto(Sl 104, 2).
Giovanni nella sua prima Lettera decodifica, per così dire, questo simbolo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre... Se camminiamo nella luce, come Egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri...” (1 Gv 1, 5b-7). Il simbolo decodificato stabilisce questa “equazione”: Luce = comunione.

L’affermazione del Prologo, dunque, sembra dirci che la vita vera si ha quando c’è comunione, perché la vita che è nel Verbo è comunione con il Padre. Dio è comunione!
La prima Parola pronunciata da Dio nella Bibbia si esprime in termini di luce: « “Sia la luce”, e la luce fu» (Gen 1, 3). Nell’interpretazione patristica queste parole vengono lette come se Dio, che è comunione (=Mistero Trinitario) si autoeffondesse nell’ambito della creazione imprimendo ad ogni essere creato la sua realtà di comunione perché tutto potesse vivere in Dio e per Dio nel Suo Verbo.




La luce splende nelle tenebre: Questa luce è più forte delle tenebre! E nell’uomo, è dentro la realtà creata. Vincerà, alla fine, splenderà piena, vittoriosa contro le tenebre della divisione e del peccato e della morte. Qui troviamo il senso della speranza che Gesù è venuto a portarci nella sua Incarnazione. “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Ci possono essere momenti in cui questa luce può essere appannata, offuscata, ridotta ad una fiammella…  tutto il senso della vita può sembrare smarrito. Ma la luce è Lui;  usciremo dalle tenebre quando sapremo finalmente dire: “E’ in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”(SI 3,10).